LIBRO
My father’s house shines hard and alone shining ‘cross this dark highway where our sins lie unatoned. Potrebbe iniziare così “Giù nella valle”, l’ultimo romanzo di Paolo Cognetti, con un verso di “My Father’s house” di Bruce Springsteen. Un desiderio, un padre e una casa. Due fratelli, Alfredo e Luigi, e due soggettività che hanno in comune la provenienza, la Valsesia, la discendenza, e la tendenza ad affogare i dispiaceri nell’alcol (come il padre). Diversità, le loro, simboleggiate dai due alberi piantati nel giardino di famiglia dal padre, alla loro nascita: un abete per Alfredo e un larice per Luigi. Entrambi conifere, con gli aghi, ma mentre l’abete li mantiene tutto l’anno, il larice li perde con l’arrivo dell’autunno. Così i due uomini sono fratelli, ma Alfredo è impulsivo, capace di lasciare la famiglia per trasferirsi in Canada e sfuggire alle responsabilità, e Luigi è prudente, paziente, mette su famiglia con Elisabetta e resta accanto al padre fino al suo suicidio. È la sua morte, e la divisione dell’eredità, che li spingerà a riavvicinarsi. Sarà il destino della casa d’infanzia a rivelare chi sono e, per dirla come Springsteen, where are their sins. Non inizia così, ma finisce. E poi la denuncia velata della devastazione del paesaggio alpino da parte dell’uomo che Cognetti fa usando immagini di una natura sofferente.
Questo articolo è già stato pubblicato nel numero 14 di Quindici, il bisettimanale di InCronaca, in data 18 gennaio 2024.
Nell'immagine la copertina del libro.