Giornalismo

Papa Leone XIV (foto Ansa)
«Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra». Con queste parole dense di luce, Papa Leone XIV ha accolto lunedì 12 maggio i giornalisti nell’Aula Paolo VI, la sala delle udienze pontificie del Vaticano, tracciando un sentiero fatto di verità e compassione. «Una comunicazione disarmata e disarmante – ha aggiunto – ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana. Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace».
Nel suo discorso, il Pontefice ha poi esortato i giornalisti a farsi «operatori di pace», invitandoli a cercare «con amore» la verità e a rifiutare «la guerra delle parole e delle immagini». «Dobbiamo respingere il paradigma della guerra», ha affermato con forza, come chi indica una via antica e sempre nuova. Citando il “discorso della montagna di Gesù”, l’erede di Francesco ha poi richiamato i presenti «all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza».
In un mondo che troppo spesso dimentica chi cerca la verità in silenzio e a caro prezzo, Papa Leone XIV ha rivolto un accorato appello per la libertà di chi rischia tutto per raccontare: «La solidarietà della Chiesa ai giornalisti incarcerati per aver cercato e raccontato la verità», ha dichiarato, invocandone «la liberazione». Con parole intrise di giustizia e memoria, ha riconosciuto in quei testimoni «il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere. La sofferenza di questi giornalisti imprigionati interpella la coscienza delle nazioni e della comunità internazionale, richiamando tutti noi a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa».
Rivolgendosi ancora una volta ai giornalisti, il nuovo vescovo di Roma ha lanciato un invito a non piegarsi mai alla resa della mediocrità: «Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: “Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi”».
Infine, con gratitudine e fiducia, il Pontefice ha voluto riconoscere l’impegno di chi ha saputo andare oltre la superficie: «Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa». «Grazie, perché siete riusciti a cogliere l’essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero».