Centrosinistra

Virginio Merola foto Ansa

«Città 30 è un provvedimento che faceva parte del programma elettorale con cui Matteo Lepore è diventato sindaco di Bologna. L’intervento del ministro Salvini rischia di ridurre notevolmente la capacità di decisione delle realtà locali come per esempio i Comuni, il che è preoccupante». Con queste parole, Virginio Merola, ex sindaco di Bologna e attualmente deputato e capogruppo Pd nella Commissione Finanze, critica il comportamento del governo in merito a Città 30 e riflette sul ruolo politico che il Pd, quale principale forza di opposizione, deve ricoprire a livello nazionale. Di seguito l'intervista rilasciata a Giampiero Moscato e Aldo Balzanelli per Cantiere Bologna. 

 

Partiamo da Bologna Città 30. C’è un intervento pesante del ministro Salvini che vuole limitare il potere delle autonomie locali. Cosa ne pensa?

 

«Stiamo assistendo a ingerenze continue. Lo abbiamo visto anche nel passato quando io ero sindaco di Bologna e si doveva approvare il tram. Tentativi di interferenza sono stati fatti negli ultimi mesi ancora sul tram, come si è visto nelle prese di posizione del viceministro alle infrastrutture, Galeazzo Bignami. Questo non è accettabile, così come non è accettabile questo provvedimento del ministro Salvini a proposito di Città 30 e non è vero che riguarda tutte le strade di Bologna. Sull’obiettivo di ridurre il numero di morti in strada si sta costruendo l’ennesima campagna elettorale. Molte altre città, in particolare in Europa, hanno attuato questo cambiamento e in Italia alcune città guidate dal centrodestra hanno realizzato Città 30. Trovo davvero molto preoccupante questo atteggiamento».

 

Lei ha approvato i Tdays e si sono scatenate le polemiche. Lepore attua Città 30 e si invoca il referendum. Perché questa città resiste così tanto al cambiamento? 

 

«Perché Bologna è una città che da sempre ama discutere e vuole essere ascoltata. Ma l'opposizione non converge mai su proprie proposte. Si comportassero come una minoranza che fa delle proposte. L’idea dei Tdays, su cui c’è stata una polemica molto forte quando ero sindaco, è emblematica. Il primo anno ci fu un’opposizione molto accesa e adesso è un fatto accettato da tutti. Nel caso di Città 30 si tratta di un cambiamento che può portare del bene alla città. Lo sappiamo tutti che uno dei grandi problemi delle città metropolitane è il numero delle vittime degli incidenti stradali e su un tema simile, anziché fare campagna elettorale e proporre referendum, sarebbe importante un atteggiamento di convergenza da parte delle opposizioni. Salvini farebbe bene a occuparsi di quel "disperato" che distrugge gli autovelox in giro per il Veneto.

Aggiungo, anche se sembra ovvio, che la libertà senza regole non è libertà, è caos». 

 

Sono molti i temi oltre a Città 30 e ai Tdays, che riguardano la sicurezza delle persone. Lei è stato sindaco nel momento in cui c’era già il monitoraggio sulla Garisenda. Cosa è successo veramente? 

 

«Abbiamo sempre fatto in questi anni quello che ci hanno detto i tecnici. Niente di più. Sui filobus nessuna relazione ci ha mai detto che il loro passaggio era un problema per la Garisenda. Purtroppo la Garisenda soffre della sua antichità. Questo è il problema. Nel caso di cambiamenti come i Tdays, noi abbiamo preso questa decisione per andare avanti con le pedonalizzazioni, ma lo abbiamo fatto progressivamente, con cautela, perché all’inizio non eravamo certi dell’approvazione del tram. Mi permetto di aggiungere che su questi temi i sindaci delle città metropolitane andrebbero aiutati e non attaccati politicamente. Al di là di quello che si dice, il grande bluff è che non ci sono soldi per le province e i sindaci delle città metropolitane. Occorre un nuovo patto per la città metropolitana. Se oggi voglio fare un piano del traffico metropolitano ho bisogno di poteri per farlo a livello di realtà metropolitana in modo da influire sull’ambiente, sulle infrastrutture e questo con un tavolo con tutte le realtà sociali interessate, a cominciare dalle imprese». 

 

 

Parliamo adesso di un altro problema: l’autonomia differenziata. Anche da sinistra si è premuto per questo cambiamento, pensiamo per esempio alla posizione del presidente della Regione, Stefano Bonaccini. Mi sembra però che il ddl sull’autonomia differenziata miri a un’altra direzione. Cosa ne pensa? 

 

«L’idea di Bonaccini è totalmente diversa rispetto a quella di autonomia che è passata. Un conto è dare più poteri alle regioni su alcune materie, un altro invece è dire che possono fare come vogliono su tutto. Abbiamo venti regioni e in particolare quelle del sud che sono molto lontane rispetto a ciò che è stato fatto al nord. Con questo tipo di autonomia differenziata c’è il rischio di secessione e di accentuare le disparità tra le varie realtà del Paese. Ci dividiamo in venti staterelli, mentre il nostro vero obiettivo è essere europei e cedere una parte di sovranità all’Europa. Devo dire che tutti questi dibattiti sul federalismo in Italia cari alla Lega hanno portato a ciò che vediamo oggi e cioè al fatto che i comuni italiani non hanno più autonomia finanziaria e non hanno entrate proprie. Se il centrodestra non prenderà una bella sconfitta alle prossime Europee, dovremo prepararci a coinvolgere i cittadini con attraverso un referendum abrogativo».

 

A proposito del suo partito, alla fine delle Primarie, grazie al voto dei non iscritti, ha vinto Elly Schlein. Com’è lo stato di salute del Pd?

 

«Io intanto ho coniato un nuovo modo per chiamare il Pd, cioè Pazienza democratica. Il nostro ruolo è quello di tenere i nervi saldi, come ci è riuscito quando si è votato sul salario minimo. È molto importante tenere unite le opposizioni. Noi parlamentari Pd lavoriamo davvero in sintonia. È importante parlare dei problemi concreti e non di problemi interni. Abbiamo un 2024 molto complicato e, di fronte a un problema come il possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca, abbiamo bisogno di rafforzare l’Europa. Quello che indebolisce il Pd è parlarne sui giornali senza parlare della segretaria. Mi preoccupano quelli che, magari anche tra chi l’ha votata, pensano già a sostituirla. Di segretari ne abbiamo avuti tanti. Non ho nessuna intenzione di partecipare a questo giochino. Abbiamo bisogno di unità. Non voglio che il Pd diventi "Pettegolezzo democratico"». 

 

Lei, oltre a essere deputato è anche capogruppo Pd nella Commissione finanze. Cosa ci può dire dell'attuale riforma del fisco? 

 

«Alla fine ciò che emerge purtroppo è che a pagare le tasse sono sempre e solo quelli che le pagano regolarmente, cioè in particolare i lavoratori dipendenti e i pensionati. Dall'altra parte, sono già stati fatti più di dieci condoni per chi evade, il che è scandaloso, così come è vergognoso il concordato. Siamo al punto in cui si sancisce che conviene evadere e il fisco così trattato è il pane delle ingiustizie di oggi. Ci sono sempre più misure per incentivare a pagare meno tasse e a contribuire sempre meno ai servizi necessari per il buon funzionamento del Paese.

A proposito dell’idea di nazione di cui si parla tanto, con queste politiche si sta costruendo la nazione dei furbi che rafforza le corporazioni e incentiva l’evasione fiscale».

 

Com’è la sua esperienza da parlamentare finora? 

 

«Avendo fatto il sindaco, è sicuramente un altro mondo. Qui  non ci si occupa in modo concreto delle politiche necessarie per amministrare una città. Qui si votano leggi. Il parlamento ormai è impoverito dei propri poteri. Si sta riducendo molto la possibilità di dibattito  e questo lo si vede chiaramente. Si sta svilendo il ruolo del parlamento, lo si sta assoggettando ai diktat del governo e questo sta già accadendo adesso, in un periodo in cui non c’è ancora il premierato. Per me fare il parlamentare è un privilegio e un onore però teniamo conto di questi grandi problemi». 

 

Facciamo una piccola previsione. Secondo Lei questa maggioranza arriva in fondo alla legislatura? 

 

«Credo e spero di no. Sono molto più bravi di noi a mettersi insieme quando si deve vincere le elezioni, ma quando si tratta di governare ecco che le divisioni emergono. Molto probabilmente i problemi saranno ancora più evidenti quando alle prossime Europee la Lega di Salvini registrerà un ulteriore calo di voti rispetto al principale partito dell’attuale maggioranza. Io comunque non resterei in attesa. Ciò che invece propongo è mettere a disposizione ogni energia per la costruzione di un’opposizione forte, determinata e compatta».

 

Nell'immagine, Virginio Merola. Foto Ansa