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Una protesta dei taxisti bolognesi nel centro della città. (foto Creative Commons)

 

Le licenze, la concorrenza con gli altri servizi di trasporto persone, il dibattito sul pagamento elettronico. Sono alcuni dei temi principali per chi fa il tassista a Bologna e non solo. Ne abbiamo parlato, in un dialogo a 360 gradi sullo stato di salute della categoria in città, con Riccardo Carboni, il presidente della Cooperativa Taxi Bolognesi (Cotabo), la più grande cooperativa del settore in regione, una delle più grandi in Italia e che a Bologna associa 553 tassisti su 714 totali come afferma il sito ufficiale.

«Negli ultimi anni la situazione della domanda di trasporto è stata piuttosto altalenante», spiega subito Carboni. «Prima il Covid, poi le alluvioni, ora i cantieri per la realizzazione di nuove infrastrutture, con traffico impazzito e turismo aumentato contestualmente a una crisi sistemica del trasporto di linea», sono solo alcune delle sfide che i tassisti della cooperativa devono affrontare in un settore sempre più limitato, ma non sono le uniche: in molte città, Bologna inclusa, il settore del trasporto via taxi diventa uno spazio di contrasti tra tassisti, autorità e privati.

Uno dei campi di contesa sono le licenze, emesse per legge dai comuni, il cui numero è rimasto fermo negli anni. Questo portò inesorabilmente a una scarsità di taxi nelle grandi città, tra cui Bologna, di fronte a un aumento sempre più crescente della domanda. Una scarsità in parte dovuta anche all'elevato valore delle licenze esistenti, che in alcuni casi può raggiungere quota 200 mila euro, il che scoraggerebbe il rilascio di documenti aggiuntivi di autorizzazione a lavorare.

Nella maggior parte dei casi, quindi, molti operatori devono fare affidamento sulle licenze esistenti. «Il nostro sistema di gestione della flotta permette di ottimizzare l'utilizzo delle licenze esistenti», conferma appunto Carboni, «ma sicuramente oggi ci scontriamo con almeno due condizioni che impediscono la piena efficienza».

Primo: «I cantieri e la chiusura di molte strade, in virtù di un cambiamento urbanistico e trasportistico della nostra città che comporta una velocità media molto bassa». È un accenno anche ai lavori per realizzare il tram, che attualmente riguardano le aree di quella che sarà la cosiddetta "Linea Rossa", con chiusure e rallentamenti in alcune delle zone di maggior affluenza del centro storico (tra cui Strada Maggiore, via Indipendenza e via Ugo Bassi).

«La seconda condizione - aggiunge Carboni - riguarda la non corretta percezione della funzione dei taxi, che spesso vengono confusi con altri sistemi di mobilità, oggi in difficoltà, prendendosi colpe non proprie».

Il Governo italiano ha inizialmente tentato d’intervenire sul dilemma delle licenze nel 1992 con la legge 21, che sostanzialmente assegnava ai comuni l’autorità di rilasciare nuove licenze, e dava ai tassisti l’opportunità di cedere le loro licenze oppure venderle liberamente. La reticenza dei comuni a emettere nuove licenze ha portato alla scarsità dei taxi oggi presente. Nel 2006, un ulteriore tentativo del Governo di risolvere il problema licenze, il cosiddetto "Decreto Bersani" (legge 248/2006), ha concesso, oltre alla libertà dei comuni di emettere nuove licenze, la possibilità di farlo anche a pagamento, con una parte dei proventi (almeno l'80%) ridistribuita tra i tassisti. Più recentemente, nel marzo del 2024, l'Antitrust, viste le criticità a Milano, Napoli e Roma (ma non a Bologna), ha chiesto un ulteriore aumento delle licenze nel settore e una maggiore flessibilità dei turni lavorativi. A Bologna, peraltro, a settembre è stato raggiunto un accordo per assegnare 72 nuove licenze, un accordo confermato a inizio marzo di quest’anno da una doppia pronuncia del Tar dell’Emilia-Romagna, respingendo una serie di ricorsi promossi da circa 500 tassisti che ne chiedevano l’annullamento.

 

 

Riccardo Carboni (foto Cotabo)

 

Di fronte alle manovre di liberalizzazione del Governo, le associazioni del settore si sono mobilitate. «Una deregolamentazione non ponderata - afferma Carboni - rischierebbe di compromettere la qualità e l'affidabilità del servizio e dove è stata sperimentata (Olanda), a differenza della comune narrazione, ha portato ad aumento dei costi per gli utenti». Infatti, in vari paesi dove è stata attuata una politica di liberalizzazione del settore, non solo in Olanda, ma anche in Svezia e Irlanda, tali iniziative hanno spesso portato a risultati deludenti, sia dal punto di vista economico che della qualità del servizio.

Occorre, secondo Carboni, «una regolamentazione evoluta che bilanci la tutela del servizio pubblico e dei modelli cooperativi di aggregazione, con l’evoluzione tecnologica, definendo un limite operativo certo per quelli che si definiscono predatori economici (le grandi piattaforme di intermediazione)».

Il confine tra i taxi e queste "piattaforme di intermediazione" (i servizi di noleggio con conducente, o Ncc) si sta facendo anch'esso sempre più sfumato. L'emergere di servizi come Uber (attivo a Bologna da fine gennaio con UberTaxi, grazie a un accordo con il Consorzio Autonomo Taxisti, Cat, e dal 2020 con Black, operato da Cosepuri) o Freenow (attivo in Italia dal 2019), ha intensificato le tensioni con gli operatori tradizionali del settore. Secondo Carboni, bisogna fare una distinzione netta tra le "piattaforme di intermediazione", i sistemi Ncc e gli operatori di trasporto, tra cui la Cotabo: «Cotabo opera come fornitore diretto del servizio, essendo una cooperativa costituita da soci tassisti che hanno deciso di stare insieme per svolgere al meglio il proprio lavoro nel rispetto dei principi mutualistici. Società quali Uber o Freenow non si occupano di trasporto ma molto più banalmente di intermediazione:  operano a mercato, con tariffe variabili, e sono parte dei cosiddetti modelli estrattivi, che hanno come finalità unica quella di remunerare gli investitori».

Il dibattito riguarda principalmente la giusta concorrenza tra taxi e Ncc. Sebbene offrano entrambi dei servizi di trasporto, i servizi Ncc, in molti casi, dispongono di condizioni operative più flessibili, svantaggiando gli operatori tradizionali. La soluzione è chiara, secondo Carboni: «Sul nostro territorio la convivenza non è mai stata un problema, ma ribadiamo che occorre una chiara differenziazione dei servizi: i taxi come servizio pubblico al momento che carica su suolo pubblico, gli Ncc come servizio complementare rivolto a utenza specifica che opera su prenotazione».

Altro tema di scontro riguarda l'adozione dei pagamenti digitali, attraverso i cosiddetti "sistemi Pos". Sebbene sia obbligatoria in Italia dal 30 giugno 2022, essa viene ignorata da una parte dei tassisti italiani, quasi sempre fedele ai metodi tradizionali. Secondo un'inchiesta di Altroconsumo del dicembre del 2023, il pagamento elettronico viene rifiutato "18 volte su 100", valori che indicano una disparità piccola ma stabile e una reticenza di una minoranza di tassisti verso l'obbligatorietà dei sistemi Pos. Fece (e fa ancora) discutere, inoltre, la decisione del tassista bolognese Roberto Mantovani, "Red Sox", di promuovere l'uso dei sistemi Pos condividendo pubblicamente i suoi guadagni, ed evidenziando i vantaggi del pagamento elettronico.

La Cotabo, in questo dibattito, è salda sull'obbligatorietà: secondo Carboni, «Cotabo ha anticipato l'obbligo normativo introdotto nel 2014, ma applicato nella parte sanzionatoria solo dal 2020, sin dal lontano 2009. Il tutto è stato possibile attraverso implementazioni nei sistemi tecnologici a bordo dei taxi che hanno integrato i sistemi per l’accettazione dei pagamenti digitali. Oggi ogni mezzo di un nostro associato è quindi dotato di terminali Pos di ultima generazione. Questo approccio proattivo alla digitalizzazione dei pagamenti riflette il nostro impegno nell'innovazione dei servizi». E i guadagni? «La nostra cooperativa», aggiunge Carboni, «ha numeri che certificano l’indiscutibile bontà del percorso attivato, nel corso del 2024 i pagamenti digitali complessivi passati dai nostri sistemi hanno avuto un valore che ha superato i 14 milioni di euro».

La strada rimane ancora lunga e sempre più complessa, e molti problemi restano ancora aperti. «Siamo proprietari», conclude il presidente della Cotabo, «dell’applicazione bTaxi, che risulta uno dei sistemi maggiormente apprezzati dagli utenti su scala nazionale. Ora stiamo investendo in nuovi sviluppi e pensando ai miglioramenti che potrà  portare l’intelligenza artificiale nelle nostre tecnologie. L'esperienza di Cotabo dimostra come l'innovazione tecnologica possa rafforzare, anziché indebolire, il modello cooperativo, garantendo qualità del servizio e tutela degli operatori».

 

 

* Articolo pubblicato sul "Quindici" n. 2 del 30 aprile 2025