commemorazione

Era il 27 gennaio 1944 e il giornalista del “il Resto del Carlino” Ezio Cesarini veniva fucilato dal regime fascista. Il 27 gennaio di quest’anno, nell’ottantesimo anniversario dell’omicidio, l’Associazione della stampa Emilia-Romagna (Aser) ha voluto ricordare con un convegno nel complesso di Santa Cristina il giornalista, che non si è piegato al regime, tenendo la «schiena dritta», per alimentare il racconto della sua storia anche nelle nuove generazioni.

Cesarini è il primo di quattro giornalisti caduti nella seconda guerra mondiale. Il libro di Claudio Santini (storica firma de "il Resto del Carlino" e presidente del Consiglio di disciplina dell'Ordine dei giornalisti dell'Emilia-Romagna), intitolato “Ezio Cesarini. Italiano, antifascista, giornalista” (Minerva Edizioni, 15 euro, pp.143), ne ricorda la storia, come la lapide nel complesso di Santa Cristina affissa all'ingresso del Master in Giornalismo, lì ospitato. Sotto alla lastra commemorativa sono stati lasciati dei fiori, a pochi passi dalla panchina per la libertà di stampa, dove recentemente si è seduto Patrick Zaki. La panchina fu inaugurata nel 2021 in nome dell'attivista egiziano, e di tutta la stampa e le libere opinioni, che soffrono le limitazioni al diritto di informazione nel 2021. Una scelta simbolica voluta da Ossigeno per l'Informazione (osservatorio promosso congiuntamente dalla Federazione nazionale stampa Italiana e dall'Ordine dei giornalisti) in collaborazione con il Master, diretto dal prof. Fulvio Cammarano. L'allora rettore Francesco Ubertini in quell'occasione disse proprio di sperare di vederci seduto un giorno Patrick Zaki, come finalmente è accaduto il 14 novembre 2023.

 

Cesarini, simbolo di libertà di opinione

Anna Cesarini, nipote del giornalista, non ha potuto conoscerlo e sabato ha parlato di un affetto nato «attraverso le parole dei familiari» ma, insieme agli altri nipoti, «abbiamo voluto mantenere vivo il ricordo di nonno Ezio e ne abbiamo parlato ai nostri figli». «Cesarini è un simbolo della libertà di opinione - ha ricordato il direttore di “InCronaca”, testata del Master in Giornalismo, Giampiero Moscato - In nome di questa libertà spesso vengono dimenticati i doveri della cronaca che sono qualcosa di più impegnativo perché i giornalisti, rispetto ai cittadini, hanno il compito di costruire un’osservazione della realtà che sia davvero basata sui fatti, che vanno riportati in maniera corretta così come sono accaduti. Da quel racconto, se è corretto, si formano opinioni più informate». Per il segretario aggiunto della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi), Matteo Naccari, ricordarlo «diventa un esempio per chi fa questo lavoro». Il sindacalista ha evidenziato che i tanti esempi di censura e querele bavaglio sono «un problema per la democrazia di tutti, non tanto per i giornalisti».

Ezio Cesarini «è stato il più grande interprete dell’articolo 21 della Costituzione prima che fosse scritta», ha affermato Paolo Maria Amadasi, presidente Aser. In repressione di questo diritto, ripetutamente violato durante il "ventennio", il giornalista è stato vittima di un «crimine nei confronti di un uomo che non aveva fatto nulla», «un’ingiustizia politica», ha spiegato Agnese Pini, direttrice di “QN”, “il Resto del Carlino”, “il Giorno”, “La Nazione”. Ha poi sottolineato come il giornalismo sia un «mestiere fondato sulla scelta». «Se la storia insegnasse davvero qualcosa, l’uomo non continuerebbe a ripetere gli stessi abomini ma la storia mette l’uomo in condizione di scegliere, gli ricorda di cosa è capace, e gli dona la possibilità di scegliere di non farlo e di essere altro», ha proseguito la direttrice. Il sindaco Matteo Lepore ha concluso il convegno riaffermando l’importanza di ricordare Cesarini, e delle «persone che hanno scelto da che parte stare», «riconoscendo a lui un coraggio e un merito che ci lascia non solo una testimonianza ma anche una strada da seguire». Ha anche sottolineato il valore sociale della professione: «Fare il giornalista vuol dire portare avanti la missione della verità, farlo non per il potere ma per la propria comunità».

 

Una lapide perduta e ritrovata

Incisa, mostrata, perduta e ritrovata. La lapide che commemora Ezio Cesarini ed è ora posta all’ingresso della sede del master in Giornalismo, ha rischiato di rimanere dimenticata. Nel 1951 la stele voluta dall’Associazione stampa dell’Emilia-Romagna-Marche venne esposta nell’atrio del vecchio stabilimento tipografico de “il Resto del Carlino e poi fu trasferita nella nuova sede del quotidiano, dove fu posizionata nell'androne dell'edificio. Nel 1994 la lapide venne spostata dall'atrio per lasciar posto al ricordo di Attilio Monti, lo scomparso proprietario ed editore del giornale. A lungo è rimasta in un magazzino, fino a che non fu rinvenuta nel 2019, quando è stata consegnata all’Ordine dei giornalisti, che conserva il materiale storico su Cesarini. L'Ordine ha deciso che il suo luogo di commemorazione ideale fosse il Master in Giornalismo, già intitolato a Ilaria Alpi, che si affaccia sul giardino dal 18 gennaio dedicato a Miran Hrovatin. I due, giornalista e teleoperatore della Rai, furono uccisi a Mogadiscio, il 20 marzo 1994. In Santa Cristina, insomma, c'è un presidio culturale e storico a salvaguarda di una delle espressioni della democrazia: la cronaca.

 

La lapide e i fiori lasciati durante la commemorazione. Foto di Marco Ciccimarra