bologna 30

«Cinque minuti solo cinque vedrai.. delle panatine ti innamorerai!». Cantava così il piccolo protagonista di un noto spot pubblicitario, in attesa che la sua cena fosse cotta. E se fossero “solo” cinque anche i minuti d’attesa per un bus? A Bologna ormai sembra vera «utopia».
«Città 30 è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso», dice Fabio, autista di Tper, che oggi – insieme a colleghi e a membri del sindacato Usb (Unione sindacale di base) – è sceso in piazza per lo sciopero del trasporto pubblico locale. «Non ho più neanche il tempo per mangiarmi una banana». Ce lo racconta Alessandra, dipendente Tper da vent’anni, che – nonostante il suo tono pacato – sferza critiche con parole indignate. «Prima, tra una corsa e l’altra, avevamo un momento di pausa – spiega – era breve, ma c’era, adesso non più. Arriviamo al capolinea talmente ritardo che siamo costretti a ripartire subito». E il suo collega Massimo conferma: «Ieri, in sei ore di turno, non sono mai riuscito ad andare in bagno – si lamenta – quando ho iniziato a lavorare con Tper, una dodicina d’anni fa, dovevo avvertire la centrale anche solo per dieci minuti di ritardo. Roba che adesso, se ci provo, mi ridono in faccia!». Insomma, quella che dovrebbe essere un’eccezione, è invece la regola. «Ormai è strano, quasi impossibile, essere in orario». Ma questo è solo uno dei tanti aspetti del problema. Il rallentamento delle corse, infatti, causerebbe disagi – oltre che sugli autisti – anche ai passeggeri che, sempre più, si dicono «costretti a preferire mezzi alternativi ai bus». «Se gli orari previsti continueranno a non coincidere con quelli del tabellone credo che la gente inizierà ad andare in macchina – suppone Alessandra – ecco come questa nuova misura, anziché agevolare l’uso del trasporto pubblico, finirà per disincentivarlo».

Gli autisti, tuttavia, non sembrerebbero totalmente contrari al limite dei 30 km/h, se solo fosse «un intervento strutturato e non totalmente sconnesso dal contesto», come dice Massimo. «Sento che, in generale, c’è molto scontento e malumore, ma se servirà a migliorare la mobilità, ben venga – afferma – ci sono zone della città in cui, effettivamente, è utile. Il problema, però, è che non è stato creato un quadro idoneo a supportarlo». È dello stesso parere Fabio, per cui il limite dei 30 km/h comporterebbe «minor rischio e maggiore serenità nell’affrontare la giornata di lavoro». «Ma questo solo sulla carta, in realtà così non è, perché al provvedimento, che di per sé è buono, manca un assetto che sia in grado di sostenerlo», afferma l’autista. E ci chiarisce cosa intende, suggerendo possibili spunti di soluzione. «Sarebbe da rivedere la mobilità, costruire infrastrutture, fare campagne di educazione civica. Allora sì che il limite dei 30 km/h sarebbe fattibile, la parte complementare di un sistema ampio e integrato». Altro problema, l’assenza di segnaletica. Lo racconta Francesco, autista storico di Tper e “cantastorie” del gruppo, come lo definiscono i compagni. «Questa però non è una storia tanto felice – ironizza – è un vero problema. I segnali ci sono solo in alcuni punti, mentre in altri mancano completamente. Per capire a che velocità andare dovrei guardare sempre sulla mappa.. ma io guido gli autobus, mica faccio l’esploratore!». «Che non si lamentassero per il mancato rispetto dei limiti – attacca Fabio – sono loro a non metterci in condizioni di farlo». Tuttavia, a latere delle lamentele, gli stessi dipendenti Tper ammettono che, il nuovo provvedimento adottato dalla giunta di Lepore, non sia effettivamente il vero e proprio “casus belli” della situazione, o perlomeno non l’unico. «C’erano molte criticità anche in precedenza. Già le cose non andavano bene, ma ora vanno decisamente male – ammette Alessandra – il servizio doveva essere rimodulato, sia in relazione al forte aumento dei passeggeri, che in base alla presenza dei cantieri: niente è mai stato fatto».
Ma, per porre un rimedio ai disagi lamentati, il Comune sembrerebbe aver avanzato qualche proposta, come quella di aumentare le corsie preferenziali. «Un’idea niente male – commenta Fabio – a patto che siano realmente ‘preferenziali’ e non ‘preferibili’. Già oggi ne esistono molte, ma non vengono controllate e ci viaggiano tutti, taxi, motorini, biciclette, monopattini. Vogliono farne di più? Che controllino prima quelle che abbiamo. Comunque sarebbe buono». Come «sarebbe buono», secondo l’autista Tatiana (nome di fantasia), un aumento del personale. «Siamo pochissimi –  si lamenta – c’è un ‘fuggi fuggi ’. Tutti gli apprendisti che arrivano dopo neanche un mese se ne vanno. Ma è ovvio. Che ci fai con uno stipendio di 1300€? Non ci scappa neanche l’affitto».
Ultimo aspetto, ma non per importanza, la nuova misura sul trasporto pubblico locale che – presa ieri in un accordo tra Tper e i sindacati – entrerà in vigore dal prossimo giovedì 1 febbraio. Si tratterebbe, secondo quanto riportato oggi sul Corriere Bologna, di un «cambiamento degli orari degli autobus in quasi tutte le linee urbane, allungando i tempi di percorrenza di una manciata di minuti, circa 5 o 6, su un’intera tratta andata-ritorno». «Non credo che cambi nulla – dice Tatiana – non sono i cinque minuti a fare la differenza». È concorde con lei anche Fabio. «Non ha senso, mi sembra una decisione superficiale, totalmente campata per aria. Credo, piuttosto, che andrebbe fatta una riconsiderazione sulla base dei cantieri». E spiega: «Prima c’era un piano che prevedeva di percorrere tratti ben definiti alla velocità stabilita di 50 km/h. Quindi, gli orari erano ponderati sia rispetto ai chilometri, che rispetto alla velocità. Ad oggi vorrebbero ribaltare la questione: aumentare le percorrenze e diminuire la velocità. Non ci vuole di certo un ingegnere per capire che è una baggianata!».

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In copertina: Tre autisti Tper presenti in piazza allo sciopero. Foto di Lavinia Sdoga
Nel testo: Autisti Tper e sindacalisti Usb in piazza allo sciopero con bandiere e striscione. Foto di Lavinia Sdoga