L'intervista

«Il Pd non è un luogo che può tenere tutti al suo interno. Bisogna costruire un'identità politica. Chi si riconosce in quell'identità rimane, gli altri se ne vanno». Queste le parole con cui Amelia Frascaroli, ex assessore comunale della giunta Merola, allieva politica di Giuseppe Dossetti, cattocomunista dichiarata e pedagogista di professione, giudica l'attuale situazione di difficoltà che sta vivendo il Pd guidato da Elly Schlein. 

 

L’anno scorso, dopo le Primarie, mi disse che aveva intenzione di riscriversi al Pd. È ancora nel partito?

«Sì, mi sono riscritta nel maggio 2023 al circolo Pd Murri, di cui conosco bene la segretaria Isabella Angiuli. L’ho fatto come gesto di spinta e solidarietà nei confronti del percorso politico che Elly Schlein sta intraprendendo e oggi sono ancora nel Pd».

 

Il Pd sta cambiando? In che modo?

«Non me ne sto ancora accorgendo molto per quello che riesco a vedere e a capire. In quel circolo ci sono continui dibattiti e occasioni di approfondimento. Da quello che leggo mi sembra che ci sia una fatica notevole da parte della segretaria e della direzione Pd a realizzare cambiamenti concreti e radicali. Molto probabilmente si tratta di un percorso talmente complesso da richiedere molto tempo, magari degli anni. La mia impressione è che questo nuovo corso sia molto ingabbiato all’interno del partito-apparato. E poi c’è anche un problema di identità politica. Siamo un partito di sinistra o no? Un altro problema che mi preoccupa molto riguarda i contenuti. Quello che temo per la Schlein è che, dovendo affrontare tutti questi equilibri tra le varie correnti e le dispute interne di partito, alla fine ci saranno poche risorse ed energie per realizzare i cambiamenti radicali di cui il Pd ha bisogno». 

 

Lei l’anno scorso parlava della necessità di costruire un partito di massa. È ancora possibile?

«In questo momento cerco di fare in modo che sia ancora una speranza e non un sogno. Qui devo dire una cattiveria, che però è anche una verità: il Pd non è un luogo che può tenere al suo interno tutti. Mi spiego meglio, credo che si debba decidere sulla base della costruzione di un’identità politica chi può riconoscersi in tale identità. Chi si riconosce, rimane, chi non si riconosce se ne va. Mi ricordo quello che mi diceva Luigi Pedrazzi, uno dei fondatori del Mulino: “Bisogna essere cattivi a un certo punto”. È la stessa frase che direi adesso a Elly Schlein. Non si può tenere dentro tutti, a cominciare da chi ha vissuto il partito come mero spazio personale dove costruire solo la propria carriera e la propria immagine».

 

In effetti, Pd e centrosinistra sono realtà piuttosto dilaniate da conflitti e incomprensioni. Ciò che sta accadendo per le regionali in Basilicata è l’esatto opposto di un progetto politico comune e condiviso.

«Appunto. Ci sono lotte tra correnti e divisioni tra questo e quell’esponente politico e spesso si parla più di antipatie che di programmi. È evidente che una forza politica come il Pd, soprattutto se vuole diventare un partito-comunità di sinistra, non può restare intrappolato in queste dinamiche. Un pensiero di Giuseppe Dossetti che potrebbe essere utile a Elly Schlein per osservare le persone con occhi diversi potrebbe essere la sua massima “Per fare politica ci vogliono tre requisiti: che qualcuno ti chiami, fare politica per un periodo di tempo limitato e, infine, avere comunque un lavoro da cui provieni e a cui ritornare”». 

 

Qualche passo importante fatto in questo anno di segreteria Schlein?

«Non riesco ancora a vedere dei passi concreti. Vedo tentativi e intenzioni. Lo ripeto, mi sembra che il problema degli equilibri interni ancora blocchi l’operato della segretaria. 

Mi torna in mente la “fabbrica del programma”, ai tempi del Presidente Prodi. In quell'occasione si fece un importante lavoro sui territori. Un lavoro che partiva dal basso e parlava di  contenuti. Per me quell’esperienza ha avuto un peso storico e politico e può anche oggi insegnare qualcosa. Allora ci fu un grosso coinvolgimento di ampi spazi della società. Un momento di importante crescita politica dal basso». 

 

Se avesse di fronte Elly Schlein che cosa le direbbe? 

«Mi sentirei ancora di farle coraggio. Le direi anche di insistere su temi molto importanti come il salario minimo, le diseguaglianze e l'accoglienza, un tema di cui ha parlato con grande lucidità Rosy Bindi e che spesso non viene considerato seriamente». 

 

 

Nell'immagine, Amelia Frascaroli. Foto concessa dall'intervistata