L'intervista

 

Alla terza settimana dopo l’inizio di Bologna 30, le polemiche non si fermano. Al corteo contro la “bassa velocità” di ieri sera, almeno cento auto hanno immobilizzato il traffico sfilando per il centro. La protesta ha avuto luogo dopo che Fdi Fi e Lega, insieme a Bologna ci piace, hanno presentato un referendum consultivo per far pronunciare i cittadini se portare avanti il progetto del limite ai 30 all’ora, esteso da Lepore al 70% del centro. Al via del referendum manca l’approvazione della Consulta dei garanti e la raccolta di 9.000 firme. Intanto, mentre le opposizioni sostengono, come dichiarato dal senatore Fdi e sostenitore del referendum Marco Lisei, «che le sanzioni sono illegittime perché il Comune non è allineato con la direttiva ministeriale», la giunta Pd attende un nuovo tavolo dell’Anci. A InCronaca abbiamo intervistato l’assessora alla mobilità Pd Valentina Orioli, che negli scorsi giorni è più volte intervenuta per criticare la direttiva di Matteo Salvini volta a smantellare Bologna 30.

 

Cosa pensa del referendum consultivo presentato lunedì scorso dalle opposizioni?

 «Lo scopo dell’iniziativa è di raccogliere contatti e di fare campagna elettorale per le Europee. Per questo i toni sono alti e la politicizzazione su città 30 è spinta. Detto questo, per essere ritenuto ammissibile, il quesito su Bologna 30 deve essere prima valutato dalla Consulta dei garanti entro un mese. Poi c’è la necessità, in tre mesi, di raccogliere 9000 firme. Ovviamente se l’iter andrà a buon fine il referendum si farà».

 

Crede che i bolognesi boccerebbero la città a 30 all’ora se si arrivasse al referendum?

 «Le proteste hanno sempre accompagnato le modifiche nel campo della mobilità, ma questo non vuol dire che poi non vengano apprezzate. Un esempio, tutto bolognese, è quello dell’introduzione dei T-days e delle aree pedonali in centro. Prima nessuno le voleva, adesso nessuno tornerebbe mai indietro. Essendo solo agli inizi di Bologna 30, quindi, credo sia normale esista una forma di perplessità nei confronti dei limiti appena introdotti. Bisogna darci tempo e abituarci, la strumentalizzazione politica però non aiuta».

 

Lei ha sostenuto che l’incitazione politica a impugnare le multe contro città 30, rappresentasse quasi un «conflitto di interessi», cosa intende?

 «Credo che chi si occupa di amministrare e governare non dovrebbe entrare nel merito dei contenziosi privati e addirittura offrire aiuto per non pagare le multe. Bisognerebbe mantenere una distinzione tra ruoli politici e professionali in una democrazia».

 

Dato il proseguimento del braccio di ferro tra il Comune e il Mit, quale potrebbe essere una via d’uscita possibile? Magari modificare il limite in qualche strada?

 «Siamo in attesa del nuovo incontro con l’Anci, nel quale sosterremo le nostre ragioni per perseguire il progetto di Bologna 30. Faremo delle modifiche se capiremo che da un punto di vista tecnico e non politico, la direttiva ministeriale lo obbliga. Intanto, continuiamo a monitorare la situazione e a raccogliere i dati per motivare le nostre scelte».

 

Foto: Comune di Bologna.