Quindici

Stefano Bonaccini lascia la Regione e vola a Bruxelles, o almeno ci prova. È il segreto di Pulcinella che circolava negli scorsi giorni e che, dopo più di una settimana, sabato 20 aprile è stato svelato: il Partito democratico ha finalmente trovato il suo capolista per la circoscrizione del Nord-Est, che vedrà eletti 15 europarlamentari con sistema proporzionale puro. La strada di Bonaccini in viale Aldo Moro, in ogni caso, stava già raggiungendo il capolinea: il via libera al terzo mandato dei presidenti di Regione non ha mai visto la luce ed è anzi stato affossato. Bonaccini, quindi, è sostanzialmente quasi libero. Quasi, appunto: sarà inevitabile correre alle elezioni regionali anticipate – un’ipotesi è il 24 novembre – per scegliere chi prenderà il suo posto.

Il Pd ha poco da stare tranquillo: da sempre l’Emilia-Romagna è una delle maggiori roccaforti del partito e, nel caso in cui la Regione cambi colore, sarebbe un duro colpo per il Pd. Pari o forse peggiore – ci si potrebbe spingere a dire – a quello subito nell’autunno 2022 con le Politiche: perdere nella propria culla ancestrale significherebbe diventare un partito evanescente, incapace di dare le risposte che la cittadinanza cerca. Anche per questo, forse, il partito ha cominciato immediatamente a immaginare la Regione dopo il suo (ex) presidente, anche se non si sa ancora se ci saranno Primarie o meno. Tra i nomi che circolano – alcuni già da diversi mesi – quello di Irene Priolo, ora vicepresidente, è tra i più quotati. I suoi dieci anni da sindaca di Calderara di Reno, tra il 2009 e il 2019, hanno lasciato un’ottima eredità nel territorio, ulteriormente confermata dalla sua nomina ad assessora alla Mobilità di Bologna nel 2016 e, appunto, da quella a vicepresidente di Regione nel 2022, con deleghe ad Ambiente e Protezione civile e un ruolo di primo piano nel post alluvione.

Tra i papabili c’è poi Vincenzo Colla, assessore regionale allo Sviluppo economico ed ex segretario della Cgil Emilia-Romagna. Il suo lavoro in viale Aldo Moro è stato apprezzato anche dallo stesso Bonaccini: è Colla ad aver curato il Patto per il lavoro che ha unito sindacati, imprese, enti locali e università. Colla non è quindi un politico di primo pelo, ma proprio questo potrebbe essere un deficit importante: con i suoi 62 anni difficilmente potrebbe rappresentare quell’innovazione e quel cambiamento che numerosi elettrici ed elettori del partito – nonché molti simpatizzanti – stanno cercando.

Il nome di Michele De Pascale, attuale sindaco di Ravenna ed ex presidente regionale dell’Anci e nazionale Upi (Unione province), sarebbe allora più indicato, considerati anche i suoi 39 anni. Il problema, stavolta, sono i due anni rimanenti di mandato, che De Pascale dovrebbe inevitabilmente abbandonare, esponendo il fianco (suo e dell’intero partito) alle critiche della destra. Per lo stesso motivo è verosimilmente fuori dai giochi anche il 36enne Enzo Lattuca, sindaco di Cesena e vecchio compagno di università di Elly Schlein: Lattuca è già in movimento con la campagna elettorale per le elezioni comunali di giugno. Abbandonare Cesena ora sarebbe un brutto autogol. Il totonomi, però, non finisce qui: dal palazzo della Regione viene anche Andrea Corsini, assessore ai Trasporti, mentre sembra tornare di attualità il nome di Graziano Delrio, ex sindaco di Reggio Emilia e parlamentare. Lui, però, avrebbe già rifiutato l’ipotesi.

Dalla stessa città potrebbe però farsi avanti Luca Vecchi, giunto ormai alla fine del suo secondo mandato. Alcuni, invece, fanno timidamente il nome di Matteo Lepore. Tra i simpatizzanti di Elly Schlein circola anche il nome del segretario Cgil, Maurizio Landini – se così fosse gli attriti interni potrebbero però diventare insostenibili – e persino quello di Filippo Andreatta, figlio dell’ex senatore e ministro Beniamino. Secondo alcune indiscrezioni, poi, la componente civica avrà un peso molto importante alle prossime regionali: si vocifera di una persona – al momento ignota – proveniente dal mondo della cultura o della sanità. Il segretario regionale Pd Luigi Tosiani, in ogni caso, dice di essere pronto a lanciare «una campagna elettorale permanente», che si inserirebbe in un percorso ordinato e ragionato: quanto prima verranno convocati gli organismi regionali del partito, cioè segreteria e direzione.

Dalla destra, al momento, tutto tace, ma i giochi si apriranno presto e – inevitabilmente – saranno molto accesi; nel frattempo, sono già arrivate le critiche che pioveranno su Bonaccini, prime tra tutte l’aver abbandonato il suo incarico nel momento in cui, finalmente, i lavori post alluvione avrebbero dovuto iniziare. In ogni caso, l’autunno è ancora lontano: ora tutti i partiti stanno convergendo sulle Europee. La sinistra, dal canto suo, può assestare un duro colpo alla destra al governo, nonostante le sconfitte alle regionali in Abruzzo e Basilicata. La destra, cioè, si può battere, ma occorrono personalità forti e capaci, in cui elettrici ed elettori possono riconoscersi. Serve poi una buona dose di lungimiranza e la capacità di mantenersi coerenti nella direzione delle propria politica: una lezione che il Partito democratico deve forse ancora imparare, dilaniato com’è da correnti interne e ancora in balia dei venti dell’indecisione e dell’incertezza. Un primo punto fermo, comunque, è stato messo venerdì scorso (19 aprile), quando le liste della circoscrizione nordorientale sono state fissate: dopo Bonaccini, in seconda posizione campeggia la veneta Annalisa Corrado, responsabile ambiente del Pd e molto vicina alle posizioni di Schlein. Seguono a ruota il padovano Alessandro Zan, l’europarlamentare uscente Elisabetta Gualmini, il consigliere regionale dell’Emilia-Romagna Antonio Mumolo, Alessandra Moretti (già eurodeputata nel 2019), il segretario Spi-Cgil Ivan Pedretti e l’ex deputata Giuditta Pini.

La destra, bisogna riconoscerlo, è però arrivata preparata già da alcune settimane. Fratelli d’Italia – che vorrebbe eleggere almeno 4 europarlamentari su 15 – ha schierato in campo Stefano Cavedagna, consigliere comunale bolognese, e Guglielmo Garagnani, ex presidente di Confagricoltura Bologna. I due si aggiungono ai veneti Daniele Polato ed Elena Donazzan e al friulano Alessandro Ciriani. Confermata anche la ricandidatura dell’europarlamentare uscente Sergio Berlato. Da Verona, invece, Forza Italia candida Flavio Tosi, il precedente sindaco della città. Dall’Emilia-Romagna invece, vengono i nomi del funzionario europeo Antonio Cenini, del vicecoordinatore regionale Antonio Platis e del presidente di Aics (Associazione Italiana Cultura Sport) Bruno Molea, già ex parlamentare. Del tutto inaspettata, invece, è stata la candidatura “all’ultimo” – risale infatti a venerdì 19 – di Alessandra Servidori, esperta di politiche del lavoro e di welfare ed ex sindacalista, sollecitata più volte dalla consigliera regionale Valentina Castaldini. Schierati sempre a destra – ma stavolta nel campo della Lega – sono Alessandra Basso, europarlamentare uscente, il consigliere regionale sassolese del gruppo Lega, Stefano Bargi, e il consigliere regionale Emiliano Occhi, di Parma. Da sciogliere a breve la riserva sull’imolese Daniele Marchetti, consigliere regionale e comunale. Sul fronte terzo polo, Azione schiera Federico Pizzarotti, ex sindaco di Parma ed ex vicepresidente Anci, che fino a pochi giorni prima era considerato tra i più papabili della lista Stati Uniti d’Europa, che nel Nord-Est avrà invece come capolista il britannico Graham Watson. Sinistra Italiana e Verdi hanno poi fatto il nome di Emily Clancy, ma lei ha rifiutato e la coalizione ha schierato Ilaria Salis, ancora detenuta in Ungheria. Le urne emiliano-romagnole, insomma, quest’anno saranno belle che roventi, con la doppia partita – che in alcuni comuni diventa persino triplice, considerate le amministrative – che avrà inevitabilmente una rilevanza nazionale. Tessere elettorali alla mano, che vinca il – o la? – migliore.