bologna 30

«L’obiettivo è comune, il percorso per raggiungerlo lo stesso». Ad affermarlo, nel corso dell'evento nazionale “Più piano, più sicuro. Zone 30, sicurezza stradale e autonomia”, sono stati Giorgio Gori – sindaco di Bergamo – e Damiano Tommasi – sindaco di Verona. I due amministratori – entrambi della corrente di centro-sinistra – raccontano le esperienze portate avanti nelle proprie città.
A Verona il centro storico è diventato “zona30” da un periodo relativamente recente, ma erano già molte le aree urbane in cui vigeva tale limite.
A Bergamo, dopo un primo esperimento di Città 30 nel 2005 e una successiva frenata negli anni successivi, il provvedimento è pienamente entrato a regime, in maniera rapida ma graduale, dal 2014. Nella città amministrata da Gori, attualmente, il limite è in vigore in oltre il 50% delle strade (ne restano esclusi gli assi di scorrimento e gli assi principali, in cui permane quello di 50 km/h) e, entro l'anno, si arriverà all'80%.
A InCronaca i pareri dei due sindaci.


Giorgio Gori, sindaco di Bergamo



Gori, anche a Bergamo è in vigore il limite di velocità dei 30 km/h. Quale sono le ragioni per cui avete deciso di imporlo?

«La città di Bergamo ha un territorio che si estende per soli 40 km², un terzo dei quali è peraltro occupato da parchi e aree verdi. Anche per questo, ridurre la velocità dei veicoli è di fondamentale importanza, sia per diminuire gli incidenti, che per garantire la sicurezza generale della città. E i dati degli ultimi anni ci danno ragione, poiché dimostrano una contrazione del numero di incidenti stradali, ma anche della loro gravità».

In che senso della «gravità»?
«Grazie a questo provvedimento, a calare non è solo la frequenza degli incidenti, ma anche il livello di pericolo. È stato visto che, se si investe una persona andando a 30 km/h, il rischio di morte è del 10%; mentre, se la velocità è di 50 km/h, il livello sale all’80%. Sono dati che parlano chiaro».

 E i cittadini cosa ne pensano?
«
L’introduzione di zone 30 e la realizzazione di dossi o rialzi per moderare la velocità ci viene chiesta proprio da loro. La sicurezza stradale è un tema molto sentito dalle persone, in ogni quartiere della nostra città. Fuori dal dibattito politico del Consiglio Comunale, non abbiamo mai ricevuto particolari critiche in merito a questo provvedimento e non credo avverrà».

 

Quindi, all’interno della vostra amministrazione, vi siete subito trovati tutti d’accordo nel voler adottare questa misura?
«Sì, perché tutti noi (sindaco, giunta e maggioranza) crediamo che la sicurezza delle persone e delle fasce più deboli dell’utenza stradale sia una priorità. Anzi, alcuni consiglieri di maggioranza hanno addirittura avanzato richieste per accelerare il processo ed estendere ulteriormente il limite dei 30 km/h anche ad altre aree urbane».

Perché, invece, a Bologna, l’imposizione di questo limite avrebbe scaturito un così grande dibattito? Anche a livello nazionale
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«Credo che le ragioni siano due. In primo luogo perché Bologna è una grande città, mentre quelle in cui si stava già lavorando in tal senso erano tutte di piccole o medie dimensioni. E poi per il modo in cui tale provvedimento è stato adottato. A Bergamo lo abbiamo fatto in modo graduale, mentre a Bologna no e questo ha creato scompiglio».

Oltre i “pro”,  quali sono i “contro” del provvedimento?
«Vedo molti più “pro” che “contro” in questa scelta. L’idea che all’abbassamento del limite corrisponda un rallentamento del traffico, principale critica che viene rivolta alle città che hanno imposto questo limite, è fuorviante, poiché in realtà la velocità media di spostamento in ambito urbano è bassa e non supera quasi mai i 30 km/h. In Europa si va dai 19 km/h di Londra e Berlino ai 26 km/h di Varsavia. In Italia, caratterizzata dal più elevato numero di auto pro-capite d’Europa, i centri urbani sono anche più intasati e le medie di percorrenza sono tra le più basse in Europa, ben al di sotto di 30 km/h».

Salvini e Bignami accusano Lepore di aver adottato un provvedimento che infrange il Codice stradale. Cosa ne pensa di queste “accuse”?
«
Credo che non sia così, ma ammetto di non aver seguito in modo approfondito questo scontro. A ogni modo, le zone 30 km/h nel nostro Paese esistono da molti anni e credo che i Comuni abbiano tutto il diritto di poter decidere secondo le specificità del proprio territorio e dei propri spazi urbani».

Dunque, dev’esserci un’autonomia decisionale.
«Assolutamente sì, ma il ministro lo sa. Infatti, ciò che mi sorprende è il centralismo che viene rivendicato su questa materia dal Governo, visto che lo stesso Salvini, dall’altra parte, è molto attivo in una campagna sull’autonomia e la decentralizzazione delle competenze a favore degli enti locali».




Damiano Tommasi, sindaco di Verona



Quant’è importante il limite dei 30 km/h? É giusto che, in merito a tale questione, i Comuni abbiano autonomia decisionale?

«Sì, assolutamente, ed è giustissimo parlare di “zone 30”. I dati lo dimostrano: ridurre la velocità è cruciale per prevenire gli incidenti, i feriti e le morti su strada. Il nostro obiettivo è quello di limitare l’utilizzo dell’auto privata, ridare spazio alla mobilità debole (pedoni, ciclisti), rendere strade e piazze luoghi più sicuri, anche a beneficio delle attività commerciali presenti nel territorio».

Ma i cittadini sono d’accordo con questa misura?
«Certo, anzi, sono loro stessi ad averci chiesto di metterla in atto. Infatti, è solo abbassando il limite di velocità che potremmo migliorare la qualità di vita degli abitanti, di tutti i quartieri, non solo quelli vicini al centro storico. E i cittadini questo lo sanno bene».

A tal fine, però, andrebbe incrementato il servizio di trasporto pubblico locale. Avete fondi sufficienti per garantirne la tenuta?
«Andrebbero fatti maggiori investimenti, da pianificare anche a livello nazionale. È una scelta, culturale prima di tutto, ma soprattutto inevitabile. Il numero medio dei nuclei familiari è sempre minore e, di conseguenza, la sostenibilità economica di un’auto è sempre più una “cosa per pochi”: questo è un problema che dovremmo iniziare a porci. Inoltre, serviranno investimenti anche per rimodernare e meglio arredare le nostre strade e piazze, i soli cartelli non bastano più».

Perché, secondo lei, il Mit ha assunto una posizione discordante e d’opposizione nei confronti del provvedimento adottato dalla giunta Lepore?
«Sinceramente non lo so, anche perché, quello di ridestinare nuovi spazi alla pedonalità, è stato proprio uno dei primi provvedimenti dell’attuale ministero. Per esempio noi, a Verona, stiamo usufruendo dei fondi stanziati dal Governo per pedonalizzare otto aree limitrofe alle scuole. E così vuole fare anche Lepore: la riduzione del limite di velocità è solo uno dei tasselli, ma l’obiettivo finale a cui si auspica è molto più complesso e profondo».

Bologna potrà essere un esempio, per far sì che tale misura venga adottata anche in altre città?
«Bologna sta insistendo molto su tale questione ma, in realtà, era un qualcosa di già esistente in molte realtà, italiane e non. Nel corso degli anni, queste misure sono state sempre più implementate, proprio su sollecitazione della cittadinanza. Comunque sì, credo che in molti seguiranno l’esempio di Lepore». 


In copertina e nel testo: Giorgio Gori e Damiano Tommasi.
Foto di Giorgio Gori concesse dall'intervistato; 
Foto di Damiano Tommasi prese da Google con Licenza Creative Commons