Basket

Dan Peterson (foto di Christian Caporaso)

 

«Mai sanguinare davanti agli squali». Non è soltanto una delle frasi più celebri di Dan Peterson, volto storico del basket italiano, ma è anche un modo di vivere: l’approccio con cui la Virtus dovrà affrontare il Venezia, in gara 3, per guadagnarsi le semifinali scudetto. Manca poco all’attesissimo match, e in occasione dell’incontro “In Campo” organizzato dalla Scs Consulting, società di Stefano Dall’Ara, abbiamo avuto modo di chiacchierare proprio con Peterson del futuro della Virtus, ma anche della finale di Coppa Italia e dei suoi ricordi personali. Chi meglio di lui, che tra Olimpia Milano e V nere ha vinto cinque campionati e tre Coppe Italia, può sapere cosa significhi lottare per dei trofei?

La Virtus è a un passo dalla semifinale. Cosa ne pensa della squadra, la vede come una forte pretendente al titolo?

 

«Duško Ivanović è un allenatore super, chiede veramente il massimo impegno, non accetta nulla di meno. Con lui la squadra va in campo con l’idea di metterci tutto. La tecnica viene dopo. Quindi il primo posto in classifica è più che meritato. Se la Virtus vincerà una delle prossime tre partite, andrà in semifinale contro Milano, che è ferma 1-1 con Trento. Sarebbe bellissimo».

 

Quali sono i giocatori di questa formazione che avrebbe voluto allenare?

 

«Dico Alessandro Pajola. Ai miei tempi c’era un grande giocatore, Marco Bonamico, che per la sua attitudine chiamavano “il marine”. Ecco, Pajola è questo tipo di giocatore, ci mette cuore. Magari non è tecnicamente un fuoriclasse, però per un allenatore avere uno come lui è davvero una grande soddisfazione. Anche Isaïa Cordinier è un giocatore strepitoso. Due così a me fanno gola».

 

Quanto manca il derby sotto le due Torri?

 

«Non voglio sembrare poco rispettoso, ma senza la Fortitudo e solamente con la Virtus in serie A1, Bologna non è Basket City. Quando io allenavo, la Fortitudo c’era ogni anno, con lei ho fatto cinque anni e dieci derby. È impossibile descrivere la città com’era allora, mi fermavano per strada, ma non soltanto io, tutti quelli della squadra. Era davvero bello. Sento la mancanza in serie A1 anche di altre importanti società rivali, come il Caserta, il Pesaro e il Cantù».

 

Passiamo al calcio. Ha visto la partita Bologna-Milan mercoledì scorso?

 

«No, non l’ho vista. Però ricordo quando il Bologna vinse la sua seconda Coppa Italia nel 1974, esattamente cinquantuno anni fa. Era il mio primo anno in città. L’allenatore era il grandissimo Bruno Pesaola, argentino. Vidi qui al Dall’Ara una partita della Coppa, infrasettimanale, proprio tra il Bologna e il Milan, vinta dai rossoblù 1-0. Nonostante “il Diavolo” avesse il grande Gianni Rivera e il mitico Karl Heinz Schnelliger, la vittoria arrivò lo stesso».