Tennis
“L’impresa eccezionale è quella di essere normale”, cantava Dalla e lo sa molto bene il doppista bolognese Simone Bolelli, 38 anni, che dopo aver conquistato la sua seconda finale in Australia fa sembrare tutto semplice. Infatti, insieme al compagno di doppio Andrea Vavassori, sono riusciti a imporsi in semifinale contro i tedeschi Yannick Hanfmann e D Koepfer per 6-3 3-6 7-6. Sabato se la vedranno contro le teste di serie numero due al mondo, Bopanna e Ebden per cercare di bissare il successo del 2015.
Ma a raccontarci di più di questa sfida è il cugino del campione bolognese, Fabio Bolelli, istruttore di tennis al circolo Sirio, dove Simone guidato dal maestro Andrea Setti ha iniziato a colpire le sue prime palline.
Ha visto la partita questa mattina?
«Onestamente non sono riuscito a vederla in diretta, perché giocavano troppo presto. Quando mi sono alzato il primo pensiero è stato quello di andare a controllare il risultato e subito dopo ho recuperato gli highlights. Mi sono emozionato nel vedere il colpo di Simone in occasione del matchpoint, un gran rovescio di quelli che lui ha dentro».
Si aspettava che Bolelli riuscisse a giocare un torneo di questo livello?
«Ho sempre pensato che nonostante gli infortuni, che hanno accompagnato tutta la sua carriera, Simone fosse più forte di ogni cosa. In Australia l’ho visto arrivare molto concentrato e determinato. Adesso è un giocatore più grande ed esperto, se prima inseguiva i posizionamenti nel ranking individuale, ora ha imparato a dosare le forze».
Quando vi siete visti l’ultima volta?
«Essendo lui spesso in giro per il mondo, capita di vederci molto di rado. È passato dal circolo Sirio qualche mese fa, perché si trovava a casa e aveva bisogno di allenarsi. Poi, a Natale prima di partire per l’Australia».
Tennisticamente parlando, Simone che giocatore è?
«Innanzitutto, mi viene in mente un tennista molto sportivo e rispettoso in campo. Dopodiché, è dotato di un indiscutibile talento che lo ha portato a raggiungere dei traguardi importanti in carriera».
Visti i risultati, sembra che il cambio di compagno non abbia fatto alcuna differenza…
«Il partner storico di Simone è sempre stato Fabio Fognini, con il quale ha proprio vinto in Australia, nel 2015. Sinceramente non glielo mai chiesto se tra di loro ci fossero stati dei dissidi, però so per certo che, per Simone, Fabio era come un fratello e si trovava molto bene con lui».
Adesso però la finale l’ha raggiunta con Vavassori.
«Ha delle notevoli doti fisiche, che rendono determinante il suo gioco a rete. Vedo che è cresciuto molto negli ultimi anni e insieme a Simone formano una coppia ben bilanciata».
Quanto sarà difficile la finale di sabato? E vista la caratura degli avversari, quante chance crede che possa avere la coppia italiana?
«A questo punto voglio essere ottimista e quindi spero che riescano a portare il titolo a casa. I loro avversari sono due veterani del doppio e nei primi posti del ranking, credo che sarà una bella sfida».
Bolelli arriva a questa finale a 38 anni e dopo aver conquistato la Coppa Davis. Crede che il suo ritiro possa essere vicino?
«Questa è una domanda a cui solo lui può rispondere. Non ho ancora avuto modo di chiederglielo, ma sicuramente non lo vedremo ancora per tanto. Spero che possa andare avanti finché il fisico lo supporterà e questo sport lo renderà felice».
Simone Bolelli. Foto Ansa