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«L’uomo che il calcio italiano non produsse mai. Il più coraggioso che io ricordi, capace di segnare a 120 all’ora». In questa maniera, il grande giornalista Gianni Brera tratteggiava colui che egli stesso ribattezzò come “Rombo di Tuono”, il campione che riuscì a consegnare lo storico scudetto al Cagliari e che per poco non finì col vestire un’altra maglia rossoblù, quella del Bologna. Figlio di un calcio che non esiste più, Riva interpretò il ruolo del centravanti moderno, capace di far grande anche l'Italia. Un attaccante intelligente, potente, dotato di un mancino devastante.
Nato e cresciuto a Leggiuno, in provincia di Varese, il 7 novembre 1944, Riva dovette fare subito i conti con le conseguenze del dopoguerra e le relative difficoltà economiche. Ma la passione per il calcio lo spinse a esordire giovanissimo nel Legnano, squadra che all’epoca militava in serie C.
Come già detto, si tratta di un altro calcio dove, per economizzare i costi dei viaggi, il Cagliari giocava due partite in casa e due in trasferta e quando si trovava sullo “Stivale”, faceva base proprio a Legnano. Così tra le nebbie lombarde, il tecnico Arturo Silvestri ed il vicepresidente Andrea Arrica del Casteddu, il nomignolo con cui viene affettuosamente chiamato il Cagliari, scoprirono il giovane Riva. Fu amore a prima vista che, dopo una veloce fase di corteggiamento, si chiuse nel febbraio del 1963 con l’acquisto per 37 milioni di lire. Una storia che per un attimo rischiò di cambiare strada, pur mantenendo gli stessi colori. Infatti, dopo il primo tempo di un incontro Italia-Spagna Juniores del marzo 1963, il presidente del Bologna Renato Dall’Ara rimase talmente tanto folgorato, da questo giovane talento lombardo, che si spinse a offrire 50 milioni per strappare Riva dalle mani del Cagliari. Ma ancora una volta venne in soccorso quel calcio romantico, dove la parola data era più forte del denaro ed equivaleva alla firma di un contratto. Così Riva prese la via della Sardegna, dove nella stagione 63-64 farà il suo esordio con il Cagliari, la squadra con il quale si legherà a vita, segnando 208 gol in 378 presenze.
Non solo la delusione per l’affare saltato. Infatti, il Bologna sarà la prima squadra a cui segnerà una tripletta, il 2 ottobre 1966, e diverrà negli anni anche una tra le vittime preferite di Rombo di Tuono, che con nove gol resta il migliore marcatore nelle sfide tra i sardi e i felsinei.
Un vero e proprio “Dio greco in short”, così come cantava Raffaella Carrà, capace di trascinare prima la nazionale italiana alla vittoria dell'europeo del '68 e, poco dopo la Sardegna, a quello storico scudetto del 69-70. Nel '70 sfiorò il titolo mondiale, con la Nazionale battuta solo dal Brasile ma dopo aver vinto la partita del secolo, Italia-Germania 4-3, in cui un suo sinistro perfido valse il terzo gol azzurro. Un successo che va ben oltre le ragioni sportive, ma che ha soprattutto una forte valenza di riscatto sociale. Scriveva sempre Brera che Riva «ha avuto negli occhi dei sardi il merito di interpretare un importante ruolo di liberazione da una storia matrigna». Una sorta di deus ex machina più forte delle difficoltà, capace di restituire dignità a una terra depressa e che per questo motivo lo legherà a Cagliari per tutta la vita. Una terra che non riuscirà mai più ad abbandonare e dove ieri si è spento a causa di un infarto all’età di 79 anni.
Gigi Riva. Foto Ansa.