Carcere

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«La situazione dei suicidi in carcere è grave, il numero complessivo è stato di certo fra i più drammatici», commenta il garante dei detenuti di Bologna Antonio Iannello il giorno dopo la pubblicazione dei dati della relazione annuale sulla situazione delle carceri in Emilia-Romagna nel 2024. «Anche nel locale carcere bolognese si sono verificati due sconcertanti eventi di questa natura, uno dei quali presso la sezione femminile dove non si ricordavano da anni gesti di questa tragicità». Nella regione sette persone si sono tolte la vita, a fronte dei 267 tentativi di suicidio, di cui 56 solo a Bologna. Il 2024 è stato definito l’anno dei record, dal momento che su tutto il territorio nazionale sono stati registrati 91 casi di suicidio.

Anche quest’anno, purtroppo, la situazione non sembra migliorare: sono ancora troppi i detenuti negli istituti penitenziari italiani che fino ad ora si sono tolti la vita, più precisamente 20 nei primi due mesi e mezzo del 2025. Non è un dato che stupisce se messo in relazione con quelli dello scorso anno, quando nello stesso periodo se ne contavano 25, come riportato dal dossier “Morire di carcere”.

Pur non stabilendo una causa-effetto diretta tra sovraffollamento e suicidi, il garante suggerisce che un contesto detentivo meno affollato e con maggiori risorse permetterebbe una migliore presa in carico delle persone fragili. La privazione della libertà personale tende ad accentuare la vulnerabilità delle persone che si trovano in questa condizione e lo Stato ha l'obbligo di assicurare a ogni persona privata della libertà personale condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana.

«È centrale il tema della prevenzione del rischio suicidario, già presente nel piano nazionale, ma è urgente elaborare strategie che possano rendere più incisiva la sua attuazione. Ogni sforzo possibile deve essere profuso per la cura della relazione con le persone detenute con l'obiettivo di costruire interventi concreti per presidiare le (non poche) situazioni che possono essere potenzialmente stressanti», ribadisce Iannello. Tra i casi che richiedono una particolare attenzione, ci sono i primi giorni trascorsi in carcere, i giorni precedenti e successivi alle udienze e alla condanna per reati gravi, il rigetto di misure alternative, la diagnosi di gravi patologie, ma anche la dimissione dal carcere, soprattutto per chi ha trascorso lunghi periodi di detenzione e potrebbe non avere una rete sociale esterna che favorisca il reinserimento.

Sono diverse le figure che svolgono un ruolo fondamentale per intercettare il disagio dei detenuti. Il personale di scorta, quello nelle aule di giustizia, familiari, difensori di fiducia e persino i magistrati durante gli interrogatori, sono in grado fornire informazioni utili sul loro stato emotivo-psicologico. Svolgono un ruolo decisivo, secondo Iannello, anche quelle figure non tecniche che a vario titolo hanno una presenza costante negli istituti di pena: «Già in altri territori i servizi sanitari del carcere hanno coinvolto alcune persone detenute, selezionate e formate, per assicurare una funzione di sostegno, con il compito di allertare i medici e gli operatori penitenziari quando sorgano situazioni di allarme circa lo stato emotivo-psicologico della persona in difficoltà. L'auspicio è che l’iniziativa possa essere avviata quanto prima anche presso la Casa Circondariale di Bologna».