Recensione Quindici
In pochi lo sanno, ma alla Cassa di Risparmio di Bologna c’è una rana nascosta tra i fregi dello scalone. È stata scolpita da Davide Venturoli. Nel dialetto bolognese si dice “avere della rana” che significa non avere un soldo. Strano fatto per un edificio costruito per essere un vero e proprio tempio del denaro e del benessere economico. Ultimato nel 1873, è stato realizzato su progetto di Giuseppe Mengoni, in stile eclettico. Imponente, finemente scolpito e decorato con marmi pregiati. Un vero corvo bianco in mezzo ai classici palazzi bolognesi in mattoni rossi. «Mio padre mi raccontò che quando cominciarono a costruire il palazzo – spiega Oriana Gavina, bolognese doc, classe ‘31 – pretesero di farlo in pompa magna tanto da finire i soldi in poco tempo. Pare che lo scultore, cui era stato commissionato lo Scalone d’Onore, non avendo ricevuto la paga, per dispetto scolpì il ranocchio. Come a dire: “tanto vogliono strafare ma non hanno i soldi per farlo”». Non vi è prova che questa diceria fosse vera, ma vero era lo stupore dei bolognesi che vedevano sorgere un palazzo del genere. Con tutta probabilità nel periodo di costruzione di voci così ne sono girate tante. Secondo Fabio Catania, direttore della filiale di Intesa Sanpaolo, stabilita nel palazzo nel 2019, la rana fu scolpita a scopo scaramantico. Insomma, non si può aver della rana se la rana c’è già!
Si ringrazia l’Archivio Storico Intesa Sanpaolo per la fotografia
Questa recensione è stata già pubblicata sul Quindici n. 17 del 29 febbraio