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Fin dove possono spingerci le nostre passioni? Cosa siamo disposti a fare e a rinunciare per seguirle fino in fondo? Ognuno darà una risposta diversa, e per scoprire quella di Giovanni Pelagalli basta andare al Museo della comunicazione e del multimediale “Mille voci e mille suoni”. Visitabile su prenotazione al costo di 5 euro, si trova in via Col di Lana. Ma com’è possibile che un museo divenuto patrimonio Unesco, che racchiude l’intera storia della comunicazione moderna, si trovi di fatto in un seminterrato e non possa avere una sede più degna, che ne valorizzi al meglio tutto il materiale a disposizione?

In questo spazio di circa 500 metri quadrati, quasi nascosto allo sguardo di chi passa distrattamente lungo la strada, troviamo il lavoro di una vita intera, che, come ci racconta Pelagalli, è andato anche oltre le sue aspettative: «In origine questa mostra doveva semplicemente raccontare la storia della mia vita, oltre a essere un modo per alimentare le mie conoscenze e le mie passioni. Le istituzioni si sono quindi accorte che tutto ciò non è più solo la storia di Giovanni Pelagalli, ma è quella della comunicazione». Quello che possiamo trovare oggi è quindi una collezione di oltre 2.000 pezzi originali e restaurati che ripercorrono e raccontano la storia e l’evoluzione degli strumenti della moderna comunicazione. Dalla radio, dal cinema alla fonografia, dalla televisione al telefono. Tutto questo e molto di più lo si può trovare all’interno del museo che dal 1989 accoglie al suo interno migliaia di visitatori, tra cui tantissimi studenti delle scuole bolognesi e non solo. Un lavoro che nel 2007 è stato inserito tra il patrimonio culturale Unesco. Tutto ciò va a cozzare con quella che è la location che ospita il museo. «Credo di essere l’unico patrimonio dell’Unesco in un seminterrato», scherza Pelagalli. Sì, perché negli anni nonostante le numerose richieste e diversi interessamenti, il museo non è mai riuscito a trovare una sede che lo valorizzi ancora di più: «In 30 anni ho visto sfumare numerosi progetti, di recente anche a causa della pandemia», conferma il proprietario. Parlavamo però di passione ed è inevitabile tornare lì per parlare delle origini del museo. Sì, perché, come ama raccontare Pelagalli, tutto nasce dalla curiosità di un ragazzino delle medie, che invece di seguire le lezioni traffica con fili, pile e strumenti vari. Da lì inizia il suo percorso che lo porterà a diventare imprenditore radiotelevisivo e poi editore nel mondo della televisione. In quegli anni Pelagalli decide di raccogliere il frutto dei suoi anni di lavoro e di ricerca dando vita al museo. «Grazie al mio lavoro di imprenditore ho avuto la possibilità di viaggiare e scoprire il mondo. Ho conosciuto tanti amici, come un connazionale antiquario residente in Inghilterra che mi ha aiutato a trovare molti pezzi che arrivano dall’America e dal Regno Unito».

La lunga storia del museo la possiamo rivivere appena arrivati. Prima di entrare, infatti, troviamo da un lato la targa Unesco e in una piccola teca alcuni dei primi “esperimenti” realizzati da Pelagalli quando era poco più che un ragazzino. Ci sono poi le foto che lo ritraggono assieme a presidenti della Repubblica come Luigi Scalfaro, che lo ha nominato “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”, o con Giorgio Napolitano, che gli ha invece conferito l’onorificenza di “Commendatore al merito”. Ci sono poi i ricordi delle apparizioni a Sanremo (per cui ha allestito una mostra con 100 dei suoi pezzi per la 61esima edizione del festival) e degli incontri con diverse celebrità e istituzioni. Tra di esse c’è una in particolare che ha una particolare importanza per il museo Pelagalli, ovvero Elettra Marconi, figlia dell’inventore e premio Nobel Guglielmo. Lo scopritore delle onde radio è figura chiave per il museo: oltre a essere un grande conoscitore ed ammiratore dell’inventore bolognese, Pelagalli sottolinea diverse volte l’importanza che la sua scoperta ha avuto per la comunicazione moderna: «Marconi è colui che ha dato vita a tutto questo, con un’invenzione che vive di luce propria. A ciò ho voluto abbinare altre scoperte che per svilupparsi hanno dovuto appoggiarsi alle onde radio di Marconi, come il telefono». Una figura che ricorre quindi spesso all’interno del museo e più che mai quest’anno, quando si celebreranno i 150 anni dall’anniversario della sua nascita. Dedicate a Marconi ci sono due sezioni: la prima in cui si narra l’evoluzione della radiografia, partendo dalle macchine che lo stesso inventore ha studiato in gioventù. Da queste Marconi ha poi sviluppato idee e progetti riguardo le onde radio, che troviamo disposte in ordine temporale all’interno del museo. La seconda zona, nella sala successiva, è proprio intitolata Sala Marconi «Questo luogo rappresenta sia il Marconi scienziato, che il Marconi imprenditore. A differenza di altri colleghi, infatti, Marconi riesce a dare vita a una sua azienda sviluppandosi come imprenditore tra Italia e Nord America», ci spiega Pelagalli. All’interno di essa si trovano alcuni pezzi come l’antenna radio goniometrica, una sorta di prototipo di televisione e una radio a forma di nave, basata sul mezzo su cui lo scienziato svolgeva i propri esperimenti. La lunga storia del museo la possiamo rivivere appena arrivati. Prima di entrare, infatti, troviamo da un lato la targa Unesco e in una piccola teca alcuni dei primi “esperimenti” realizzati da Pelagalli quando era poco più che un ragazzino. Ci sono poi le foto che lo ritraggono assieme a presidenti della Repubblica come Luigi Scalfaro, che lo ha nominato “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana”, o con Giorgio Napolitano, che gli ha invece conferito l’onorificenza di “Commendatore al merito”. Ci sono poi i ricordi delle apparizioni a Sanremo (per cui ha allestito una mostra con 100 dei suoi pezzi per la 61esima edizione del festival) e degli incontri con diverse celebrità e istituzioni. Tra di esse c’è una in particolare che ha una particolare importanza per il museo Pelagalli, ovvero Elettra Marconi, figlia dell’inventore e premio Nobel Guglielmo. Lo scopritore delle onde radio è figura chiave per il museo: oltre a essere un grande conoscitore ed ammiratore dell’inventore bolognese, Pelagalli sottolinea diverse volte l’importanza che la sua scoperta ha avuto per la comunicazione moderna: «Marconi è colui che ha dato vita a tutto questo, con un’invenzione che vive di luce propria. A ciò ho voluto abbinare altre scoperte che per svilupparsi hanno dovuto appoggiarsi alle onde radio di Marconi, come il telefono». Una figura che ricorre quindi spesso all’interno del museo e più che mai quest’anno, quando si celebreranno i 150 anni dall’anniversario della sua nascita. Dedicate a Marconi ci sono due sezioni: la prima in cui si narra l’evoluzione della radiografia, partendo dalle macchine che lo stesso inventore ha studiato in gioventù. Da queste Marconi ha poi sviluppato idee e progetti riguardo le onde radio, che troviamo disposte in ordine temporale all’interno del museo. La seconda zona, nella sala successiva, è proprio intitolata Sala Marconi «Questo luogo rappresenta sia il Marconi scienziato, che il Marconi imprenditore. A differenza di altri colleghi, infatti, Marconi riesce a dare vita a una sua azienda sviluppandosi come imprenditore tra Italia e Nord America», ci spiega Pelagalli. All’interno di essa si trovano alcuni pezzi come l’antenna radio goniometrica, una sorta di prototipo di televisione e una radio a forma di nave, basata sul mezzo su cui lo scienziato svolgeva i propri esperimenti.azienda sia conosciuta in tutto il mondo per ben altro. Stiamo parlando dei tre fratelli Ducati: Adriano, Bruno e Marcello. Inizialmente, infatti, la società si occupava di radio e tecnologia di alto livello, come telefoni, sonde metereologiche e macchine del cinema. Nel corso della sua vita Pelagalli ha conosciuto i tre fratelli, «che mi hanno voluto molto bene». Un rapporto consolidato, tanto che i fratelli hanno affidato a Pelagalli le lettere in cui Adriano (che era lo “scienziato”) raccontava i suoi esperimenti e la sua esperienza negli Usa con l’equipe scientifica che sarebbe poi divenuta la Nasa. Le lettere assieme ad alcuni quaderni scritti dai tre fratelli, sono ora custoditi all’interno di una vetrinetta, costituendo un prezioso ricordo che racconta le origini, spesso dimenticate, dell’azienda Ducati.Ampio spazio è dedicato alla musica. Dai primi grammofoni, imponenti e ingombranti, a quelli “portatili” utilizzati anche dai soldati al fronte, fino ai grandi e luminosi jukebox che contengono i grandi classici italiani e americani degli anni ‘30 fino a quelli degli anni ‘50. La passione dell’imprenditore bolognese per il mondo musicale ha permesso di recuperare oltre 11mila i brani che Pelagalli è riuscito ad ottenere in tutti questi anni e che è possibile ascoltare. Il mondo dell’audiovisivo permette di compiere un vero e proprio viaggio a partire dal pre cinema, con alcuni vetrini dipinti a mano dai miniaturisti dell’epoca e poi proiettate tramite quelle che una volta venivano chiamate “lanterne magiche”. Si passa poi alle ingombranti macchine del cinema, ai primi radiovisori, antenati dei televisori, fino a questi ultimi. Qui troviamo modelli di qualsiasi tipo, da quelli più classici fino a quelli più avveniristici: ad esempio un modello a forma di casco di astronauta o addirittura uno con lo schermo retraibile. La sezione si chiude con un angolo dedicato alla Rai, con alcuni macchinari per la regia. Il museo è diventato un punto di riferimento anche a livello didattico, con tantissime scuole che nel corso degli anni hanno portato tantissimi studenti in visita (pre Covid erano circa 8-9 mila).

Come ci racconta il fondatore, l’interesse delle istituzioni scolastiche ha portato alla realizzazione di un dvd didattico e di una telescuola durante il periodo della pandemia: «Ho dato vita a un primo progetto chiamato Telescuola Pelagalli, che è andata in onda anche su Rai Scuola. La cosa è andata talmente bene, che a partire dal settembre del 2020, va in onda un Telescuola 2021, più ampio e corposo. Da lì siamo arrivati anche a fare delle lezioni in diretta a distanza» racconta Pelagalli, che si commuove nel ricordare quei momenti. «La soddisfazione che provo nell’ospitare tutti questi ragazzi supera di gran lunga l’amarezza che a volte provo pensando alla disattenzione da parte delle istituzioni». In tutto questo, infatti, resta la domanda sull’adeguatezza degli spazi ad ospitare un patrimonio così ricco. All’orizzonte qualche ipotesi di sviluppo del museo sembrano esserci «alcune istituzioni mi hanno detto che bisogna superare questa situazione di impasse», rivela Pelagalli, confermando che c’è ancora qualcosa che bolle in pentola. Chissà che sia la volta buona, per dare ancora più risalto a tante storie che tutti dovrebbero scoprire.

 

Foto: Pignagnoli