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Primo sindaco pentastellato di un capoluogo di provincia a Parma poi fuoriuscito e rieletto con una lista civica. Nel febbraio 2023 diventa sindaco di +Europa ma si dimette, il 10 aprile 2024, perché contrario alla lista unica per le Europee con Italia Viva. Ora è candidato nella circoscrizione Nord-Est nella lista “Siamo Europei” di Azione. Federico Pizzarotti si esprime sui casi più recenti, dai confronti sull’aborto e sul caso Scurati alle elezioni del prossimo giugno.

 

Molti leader si sono candidati come capilista alle Europee. Tajani. Meloni, Schlein, Bonaccini e forse anche Calenda. Come valuta la scelta?

«Nel 2019 per aiutare la lista “Italia in Comune” mi ero candidato, pur dichiarando subito che non sarei andato in Europa perché volevo finire il mio mandato da sindaco. È evidente che lo scopo sia di spingere la lista. Nella politica italiana trovare il proprio leader e scriverne il nome è la via più facile. L'importante è che sia chiaro l’intento».

 

È uscito da +Europa per la scelta del partito di fare una lista insieme a Italia Viva. Perché si candida con la lista “Siamo Europei” di Azione e come è avvenuto il suo ingresso?

«Al momento non sono entrato nel partito ma faccio parte della lista insieme ad altre forze repubblicane. Penso sia giusto fare il percorso delle Europee e, visto che ci sarà un processo fondativo di un soggetto più ampio, vedremo eventualmente come dare il nostro contributo. Da gennaio ho detto che la scelta Renzi sarebbe stata incompatibile per valori e personaggi come le reti di Mastella e Cuffaro. Ciò non era compatibile con +Europa e me. Ho scelto di dimettermi e andare con quello che reputo il naturale alleato per le Europee».

 

Qual è l'obiettivo alle urne di Azione? Il superamento della soglia del 4%?

«Penso quello non sia il limite ma il punto di partenza per allargarci e dare un'immagine ben più ampia del 4%. C'è la volontà di attrarre soggetti delusi dalle altre scelte. Mi aspetto tanta delusione nel campo di +Europa, più che di Italia Viva. Ieri abbiamo presentato gran parte dei candidati. Abbiamo già presentato i dieci punti del programma, cosa che nessuno ha fatto. Lo trovo coerente anche con la mia storia politica del guardare al contenuto più che al contenitore».

 

I dieci punti che ha menzionato, li condivide tutti o c'è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

«Nella scelta di un decalogo era necessario fare una sintesi e trovare punti rappresentativi per evitare che diventino le classiche cento pagine del Partito Democratico, all'interno delle quali spesso non c'è niente. Condivido i dieci punti ma c'è spazio in campagna elettorale per ampliarli, parlando di agricoltura, nucleare e agroalimentare».

 

L'endorsement di Cottarelli alla lista “Siamo europei” che messaggio dà su di voi agli elettori?

«È un messaggio coerente. Cottarelli ha sempre visto come naturale un’unione +Europa-Azione. Nel caso ci fosse stata, avrebbe anche valutato la possibilità di candidarsi. Non avrebbe mai dato un endorsement con Italia Viva. Ha ben chiaro chi fa proposte e ha un percorso e una qualità dei candidati più elevata. Se guardiamo ai capilista presentati di là [Italia Viva-+Europa, ndr] danno l'idea di un’accozzaglia partitica più che di un'unione di intenti, oltre al problema che alcuni candidati non finirebbero nella famiglia di Renew e Alde».

 

Su quali temi si concentrerà di più in Parlamento Europeo?

«Il tema dell'agricoltura perché tocca il nostro territorio. Penso sia fondamentale evitare di affrontarlo in modo populista come Lega, Fratelli d'Italia e in tanti casi anche Forza Italia. C'è il tema della Difesa dal punto di vista industriale e strategico. Occorre creare un esercito comune europeo. Un altro punto è il digitale. Me ne sono sempre occupato. La regolamentazione dell'intelligenza artificiale e l’applicazione ad ambiti anche produttivi dovranno essere ben governate. Inoltre, punteremo sul nucleare come fonte di energia del futuro».

 

Come valuta il rapporto tra governo Meloni e Unione Europea?

«La politica tracciata dal governo Draghi è stata seguita. I suoi elettori dovrebbero farsi una domanda. Vedevano lei che doveva spaccare tutto anche in Europa, mentre si è allineata. Sono curioso di capire quale sarà la posizione del governo e dei suoi alleati nella nuova composizione del parlamento Europeo. È evidente nei numeri che ci sarà un equilibrio diverso, spostato a destra, e il ruolo del Ppe sarà centrale. Andrà capito quale sarà lo spettro della coalizione che eleggerà il nuovo presidente della Commissione».

 

Sul Pnrr?

«È evidente la sconfitta. Per esempio, hanno stralciato la linea di investimento sulla costruzione di asili dopo essersi riempiti la bocca con l'importanza del sostegno alle famiglie. Non basta dare cento euro, se non trovi il posto all'asilo e devi conciliare vita e lavoro. Questo è un tema evidente di tradimento dei punti del Pnrr. Aggiungo anche le polemiche strumentali su temi etici e divisivi di questi giorni: l'utilizzare i fondi Pnrr anche per allargare le associazioni pro-vita nei consultori con l’intento di “pagare” una parte del proprio elettorato, mettendo in difficoltà un servizio fondamentale. Sono per me un modo per distrarre dal capire che il governo sta giocando con i numeri e con la legge di bilancio che ci sarà dopo le Europee e che sarà drammatica».

 

E sul patto di stabilità?

«Non si è voluto dialogare con gli altri. È evidente che una riforma vada fatta e sono tutti d’accordo. "Il come" è un tema. Negli ultimi anni la Lega ha dimostrato che il negazionismo in termini di “non lo vogliamo affrontare, va tutto male” ma senza indicare una loro posizione indebolisce l'Italia. In questo caso non sono stati da meno».

 

Ha accennato alla posizione del governo sull’aborto. Com'è possibile difendere questo diritto?

«Come la Francia in Costituzione, magari. Comunque, ribadire e regolare correttamente nelle regioni. In alcune l'obiezione di coscienza ha un numero che obbliga le donne, che sono davanti a questa dolorosa scelta, ad andare in altre regioni o ad avere delle tempistiche secondo me non compatibili con il momento e lo stato psicologico».

 

E sulla libertà di espressione e il caso Scurati?

«Penso ci siano stati inciampi, errori e ed esagerazioni. Non penso abbiano voluto oscurare. Si poteva però ristabilire l'intervento di Scurati senza bisogno di un balletto, che ha evidenziato errori di processo. Il caso fotografa il clima dentro il servizio pubblico d'informazione. Credo ci sia stata una parte dirigenziale che abbia detto: “Non vorrei che qualcuno si indispettisse”, agendo preventivamente. Non vedo questo governo così stupido nel fare una mossa controproducente. Lo stanno facendo in un modo strisciante, per esempio introducendo il concetto che i membri di governo possono continuare a fare dichiarazioni durante la campagna elettorale. Questo sì che è tema grave, specialmente se il governo è anche candidato attraverso la premier o il ministro degli Esteri».

 

Federico Pizzarotti. Foto concessa dall'intervistato