agcom vs meta

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Continua la battaglia legale tra gli editori, i giornalisti e i giganti del web, come Meta. Su questo argomento InCronaca ha intervistato Silvestro Ramunno, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna e Davide Bianchini, uno dei fondatori di “Quotidianionline Srl”, società che riunisce quattro testate web emiliane.

L'Italia non è il primo Paese ad aver legiferato sul tema. Tre anni fa, infatti, l’Australia ha approvato una legge che obbliga le piattaforme social a pagare gli editori per la pubblicazione dei loro contenuti online

Qui tutto è iniziato con la Direttiva europea sul copyright, recepita nel nostro Paese nel 2021, che prevede il diritto per gli editori e gli autori di ricevere un riconoscimento in denaro per i contenuti giornalistici utilizzati dai big tech. L’ Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha così steso un regolamento per attuare questa norma ma Meta, colosso che riunisce, tra gli altri, Facebook, Instagram e WhatsApp, ha fatto ricorso al Tar del Lazio, congelando il regolamento voluto dal garante. L’Autorità si è appellata a sua volta al Consiglio di Stato, chiedendo più tutele per editori e singoli autori.

«È chiaro che le piattaforme sfruttino i contenuti giornalistici web per attirare utenti e le testate, a loro volta, usino i social per generare traffico», ha commentato Silvestro Ramunno. Uno scambio che però risulta «tutto a favore delle piattaforme perché i guadagni finali che arrivano alle redazioni sono ridicoli». È della stessa opinione Davide Bianchini: «Gli editori online sono in una situazione paradossale, in una sorta di spirale: devono essere sui social perché questo genera traffico, li fa conoscere. Allo stesso tempo, essere online è per loro una spesa perché devono costantemente creare contenuti e perché per aumentare la propria visibilità devono pagare, con poco ritorno economico finale».

E ciò si aggiunge a una situazione già critica per i siti di informazione digitali: «Il grande peccato originale dell’editoria online sta nel fatto che gli italiani sono abituati a pensare l’informazione sul web come gratuita – ha continuato Bianchini. – È evidente che i siti giornalistici online puri abbiano grande difficoltà a sostenersi solo con le entrate pubblicitarie».

Anche per questo, è fondamentale che i colossi del digital non si comportino come «dei semplici notai che fanno passare qualsiasi cosa», fa notare Ramunno. Serve, quindi, «più responsabilità d’informazione», anche da parte di Meta, un fattore determinante per «una democrazia di qualità».

E sul regolamento voluto da Agcom il presidente dell’Odg regionale ha proseguito così: «I compensi che i big tech darebbero agli autori dei contenuti potrebbero rappresentare una boccata d’ossigeno, soprattutto per le testate locali e quelle online. Ma non così l’editoria giornalistica si salva». Secondo Ramunno, è necessario, infatti, uno sforzo più articolato: «Bisogna essere più attenti, più responsabili, più concentrati su quello che si scrive e lavorare alla sensibilizzazione dei cittadini al valore dell’informazione». E Bianchini ha concluso così: «Il singolo editore non ha le forze né la possibilità di chiedere un appuntamento al “signor Meta”, quindi ben venga una regolamentazione generale elaborata da Agcom, anche se, senza dubbio, abbiamo ancora molta strada da fare al riguardo».

 

Nell'immagine: il logo di Meta.

Foto: Ansa.