Reportage
Una delle strutture in abbandono dell'ex Stamoto tra viale Felsina e via Massarenti (foto di Alberto Biondi)
Davanti all’ingresso dell’ex caserma Stamoto, tra viale Felsina e via Massarenti, in zona Fossolo, Bologna mostra una delle sue ferite urbane più visibili. I muri scrostati, le finestre annerite, i cancelli serrati. Ogni dettaglio restituisce l’immagine di un vuoto urbano, sospeso tra promesse di riqualificazione e degrado quotidiano. Intorno, la città scorre, ma questo spazio resta immobile. Camminando lungo la rete che protegge il muro di cinta dell’ex deposito, ci si imbatte in un passaggio seminascosto. Seguendo questa via ci si trova in un bosco di arbusti giovani disseminato di immondizia: sacchi della spazzatura, vestiti e batterie per veicoli. Proseguendo per qualche minuto lungo questo “sentiero”, il rumore della strada sparisce cedendo il passo a uccelli e insetti. I cartelli “zona militare, divieto di accesso, sorveglianza armata” sono stati inghiottiti dall’edera e non suonano più come una minaccia. A un certo punto, nel muro di cemento a lastre c’è un’apertura, da lì si può accedere all’ex Stamoto. Non tutti lo sanno, ma una volta superato questo primo ostacolo, grazie a un’altra apertura nella parete di uno stabile è possibile entrare nell’area dismessa. Lo scenario che si svela al di là del varco è di abbandono e desolazione.
Prima di essere nel degrado attuale, la Stamoto, però, è stata un pezzo importante della logistica militare italiana. Tredici ettari, la sua storia inizia nel 1912, durante la guerra italo-turca, quando l'area fu usata per magazzini e officine per automezzi. Tra il 1925 e il 1928 si strutturò come "Caserma Tagliamento", sede del 6° Centro automobilistico e dell'Officina automobilistica del Reale Esercito. Durante la Seconda guerra mondiale divenne l'Oare (Officina Automobilistica Riparazioni Esercito), un centro nevralgico per la manutenzione dei veicoli. La sua denominazione finale, Stamoto, è l'acronimo della sua ultima funzione: Stabilimento per i materiali della motorizzazione. Un tempo era quindi proprietà del Ministero della Difesa, ha continuato la sua attività fino alla dismissione, avvenuta nel 2003, data da cui è iniziata la lunga attesa. Ma la riqualificazione dell'area, mirata a un recupero totale, sta ora entrando nel vivo con un'iniziativa dell'Agenzia del Demanio, nel frattempo subentrata al ministero nella proprietà. La direzione regionale Emilia-Romagna dell’Agenzia ha avviato una procedura di partenariato pubblico privato, in linea con il Codice dei contratti (art. 193 del D.Lgs. 36/2023), per guidare la riconversione dell'ex caserma. A seguito di un avviso pubblico rivolto al mercato, è già arrivata una manifestazione di interesse da parte di un operatore privato, fa sapere l’Agenzia contattata in merito. Si prevede che il bando di gara per l'affidamento del progetto di sviluppo venga pubblicato nel primo trimestre del 2026.
Ma se per il futuro dell’area, neppure troppo lontano, sembrano esserci idee e movimenti, allo stato attuale nulla a una prima occhiata sembra dare segno di evoluzione imminente. Le pareti della prima stanza in cui si accede sono coperte di graffiti e per terra ci sono calcinacci. Addentrandosi ancora nel deposito si può notare come tutti gli edifici siano abbandonati, ma non disabitati. Alla porta dello stabile principale, il più grande, la scritta dantesca “lasciate ogne speranza voi ch’intrate” è dipinta a terra con vernice spray rossa. Entrando dalla porta principale, a due ante a scorrimento e alta diversi metri, ci si imbatte facilmente in resti di cibo in scatola, bottiglie, altri vestiti e sacchi a pelo. Non sono abbandonati, sono stesi. Tutto intorno la vegetazione si è ripresa il suo spazio, l’erba cresce tra le crepe dell’asfalto, gli alberi, non più arbusti, sono incolti. Nel più grande dei depositi, a terra ci sono porte divelte e segni di un falò. Il sole entra dalle finestre, ma solo per illuminare graffiti e pile di sacchi della spazzatura. Questo edificio è composto da più stanzoni. Alcuni sono completamente vuoti, in altri ci sono i segni del passaggio di persone. In una di queste, per esempio, c’è una scultura di schiuma di poliuretano espanso, modellata e poi colorata a forma di drago. A un certo punto l’esplorazione è stata interrotta dalle voci di alcune persone. Voci che appartengono a una squadra di operai. Dopo una breve identificazione, gli operatori hanno concesso di seguirli nel loro giro di rilevazione. Scambiando qualche parola, hanno spiegato di essere parte di una ditta di bonifica incaricata di disboscare la zona esterna dell’ex Stamoto e prepararla per il suo futuro. Due di loro hanno mostrato la loro mansione: l’individuazione di possibili ordigni militari inesplosi nel sottosuolo, la cosiddetta Vrb (Verifica rischio bellico). Il compito è tanto semplice quanto delicato. La coppia prosegue sollevando un telaio che serve per amplificare il segnale radar di un metal detector, tenuto da uno dei due operatori. L’altro, che in uno zaino porta con sé un Gps, ha il compito, una volta che il metal detector ha rilevato un oggetto sepolto, di salvare il punto esatto della rilevazione su di una mappa. Questa operazione prepara il terreno per la futura bonifica integrale e, nel caso un ordigno venga ritrovato, per il disinnesco in sicurezza da parte degli artificieri. Uno degli operatori, alla domanda se incontrassero spesso le persone che dormono all’interno, ha risposto senza troppo pensarci: «Sì, li incontriamo quotidianamente, ormai ci salutiamo, non sono pericolosi».
Durante l’intervista per lo scorso numero di Quindici, il sindaco Matteo Lepore ha fornito aggiornamenti, confermando quanto riscontrato sul campo. «La bonifica dell’area è partita, a cura del Demanio. Noi abbiamo riconsegnato l’area proprio perché serviva un loro intervento tecnico». Nel frattempo, nell’ultimo anno, l’ex Stamoto è stata più volte al centro delle cronache. Tra ottobre 2024 e febbraio 2025, due operazioni definite "ad alto impatto" hanno visto l'impiego di centinaia di agenti delle forze dell’ordine, con elicotteri e droni. I blitz, scaturiti dalle continue segnalazioni dei residenti, hanno portato a diversi arresti (principalmente per spaccio e furto di energia elettrica) e all'identificazione di decine di occupanti abusivi. L’area è diventata nota anche nella comunità dei raver, persone che organizzano e vivono feste all’interno di strutture abbandonate. Questi ritrovi possono durare anche diversi giorni, l’organizzazione, spesso clandestina, si svolge sui social network e applicazioni di messaggistica privata come Telegram. I partecipanti si muovono spesso in carovane di camper, roulotte e macchine e viaggiano per tutta Europa. L’ultimo alla Stamoto è stato il 17 novembre 2024.
Già nel 2023 il Comune di Bologna, il Ministero della Difesa e l’Agenzia del Demanio avevano firmato un protocollo d’intesa per la trasformazione dell’area: edilizia sociale, alloggi per studenti, parcheggi e spazi verdi. Ma a due anni di distanza, denunciano i comitati, «nulla è cambiato», nessun cantiere aperto, nessuna trasformazione concreta. Di fronte a questa paralisi, i cittadini hanno iniziato a organizzarsi. A dicembre 2024 è nato un comitato dei residenti con l’obiettivo di riportare l’attenzione su spaccio e insicurezza. Nei primi mesi del 2025 è stata avanzata anche una proposta più immediata: curare il verde dentro e intorno all’ex Stamoto, come deterrente e segnale di riappropriazione. Ma questa è una paralisi destinata a finire. Contattato, il Demanio ha specificato infatti che il futuro dell'ex Stamoto è la creazione di un nuovo quartiere a Bologna, concepito per rispettare i più elevati standard di sostenibilità. La proposta funzionale prevede un mix articolato tra edilizia residenziale privata e sociale (Ers, inclusi studentati), terziario direzionale e uffici pubblici, con una significativa dotazione di parcheggi e autorimesse, per un totale di oltre 85.000 metri quadri di superfici coperte. Viene spiegato anche che l’impegno per la qualità urbana sarà sottolineato dalla creazione di almeno 45.000 metri quadrati di bosco pubblico, parco urbano e spazi verdi, affiancati da 35.000 metri quadri destinati a piazze e spazi aperti pubblici. Parallelamente, l'Agenzia del Demanio sta completando le indagini ambientali preliminari per la bonifica, il cui esito è atteso per la fine di questo novembre. Una volta definiti gli interventi necessari, l'Agenzia e il Comune potranno valutare l'attivazione di usi temporanei per tutto lo spazio, come l'apertura di un parcheggio pubblico. Sarà inoltre considerata l'opportunità di avviare demolizioni anticipate per velocizzare la successiva realizzazione del progetto. Ma in attesa di questo, dietro le finestre murate si nascondono ancora presenze invisibili, mentre sulle facciate sbiadite si leggono vecchie scritte. Ogni dettaglio sembra raccontare lo scontro impossibile tra due forze: l’abbandono che scivola verso l’illegalità e la città e le istituzioni che vogliono riprendersi uno spazio.
Il reportage integrale è uscito il 27 novembre sull'ottavo numero di "Quindici"