arte impegnata

«Quando le mie creazioni prendono vita propria e raggiungono un pubblico più vasto, capisco che l’arte può davvero diventare uno strumento di sensibilizzazione. L’esperienza con il ritratto di Patrick Zaky è stata davvero gratificante e mi auguro di poter contribuire anche alla liberazione di Ilaria Salis». Gianluca Costantini, disegnatore italiano con una lunga esperienza di giornalismo grafico, autore di significative raccolte su “Fedele alla linea”, da alcuni anni si è dato una missione: rappresentare e denunciare alcuni dei casi più controversi della nostra contemporaneità. Ravennate, 52 anni, insegna all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ma è noto soprattutto per le sue campagne. Julian Assange, Patrick Zaky, Giulia Cecchettin e le altre centinaia di donne vittime di femminicidio; Ilaria Salis, Giulio Regeni ma anche le migliaia di civili morti a causa dei bombardamenti e raid israeliani nella striscia di Gaza. Ognuno di loro, nel corso degli anni ha trovato rappresentazione tra le vignette di Costantini. Accompagnati da alcuni dei disegni più famosi del fumettista, ripercorriamo la sua esperienza, le sue motivazioni, ma soprattutto tenteremo di dar voce alle riflessioni che immagini o, meglio, eventi del genere suscitano.

 

Nelle scorse settimane è iniziato il processo di appello con cui la giustizia britannica deciderà se estradare o meno Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, negli Stati Uniti. L’estradizione è una forma di cooperazione tra Stati e si verifica quando un cittadino viene trasferito dal suo paese di residenza ad un altro Stato, per essere sottoposto a processo o scontare una pena. Per Assange questa ipotesi sarebbe particolarmente negativa perché è negli Stati Uniti che il fondatore di Wikileaks è accusato di aver violato la legge contro lo spionaggio a causa della pubblicazione di documenti militari e diplomatici secretati, relativi alle guerre in Afghanistan e Iraq. Per queste accuse rischia fino a 175 anni di carcere. Il processo che si sta svolgendo è l’ultimo grado di giudizio per la giurisprudenza britannica, quindi, in caso di sconfitta, Assange potrà far ricorso soltanto alla Corte Europea dei Diritti Umani. «Le rivelazioni di WikiLeaks hanno scosso le fondamenta del giornalismo tradizionale, mettendo in luce il potere delle piattaforme digitali nel smascherare segreti governativi e pratiche discutibili - racconta Costantini - questo nuovo modo di fare giornalismo, aperto e decentralizzato, ha molto influenzato il mio lavoro artistico. Tuttavia, il drammatico sviluppo del caso, con l’asilo di Assange nell’ambasciata dell’Ecuador e il successivo arresto e detenzione, ha sollevato importanti questioni riguardanti la libertà di espressione e il ruolo dello stato di diritto nel trattare con le persone accusate di spionaggio». Tra l’altro la vicenda di Assange sembra avere molto più a che fare con la politica che non con le regole del giornalismo stesso. Nel corso degli anni, infatti, la questione è stata affrontata in maniera differente dalle varie amministrazioni; lo dimostra il fatto che Chelsea Manning, militare che consegnò i documenti ad Assange, fu graziata da Obama, mentre l’amministrazione Trump riaccese il caso. E in effetti lo scopo di Costantini sembra essere quello di andare oltre al fatto in sé: «Attraverso lo stile del mio disegno cerco di catturare l’essenza del conflitto tra potere e verità e offrire uno sguardo provocatorio sulle dinamiche di potere che permeano il caso Assange. Lo scopo dei miei disegni è quello di stimolare il dibattito pubblico, invitando gli spettatori a riflettere sulle implicazioni più ampie delle questioni affrontate» spiega il cartoonist.

 

Scorrendo Channel Draw, il blog di Costantini, si ritrovano i volti delle donne vittime di femminicidio. «Questi casi sono drammatici, violenti e ingiustificati. Il mio approccio è stato semplice: ho cominciato a disegnare le donne vittime di questi omicidi, accompagnando ogni illustrazione con una descrizione della modalità dell’assassinio, per creare testimonianze tangibili di vite spezzate e perdute». Si tratta di immagini significative soprattutto in una società in cui si tende ad appiattire il dibattito sui femminicidi intorno a dettagli superflui, che riguardano la relazione tra vittima e carnefice o che addirittura si soffermano sulla vita professionale dell’assassino. Il fatto che un uomo scelga di schierarsi apertamente in una battaglia portata avanti soprattutto da donne, non è un dettaglio indifferente: nella lotta femminista, infatti, la presenza di uomini consapevoli rappresenta un tassello essenziale. «Il mio compito è quello di denunciare la violenza maschile e la privazione di libertà che molte donne subiscono in Italia, anche se spesso non ne sono consapevoli. Sento un senso di colpa che mi spinge a rappresentarle attraverso i miei disegni, insieme alla vergogna di essere uomo in un contesto dove la violenza di genere persiste».

 

Tornando al tema della libertà d’espressione in concerto con quella degli artisti, quest’anno lo scontro si è consumato a Sanremo. Dopo il comunicato a sostegno di Israele diffuso da l’Ad della Rai Roberto Sergio in risposta a Ghali e Dargen D’Amico, in tutta la penisola si sono moltiplicate le manifestazioni contro la tv pubblica che, secondo i manifestanti, in questi mesi non ha adeguatamente dato voce alle 30.000 vittime palestinesi. «Ho seguito con preoccupazione gli eventi di Sanremo; quando agli artisti viene imposto il silenzio, è un segnale inquietante di un possibile avvicinamento a una forma di dittatura. Gli artisti e i giornalisti sono spesso i primi a essere censurati». A proposito di giornalisti, a Gaza sono più di cento quelli che hanno perso la vita testimoniando il conflitto. «Di fronte a ciò, ho deciso di concentrarmi sul racconto di queste vittime in Palestina, disegnandole tutte, un progetto realizzato in collaborazione con il CPJ, il Comitato di protezione dei giornalisti di New York» racconta il fumettista.  Lo stesso Costantini, qualche anno fa è stato licenziato dalla Cnn a causa di alcune vignette che ritraevano Netanyahu; «Il 10 giugno 2019, a seguito dello scandalo legato alla pubblicazione di una vignetta del disegnatore António Moreira Antunes, il New York Times ha deciso di non pubblicare più vignette a sfondo politico. Il vignettista Patrick Chappatte ha ricordato l’importanza di essere coraggiosi di fronte alle tempeste sui social media, incoraggiando gli artisti a ribellarsi. Proprio sulla scia di questo appello, ho raccontato la mia esperienza con la Cnn, con cui avevo collaborato nel 2018. Nel 2016, infatti, avevo condiviso un disegno su Twitter che ritraeva un terrorista dell’Isis nascosto sotto il volto di Nethanyau. Qualche anno dopo, l’8 ottobre del 2018 quel mio tweet venne ricondiviso da un profilo associato a teorie del complotto, decontestualizzando l’immagine che faceva parte di un racconto di disegni più ampio. Dal momento che non volevo essere associato a quella pagina decisi di cancellare il tweet, ma ormai quello postato dalla pagina complottista era stato ritwittato anche da Arthur Schwartz, un sostenitore di Trump. Schwartz accusò la Cnn di lavorare con antisemiti. La risposta di Matt Dormic, responsabile della comunicazione della Cnn, fu: “Non posso dirti perché ha cancellato il suo tweet ma Gianluca Costantini non è un nostro dipendente”. Alla fine l’editor di sport con cui lavoravo mi disse: “Non potremo usare di nuovo i tuoi disegni. C’è molta preoccupazione per la reputazione della Cnn. Cordiali saluti”».

 

Questo non è l’unico episodio controverso in cui è coinvolto Costantini; l’artista infatti è anche accusato di terrorismo in Turchia. «Dopo il colpo di stato del 2016, il mio rapporto col paese è radicalmente cambiato: prima frequentavo spesso la Turchia, ma ora mi sarebbe impossibile. La mia esperienza di censura ha avuto inizio con l’oscuramento del mio profilo Twitter che, per le autorità turche, rappresentava una minaccia. Sono stato accusato di terrorismo sulla base del mio lavoro artistico, e questo non è solo assurdo, ma anche incredibilmente ingiusto. Il mio intento non è mai stato quello di diffondere terrore o minacciare la sicurezza pubblica, ma esplorare le realtà sociali e politiche. Questa esperienza mi ha fatto riflettere molto sulla fragilità della libertà di espressione e sulla necessità di difenderla a tutti i costi. In una società democratica, gli artisti dovrebbero essere liberi di esprimere le proprie opinioni e critiche senza timore di persecuzioni o censure. Tuttavia, la mia storia dimostra che questo non è sempre il caso, soprattutto in contesti politici oppressivi. La mia battaglia non è solo per me stesso, ma per tutti coloro che sono stati vittime di ingiustizie simili e credono nel potere trasformativo dell’arte e della libertà» racconta l’illustratore.

 

Un’altra causa che grazie a Costantini ha trovato un volto e una bandiera è quella di Ilaria Salis, accusata in Ungheria di lesioni aggravate ai danni di alcuni manifestanti neonazisti; l’aggressione si sarebbe verificata un anno fa e a testimoniarla c’è un video da cui, però, è impossibile riconoscere i volti degli aggressori. Salis si è sempre dichiarata innocente e più volte ha denunciato le condizioni disumane in cui è costretta a vivere: tra cimici e topi, catene ai polsi e alle caviglie, lenzuola sporche, pasti saltati e veri e propri episodi di tortura. «Come artista sono profondamente preoccupato per la situazione di Ilaria Salis e per il fatto che l’attenzione dei media italiani sia giunta solo recentemente, nonostante sia stata incarcerata da oltre un anno. È frustrante constatare che spesso servono eventi eclatanti per attirare l’attenzione, ma è importante ricordare che, anche se tardiva, l’attenzione dei media è comunque essenziale per mettere in luce le ingiustizie e spingere per un cambiamento. È fondamentale continuare a sollevare la voce e a lottare per tutti coloro che sono ingiustamente privati della loro libertà e dei loro diritti fondamentali» conclude Costantini.

 

In copertina l’immagine simbolo della campagna per la liberazione di Patrick Zaki che ha trovato posto in tutta Italia. All'interno dell'articolo il fumetto con cui Costantini chiede la liberazione di Ilaria Salis, detenuta in Ungheria in condizioni disumane. Foto concesse dall'artista.