Basket
Siamo arrivati finalmente nel momento più importante della stagione. Nel fine settimana sono ufficialmente iniziati i playoff Nba, che ci accompagneranno fino alla prima metà di giugno. Andiamo a vedere le prime quattro sfide che caratterizzano l’Eastern Conference. Se a ovest la situazione è molto più fluida, a est sembra esserci un quadro più delineato. Da inizio anno i Boston Celtics hanno infatti dominato la classifica, dimostrando di essere la squadra da battere. Dietro di loro ci sono una serie di contendenti che per un motivo o per l’altro non appaiono in grado di tenere testa ai biancoverdi sulle sette partite. Tra infortuni e carenze a livello di coaching, Bucks e 76ers sono reduci da stagioni altalenanti, mentre a Knicks e Cavaliers sembra mancare ancora qualcosa per poter lottare fino in fondo. A loro si uniscono due squadre giovani e interessanti come Magic e Pacers, che potranno sfruttare questa post-season per valutare al meglio i propri talenti. Iniziamo dando un’occhiata alle sfide del primo turno.
Boston Celtics (1)-Miami Heat (8)
Risultato parziale: 1-0
Arrivate al quarto confronto negli ultimi cinque anni, quella tra Celtics e Heat è ormai un classico della Eastern Conference. Se l’anno scorso a spuntarla sono stati i ragazzi di Spolestra, quest’anno la situazione è molto diversa. Boston, dopo i cambiamenti estivi, appare nettamente più completa e attrezzata, mentre Miami avrà fuori per infortunio Jimmy Butler, per distacco il giocatore più decisivo del roster. La prima sfida ha evidenziato i limiti sui due lati del campo degli Heat, che, oltre alle difficoltà offensive, hanno esposto i limiti di una difesa che pur efficace in Regular season, ha più di un problema a tenere il campo quando in quintetto sono presenti giocatori come Robinson, Jovic o Love. Boston ha saputo sfruttare i diversi match-up, favorita dalla presenza di un giocatore come Porzingis, concludendo con eccellenti percentuali, soprattutto da tre punti. La serie appare piuttosto indirizzata: a meno di exploit da parte di qualche giocatore (Herro in primis) Miami non sembra in grado di replicare quanto fatto in passato, quando ha messo spesso in difficoltà i Celtics.
Boston Celtics (64-18)
La grande dominatrice dell’est è reduce da una stagione regolare eccellente che l’ha vista candidarsi fin dalle prime partite come una delle squadre favorite per il titolo. Gli innesti estivi di Porzingis e Holiday hanno permesso a coach Mazzulla di creare una macchina quasi perfetta, soprattutto in casa (37-4 il record tra le mura amiche). I biancoverdi hanno infatti il miglior offense rating di tutta l’Nba e il secondo miglior defensive rating dopo Minnesota. A livello offensivo spiccano gli eccellenti numeri del tiro da 3, (primi nella lega per tiri segnati, secondi per percentuale con il 39%). Il quintetto Holiday-White-Brown-Tatum-Porzingis è indubbiamente tra i più completi dell’intera lega. Menzione d’onore per Derrick White, forse il meno considerato dello starting five, che ha giocato un’ottima stagione sia a livello offensivo (miglior assistman della squadra) che difensivo. A ciò si aggiunge la rinascita di Porzingis, che dopo anni anonimi tra Dallas e Washington, a Boston sta giocando con la miglior efficienza della sua carriera (.589). I pochi dubbi sulla squadra biancoverde arrivano soprattutto dalla panchina. Durante la regular season Mazzulla ha cavalcato una rotazione da 8-9 uomini, con Horford, Pritchard e Hauser, più uno tra Kornet e il neo-arrivato Tillman, tutti autori di buone prestazioni. Se però Horford pur con minutaggio ridotto può ancora essere utile con la sua esperienza, sugli altri è più che legittimo avere più di un dubbio, avendo sempre giocato poco o nulla durante i playoffs. Se nei primi turni le rotazioni più ampie potrebbero comunque funzionare, è evidente che andando avanti certi giocatori perderanno minutaggio e c’è il rischio che si arrivi a spremere i cinque titolari. I playoff saranno anche un test per lo stesso Mazzulla che dopo non averi pienamente durante la scorsa post-season dovrà guadagnarsi la fiducia per il futuro, possibilmente portando a casa il tanto cercato anello.
Starting Five |
Holiday |
White |
Brown |
Tatum |
Porzingis |
Rotazioni |
Pritchard |
Hauser |
Horford |
Tillman |
|
Panchina |
Springer |
Mykhailiuk |
Brissett |
Kornet |
|
Miami Heat (46-36)
Dopo la solita altalenante regular season, i Miami Heat ritornano ai play-off tramite il play-in, dove dopo aver perso con Philadelphia, hanno superato Chicago, ottenendo così l’ottavo posto. La sconfitta con i 76ers si è rivelata però sanguinosa per un altro motivo, ovvero l’infortunio di Jimmy Butler, che starà fuori per diverse settimane a causa di un problema al legamento collaterale. La sua assenza complica ulteriormente la missione degli Heat, chiamati a superare i lanciatissimi Boston Celtics. Senza il suo leader, nonché faro offensivo, appare difficile che la squadra allenata da Spolestra, possa impensierire i Celtics. Gli Heat sono infatti uno degli attacchi peggiori della lega (26esimi per punti a partita) e come testimoniato in gara 1, il gioco offensivo senza Butler appare molto abbozzato. All’assenza dell’ex Bulls si somma quella di Terry Rozier, che non è proprio il creator offensivo che i tifosi Heat si aspettavano di vedere a South Beach dopo aver sognato l’arrivo di Lillard per l’intera estate, ma che, vista la situazione, appare comunque prezioso come l’acqua del deserto. Miami dovrà quindi puntare tutto sulla sua difesa e sperare nell’exploit di qualche giocatore, come ad esempio Tyler Herro (che avrà molte responsabilità palla in mano) e i giovani Jovic e Jacquez Jr, uno dei migliori rookie visti in campo quest’anno. Raggiungere le Finals come lo scorso anno appare praticamente impossibile, ma gli Heat proveranno comunque a vendere cara la pelle.
Starting Five |
Herro |
Martin |
Jacquez Jr. |
Jovic |
Adebayo |
Rotazioni |
Wright |
Highsmith |
D.Robinson |
Love |
|
Panchina |
Mills |
Rozier* |
Butler* |
Bryant |
O. Robinson |
*Attualmente infortunati
New York Knicks (2)-Philadelphia 76ers (7)
Risultato parziale: 1-0
Tra le sfide più interessanti di questo primo turno, quella tra Knicks e 76ers si preannuncia anche come una di quelle più equilibrate. Entrambe hanno cambiato parte del roster in corsa, con New York che ha aggiunto giocatori in grado di poter impattare sui due lati del campo, mentre Phila ha scambiato Harden all’inizio della stagione. La perdita per infortunio di Randle, da un lato priva Thibodeau di uno dei pochi giocatori in grado di creare qualcosa in isolamento e in situazioni di gioco rotto, ma dall’altro lato l’ex Lakers è un giocatore incostante (se non deleterio) in attacco e difficilmente presentabile in difesa. In gara 1, l’ex coach di Chicago ha potuto schierare una squadra molto più adatta alle sue idee di gioco a livello difensivo (testimone principale un commovente Josh Hart), mentre l’attacco ha sfruttato delle spaziature nettamente migliori. In tutto ciò va menzionato il grande impatto dei giocatori in uscita dalla panchina, McBride in primis. Dopo un buon inizio, i 76ers hanno perso ritmo, anche a causa di un attacco che, tolti Maxey ed Embiid (oltre a Kyle Lowry che per l’occasione è uscito dal sarcofago), fatica a costruire. I vari Harris, Oubre e Hield devono dare molto di più, altrimenti Phila rischia di andare incontro all’ennesima annata deludente. Se il supporting cast riesce a salire di livello i 76ers sembrano poter avere qualcosa in più dei rivali, che restano però una delle squadre più difficili da affrontare di tutta la lega.
New York Knicks (50-32)
Dopo anni di mediocrità, la Grande mela è tornata a essere protagonista. Dopo la buona della scorsa stagione, con l’uscita al secondo turno dopo aver eliminato i Cavaliers (4-1) ed essersela giocata con gli Heat (perso 4-2), arrivati poi alle Finals, i Knicks tornano ai playoff dopo una buona regular season che li ha visti terminare con il secondo posto. Un risultato eccellente, soprattutto se si pensa ai diversi infortuni subiti (Randle, Anonuby, Robinson) e ai cambiamenti del roster durante la stagione. Pur non brillando offensivamente, New York ha puntato forte sulla difesa (marchio di fabbrica di coach Thibodeau, risultando la seconda miglior squadra per punti concessi (108 a partita) dopo Minnesota. Durante la stagione la dirigenza si è mossa per consegnare al coach giocatori più adatti alle sue idee. Via RJ Barret e il suo talento incostante, via l’energia in uscita dalla panchina di Immanuel Quickley (in scadenza di contratto) e dentro Og Anunoby, uno dei migliori 3&D della lega. Per sopperire alle perdite a livello offensivo durante la trade deadline sono arrivati da Detroit Alec Burks e soprattutto Bojan Bogdanovic. Dopo l’infortunio di Randle (stagione finita), sono aumentate le responsabilità per gli ex Villanova Josh Hart e Donte di Vincenzo, autori di due stagioni eccezionali. Il primo è un vero e proprio tuttofare, come testimoniano le sei triple doppie in stagione (0 nel resto della carriera), mentre il secondo è stata la spalla più affidabile per Jalen Brunson. L’ex Mavericks è diventato una vera e propria stella (aldilà della meritata chiamata per l’All Star Game), come testimoniato dai 28 punti e quasi 7 assist a partita. Nonostante la buona stagione i Knicks non appaiono ancora al livello dei Celtics. Riuscire a superare i 76ers e magari anche un’eventuale Milwaukee al secondo turno, sarebbe però un segnale molto forte per il futuro e confermerebbe la rinascita cestistica di New York.
Starting Five |
Brunson |
Di Vincenzo |
Hart |
Anunoby |
Hartenstein |
Rotazioni |
McBride |
Burks |
Bogdanovic |
Robinson |
|
Panchina |
Milton |
Jeffries |
Achiuwa |
Sims |
|
Philadelphia 76ers (47-35)
Dopo il cambio di coaching avvenuto in estate e la telenovela Harden che ha tenuto banco fino a poco dopo l’inizio della stagione, sul campionato dei Sixers gravavano diverse incognite. Per quanto altalenante a livello di rendimento, "il Barba" era comunque la spalla principale di Embiid. Dai Clippers inoltre non era arrivato nessun giocatore paragonabile (dei quattro nuovi arrivati solo Batum è stato parte stabile delle rotazioni di coach Nurse), per cui ci si attendeva molto da parte di Tyrese Maxey. L’ex Kentucky ha risposto con una stagione eccellente chiusa con 26 punti e 6 assist di media. Il suo contributo a livello di leadeship è stato fondamentale per sopperire all’assenza di Joel Embiid. L’Mvp in carica è stato il miglior realizzatore della lega (34.7 punti) ma ha giocato solo 39 partite, condizionando la stagione dei Sixers, costretti a passare dai play-in per raggiungere la post-season. Per capire l’impatto del centro, basti pensare che il record con lui in campo è 31-8, mentre senza di lui la squadra ha vinto solo 16 delle 43 partite disputate. Il suo infortunio, unito alla trade Harden ha spinto la dirigenza a intervenire, rinforzando il reparto guardie. Da Indiana è arrivato Buddy Hield, uno dei migliori tiratori della lega, mentre dal mercato buyout è stato pescato l’uomo di casa Kyle Lowry, che ha dimostrato di poter ancora garantire qualche minuto di qualità. Sulla carta in questa Western Conference i ragazzi di coach Nurse valgono più del settimo posto conquistato e non sorprenderebbe vederli giocare l’accesso alle conference finals fino alla fine. Un’uscita nei primi due turni rappresenterebbe l’ennesimo passo falso di una squadra che non è mai stata realmente in grado di competere fino in fondo.
Starting Five |
Lowry |
Maxey |
Oubre Jr |
Harris |
Embiid |
Rotazioni |
Melton |
Hield |
Batum |
Reed |
|
Panchina |
Payne |
Dowtin |
Martin |
Covington* |
Bamba |
Milwaukee Bucks (3)-Indiana Pacers (6)
- Risultato parziale: 1-0
Una serie che vede affrontarsi due squadre molto diverse. Da un lato i Bucks che, dopo il titolo del 2021, non sono più riusciti a raggiungere le Finals, e reduci dall’aggiunta estiva di Lillard. Dall’altra Indiana torna ai playoff dopo una grande stagione, con quello che è stato per distacco il miglior attacco della lega. I precedenti stagionali (4-1 per Indiana) e l’infortunio di Antetokounmpo hanno fatto pensare a un possibile blowout da parte dei Pacers. Pronostici in parte ribaltati da una Gara 1 dominata dai Bucks e da un Lillard che sembra essere tornato ai livelli di Portland. Senza Giannis, Dame è chiamato a giocare una serie di grande livello e la sensazione è che lui non vedesse l’ora. Chiaramente un salto in avanti dovranno farlo anche gli altri, in primis Middleton, dopo annate tormentate dagli infortuni. Per i Bucks uscire subito, anche con l’attenuante dell’assenza di Giannis, sarebbe un vero e proprio fallimento. Nonostante le vittorie in Rs, per Indiana la sfida si preannuncia complessa. I Pacers dovranno cercare di alzare il ritmo e sfiancare gli avversari, cosa in cui si sono dimostrati piuttosto bravi nel corso della stagione, ma anche di blindare la difesa, cosa che di fatto non sono mai riusciti a fare. I playoff però sappiamo essere un altro mondo e la giovane età del roster di coach Carlisle in questo senso non aiuta. I Pacers hanno comunque obiettivi e pressioni diverse: anche un’uscita al primo turno non sarebbe una tragedia.
Milwaukee Bucks (49-33)
Partita per essere sulla carta l’unica vera rivale dei Boston Celtics, con il grande entusiasmo dettato dall’arrivo di Damian Lillard, la stagione dei Bucks è stata a dir poco deludente. Silurato Adrian Griffin a metà stagione (30-13 il record al momento dell’esonero) a causa di un rapporto mai sbocciato con Antetokounmpo, al suo posto è arrivato Doc Rivers, che verrebbe da chiedersi come faccia ancora a trovare una panchina dopo aver accumulato un fallimento dopo l’altro. Il suo arrivo ha infatti peggiorato la situazione (19-20 il record). Se a livello offensivo l’innesto di Lillard ha dato i suoi frutti (terzo miglior attacco per punti segnati), la perdita di Jrue Holiday e il crollo delle prestazioni di alcuni giocatori (Brook Lopez in primis) ha peggiorato la fase difensiva (116. 8 punti subiti a partita, solo Indiana fa peggio tra le 16 squadre presenti ai playoff). Questo rendimento altalenante, unita alla deludente uscita al primo turno dello scorso anno per mano di Miami (dovuta però a diversi fattori, anche extra-campo) rende difficile credere ai Bucks come possibile candidata al successo. A ciò si somma l’infortunio patito dalla stella greca, che salterà il primo turno (e forse parte del secondo) per un problema al polpaccio. La sua assenza complica il piano dei Bucks, anche se la sfida con i giovani Pacers non appare proibitiva, ma è chiaro che già dal prossimo turno la situazione potrebbe cambiare. Se Lillard e compagni non faranno passi falsi fino al ritorno del due volte Mvp, le chance di raggiungere le finali di Conference appaiono piuttosto alte. Anche la panchina è di buon livello, con il talento “pazzo” di Portis (ora in quintetto al posto di Giannis), l’energia di Connaughton e l’esperienza dei vari Beasley, Crowder e del nostro Danilo Gallinari. Basterà questo per arrivare fino in fondo? Difficile dirlo, sulla carta i Bucks al completo sono la squadra più attrezzata per provare a fermare i Celtics. Ma gli infortuni e i problemi di chimica emersi nel corso della stagione rappresentano delle grosse incognite. A Giannis, Lillard e compagni il compito di smentirci.
Starting Five |
Lillard |
Beverley |
Middelton |
Portis |
Lopez |
Rotazioni |
Beasley |
Connaughton |
Green |
Crowder |
|
Panchina |
Payne |
Beauchamp |
Antetokounmpo* |
Jackson |
Gallinari |
*Attualmente infortunato
Indiana Pacers (47-35)
Una delle squadre più divertente da vedere, con il primo attacco della Lega per distacco (123 punti a partita) e un nucleo giovane con possibilità di crescere. Possiamo riassumere così la stagione dei Pacers, impreziosita dalla finale dell’In-Season Tournament (persa con i Lakers). Una squadra guidata da uno straordinario Tyrese Haliburton, miglior assistman dell’intera Nba e già tra i migliori giocatori del suo ruolo nonostante i 23 anni di età. Durante la stagione la dirigenza ha deciso di affiancargli Pascal Siakam, costato tre prime scelte al draft. L’ex Raptors si è subito inserito all’interno della squadra, contribuendo su entrambi i lati del campo. Proprio la metà campo difensiva è il maggior problema di Indiana, che ha la peggior difesa tra le squadre presenti ai play-off (solo Utah, Washington e Atlanta hanno fatto peggio in tutta la lega). Riuscire quanto meno a rendersi presentabili nella propria metà campo sarà il minimo che Indiana dovrà fare per provare a superare almeno il primo turno. Va anche detto che i Pacers non hanno grandi ambizioni di vittoria, quanto più di valutare a che punto si trova il loro percorso di crescita. Sarà quindi una grande occasione per i tanti giovani in squadra, come Nembhard, Smith, Neismith e Sheppard. Per la dirigenza sarà fondamentale capire chi potrà fare parte dei Pacers del futuro e chi invece potrà essere salutato senza troppi rimpianti per consentire l’arrivo di giocatori più pronti. Peccato per l’assenza di Benedict Mathurin, fuori per tutto l’anno a causa di un infortunio alla spalla. Il 21enne sarebbe stato fondamentale, garantendo energia e punti (14.5 in 26 minuti questa stagione) in uscita dalla panchina.
Starting Five |
Haliburton |
Nembhard |
Neismith |
Siakam |
Turner |
Rotazioni |
McConnell |
Sheppard |
McDermott |
Toppin |
Smith |
Panchina |
Brown |
Johnson |
Walker |
Jackson |
Mathurin* |
*infortunato
Cleveland Cavaliers (4)-Orlando Magic (5)
Risultato parziale: 1-0
Due compagini che presentano più di un punto in comune. Magic e Cavs sono due squadre che pur con un attacco abbastanza mediocre, hanno disputato un’ottima regular season grazie alla loro fase difensiva. Orlando è passata dal tredicesimo al quinto posto in classifica, grazie all’eccellente lavoro svolto sui propri giovani, mentre Cleveland, nonostante gli infortuni, si è confermata tra le migliori a est. La prima partita della serie, ha più o meno confermato quanto visto in Regular Season. Infatti in gara 1 sono stati messi a nudo tutti i limiti della fase offensiva di Orlando, che già durante la stagione non ha mai brillato. La mancanza di spacing e di tiratori affidabili è una lacuna ancora più evidente nel momento in cui i principali creator come Banchero e Wagner necessitano di spazio per poter attaccare il canestro. Tutto ciò favorisce il lavoro di Allen e Mobley, che dentro la propria area restano una coppia molto difficile da superare. Pur presentando problemi simili in attacco, Cleveland, grazie alla presenza di Garland e Mitchell, può sopperire a queste lacune, trovando più facilmente la via del canestro. Questo probabilmente non sarà sufficiente per raggiungere le vette dell’Eastern Conference, ma potrebbe bastare ai Cavs per superare il turno.
Cleveland Cavaliers (48-34)
Dopo una buona regular season, lo scorso anno i Cavaliers sono stati sconfitti in maniera abbastanza netta al primo turno dai Knicks, in una sfida che sulla carta avrebbe dovuto essere molto più equilibrata. Quest’anno la squadra allenata da J.B. Bickerstaff ha disputato una regular season simile alla precedente, anche a causa di alcuni infortuni che hanno colpito praticamente tutti i titolari, da Garland a Mitchell fino a Mobley. Se da un lato la squadra ha dimostrato di essere solida nonostante le assenze, dall’altro c’è un po’ di rammarico perché senza tutti questi problemi, i Cavs avrebbero potuto lottare per posizioni ancora più importanti. Gli infortuni hanno condizionato soprattutto l’attacco (che ha perso le prime due bocche di fuoco), mentre difensivamente nonostante i problemi di Mobley, la squadra si è confermata più che solida, seppur non ai livelli dello scorso anno. Grande merito a Jarrett Allen, che oltre al solito contributo nella sua meta campo, ha migliorato i suoi numeri offensivi, sia in termini di punti che di assist. Resta da capire come il sistema Cavs possa impattare meglio in post-season rispetto alla scorsa stagione. Nella Nba attuale il doppio lungo è difficilmente sostenibile a livello offensivo, in quanto troppo penalizzante per quanto riguarda le spaziature. Nonostante le aggiunte di tiratori come Strus e Niang, Cleveland rischia di pagare la coppia Mobley-Allen, un dubbio che rischia di protrarsi anche in offseason quando potrebbe arrivare il momento in cui fare delle scelte. Questo a meno che l’ex Trojans non confermi i progressi fatti nel tiro da tre. Mobley ha infatti tirato con il 37%, percentuale più che valida, se non fosse che si basa su un campione ridotto di tentativi (poco più di uno a partita). Riuscisse ad aggiungere un al proprio bagaglio tecnico un tiro da tre affidabile, potrebbe evolvere ancora di più il gioco offensivo dei Cavs e rimanere in campo assieme ad Allen anche nei momenti decisivi.
Starting Five |
Garland |
Mitchell |
Strus |
Mobley |
Allen |
Rotazioni |
LeVert |
Niang |
Okoro |
Merrill |
|
Panchina |
Porter Jr. |
Wade* |
Morris Sr. |
Thompson |
Jones |
*attualmente infortunato
Orlando Magic (47-35)
La più grande sorpresa della Eastern Conference arriva dalla Florida, con gli Orlando Magic che passano del giro di un anno dal fondo della classifica alle prime posizioni. Un traguardo raggiunto senza grandi mosse di mercato o di stravolgimenti del roster, ma con tanto lavoro da parte di coach Jamahl Mosley e del suo staff, che hanno lavorato sui tanti giovani in squadra, a partire dal Roty Paolo Banchero. Gara 1 contro i Cavs ha confermato come il gioco offensivo dei Magic sia ancora tutto da costruire. Orlando è infatti 27esima per numero di assist a partita e ultima per triple tentate, in controtendenza con lo stile dell’Nba attuale. Sono soprattutto i singoli a guidare la squadra: infatti, oltre a Banchero, è notevole la crescita di Wagner e Suggs. A rendere Orlando una delle prime squadre della lega è il lato difensivo. I Magic sono la quarta miglior difesa della lega. Mosley ha puntato molto sulle caratteristiche atletiche dei suoi giocatori. Orlando è infatti una squadra giovane, fisica e rapida, piena di giocatori di taglia notevole. Ciò gli permette di essere una di quelle che concede meno rimbalzi offensivi (appena nove a partita) e una di quelle che ruba più palloni (più di otto). Se la giovane età è un vantaggio sotto diversi punti di vista, è evidente che in un contesto come i playoff la mancanza di esperienza rischia di farsi sentire. Orlando ha comunque tutto il tempo del mondo dalla propria parte (l’età media del roster è di poco più di 24 anni), con tanti giocatori che hanno dimostrato di avere ampi margini di crescita. Quest’anno sarà utile per fare esperienza, capire su chi contare per il futuro e chi poter sacrificare per puntellare la squadra ed essere competitivi negli anni a venire.
Starting Five |
Suggs |
Harris |
F. Wagner |
Banchero |
Carter Jr |
Rotazioni |
Fultz |
Anthony |
Ingles |
Isaac |
M. Wagner |
Panchina |
Black |
Houstan |
Okeke |
Schofield |
Bitadze |
Crediti foto Ansa