Sanità

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L’Emilia-Romagna si conferma tra le regioni d’eccellenza in ambito sanitario. Ai primi posti seppur con qualche acciacco. È il caso dei Centri operativi territoriali, ovvero le centrali di emergenza del 118. Seppur il loro numero rispetti le linee guida del Pnrr, che ne prevede una ogni 100.000 abitanti, la regione risulta appena sufficiente. Il calcolo è semplice e restituisce 44,7 unità operative in tutta l’Emilia-Romagna. I centri attivi in regione sono 45. Una sufficienza che indebolisce il sistema di pronto intervento regionale.

Il resto d’Italia, invece, arranca proprio. Promesse mantenute sulla carta, ma disattese nella realtà, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel suo capitolo più delicato, quello sulla sanità, mostra crepe profonde tra le righe dei report ufficiali. A poco più di un anno dalla rendicontazione finale, il sistema sanitario territoriale è frenato da ritardi cronici, carenze strutturali e, soprattutto, da disomogeneità tra le regioni. È quanto emerge dal nuovo rapporto sullo stato dell’arte degli investimenti Pnrr in sanità commissionato dalla Fondazione Gimbe, Gruppo italiano per la medicina basata sulle evidenze.

«Al 31 marzo 2025 – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della fondazione – per la Missione Salute del Pnrr non era prevista alcuna scadenza europea, e l’unica scadenza nazionale è stata formalmente rispettata. Tuttavia, al di là della puntualità amministrativa, la riforma dell’assistenza territoriale e l’attuazione del Fascicolo sanitario elettronico procedono decisamente a rilento, con marcate diseguaglianze tra le Regioni».

Il report analizza quattro ambiti chiave: le Case della comunità, gli Ospedali di comunità, il Fascicolo sanitario elettronico e l’Assistenza domiciliare Integrata. Nonostante l’apparente rispetto delle tempistiche previste, il quadro che emerge è quello di un sistema in cui il cambiamento strutturale è ancora lontano dall’essere realtà. Al 20 dicembre 2024 quattro regioni – Emilia-Romagna (70,6%), Lombardia (66,7%), Veneto (62,6%) e Marche (55,2%) – superano il 50% di Case della comunità con almeno un servizio avviato.

Le differenze territoriali non dipendono solo dallo stato di completamento delle infrastrutture, ma soprattutto dalla disponibilità di personale sanitario, ancora insufficiente in molte aree. In quasi tutte le Regioni – ad eccezione del Molise – la quota di strutture completamente operative è inferiore persino a quella, già bassa, di strutture con tutti i servizi attivati.

Anche per gli Ospedali di comunità il quadro è preoccupante i numeri migliori si registrano in Veneto (43 ospedali attivi), Lombardia (25) ed Emilia-Romagna (21).

Sul fronte delle Centrali operative territoriali (Cot), che svolgono un ruolo cruciale nel coordinamento dell’assistenza sociosanitaria, il bilancio appare meno negativo: al 31 dicembre 2024, su 650 Cot programmate, 642 risultavano pienamente funzionanti, e 480 hanno contribuito al raggiungimento del target europeo.

Più critico risulta invece lo stato di attuazione del Fascicolo sanitario elettronico che, secondo il rapporto, soffre di gravi ritardi e forti disparità regionali, sia per quanto riguarda la disponibilità dei documenti clinici, sia per il numero di cittadini che hanno espresso il consenso alla consultazione. Il rischio, a questo punto, è doppio: non centrare gli obiettivi del Pnrr e aggravare ulteriormente le diseguaglianze territoriali, rendendo più fragile un sistema che, sulla carta, doveva uscirne rafforzato.