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Luoise Nevelson (foto Ansa)
Un’artista ucraina naturalizzata statunitense. La donna come ultima depositaria del rapporto mistico tra primitivo e natura. Per la prima volta a Bologna, Palazzo Fava ospiterà dal 30 maggio al 20 luglio le opere di Louise Nevelson, una delle prime scultrici a raggiungere una forte notorietà nel panorama artistico già a partire dall’inizio degli anni quaranta. In occasione del 120esimo anniversario dell’emigrazione dell’artista dall’Ucraina all’America per ricongiungersi al padre, Ilaria Bernardi per l’associazione Genesi ha curato una mostra che raccoglie tutte le opere più importanti dell'artista.
Distribuita nelle cinque sale del piano nobile di Palazzo Fava, la mostra inizia dalle monumentali sculture autoportanti in legno dipinto di nero, che rappresentano enormi librerie pronte a racchiudere ogni segreto. Nella seconda sala si trovano alcune delle “porte” in legno sospese a parete, realizzate nel 1976 adornando le assi di legno con oggetti di ogni tipo, come sedute, schienali e gambe di sedie. Nella terza si trovano le “sculture nere”, piatte perché formate da elementi tipografici. La Sala Albani mette solo la lente la relazione tra il collage e lo stile di scultura di Louise Nevelson ma la vera novità sono le acqueforti inedite del 1953, mai esposte prima. L’ultima sala, quella dei Carracci, espone le opere più rare, quelle dove il nero, colore prediletto dalla scultrice, viene sostituito dall’oro.
L’esposizione è corredata da una pubblicazione e accompagnata dalla presenza di alcuni volontari del Gruppo Fai Ponte tra le culture di Bologna.