terremoto

La chiesa di San Francesco, a Mirandola (foto di Creative Commons)
Tredici anni dopo il sisma del 2012 tanto è stato ricostruito, ma la nota dolente resta il recupero del patrimonio artistico. A Mirandola il 60% delle opere è ancora fermo, a cominciare dalla chiesa di San Francesco. Nella Bassa Modenese molti lavori sono lontani dalla conclusione: lo testimoniano i dati del sito regionale Open Ricostruzione, che segnalano oltre metà degli interventi da ultimare o proprio da cominciare.
Quel 29 maggio del 2012 l’Emilia ha tremato per diciotto secondi, a causa di un sisma con magnitudo di 5,9 gradi della Scala Richter. Un evento che causò ventotto morti e oltre quattromila sfollati nel cratere sismico (circoscritto ai nove comuni dell’area nord di Modena), nonché danni per circa quattordici miliardi di euro. A distanza di più di un decennio, il modello di ricostruzione emiliano ha fatto scuola, con un ripristino delle abitazioni private e delle attività produttive pressoché totale, come sottolineato dal presidente della Provincia di Modena Fabio Braglia: «In quella fase, abbiamo sperimentato e messo a punto un “modello Emilia”, e questo grazie alle persone che allora si sono spese senza sosta per mesi interi al servizio degli altri».
Tre miliardi e duecento milioni di euro, quelli assegnati alla ricostruzione delle abitazioni private da Brescello (Reggio Emilia) ad Argenta (Ferrara), per un totale di quasi diecimila interventi. Poco meno di due miliardi di euro destinati invece alla ristrutturazione delle attività produttive, su una totalità di tremilatrecento richieste. Stando ai dati, diversa risulta la situazione della ricostruzione pubblica: se il ripristino delle strutture scolastiche, ospedaliere e amministrative è stato quasi del tutto ultimato, ancora “in alto mare” appare quello riguardante i beni storici e culturali.
Nel caso di Mirandola, all’epoca epicentro della scossa, sui novantatré interventi necessari, ne sono stati completati soltanto trentaquattro. Poco più di un terzo del totale, dunque, mentre le risorse assegnate sono state già pagate per il 60% degli importi assegnati. Fra gli attuali esclusi “eccellenti” dalla ricostruzione, c’è la chiesa di San Francesco, struttura gotica praticamente sbriciolata dalla forza del terremoto. Di proprietà del Fondo per gli Edifici di Culto (dunque dello Stato), la ricostruzione dell’edificio è stata valutata dal Ministero della Cultura per tre milioni di euro già nel 2017, ma i lavori non sono ancora iniziati. «Il progetto è in fase istruttoria al Commissariato Regionale», ha detto, intervistata da “Voce”, l’architetta Sandra Losi, direttrice dell’Ufficio Diocesano Patrimonio Immobiliare di Carpi. Stessa sorte per la Chiesa del Gesù, struttura in stile barocco, il cui tetto è parzialmente crollato: nove milioni di danni stimati ma la richiesta di contributi risulta ancora in fase istruttoria. Fa eccezione il Duomo di Mirandola, ricostruito con sei milioni di contributi e riaperto alla cittadinanza nel 2019.
Considerando la città di Bologna, coinvolta solo marginalmente dagli eventi sismici ma ricchissima di patrimonio storico, a tredici anni di distanza sono ventisette i cantieri da avviare, dieci quelli in corso mentre ventotto sono stati completati. Un totale di sessantacinque pratiche, per 17 milioni di risorse destinate. Interventi minori, relativi perlopiù al restauro e a piccole opere di messa in sicurezza: è il caso della Basilica di San Petronio, il cui cantiere è da cominciare, o del Complesso di Santo Stefano, che ha la richiesta ancora in istruttoria, così come la Chiesa dei Santissimi Bartolomeo e Gaetano, in Strada Maggiore, a pochi passi dalle Torri. Da avviare anche i lavori nella Chiesa di San Francesco, dietro Piazza Malpighi, che vedono un importo assegnato di un milione e centomila euro (conferiti, al momento, soltanto ventunomila euro). In corso il restauro di Palazzo Malvezzi, sede della scuola di giurisprudenza in Via Zamboni, finanziato con 867mila euro.