vertenze
«Siamo qui oggi a fare un presidio e abbiamo indetto quattro giorni di sciopero contro la decisione di Bomob di non applicare gli accordi aziendali, contenuti nella “clausola sociale” del bando sosta, riguardo il premio di risultato»: così esordisce in mezzo alle bandiere della manifestazione Max Colonna, segretario regionale di Uil trasporti, che insieme alle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Faisa, Ugl e Usb/Lp è sceso in piazza per lo sciopero che, dall'1 al 4 marzo, vede coinvolto tutto il personale dell’azienda Bomob-Engie, società di 130 dipendenti che dal novembre 2021 sostituisce Tper nella gestione del piano sosta del Comune.
Sono una sessantina i manifestanti di fronte a Palazzo d’Accursio che, con enfasi, denunciano tanto le inadempienze retributive e normative di Bomob-Engie, quanto la mancanza di intervento da parte del Comune di Bologna e di Srm (Reti e Mobilità Srl), che avrebbe dovuto tutelarli, controllando l’operato della società. A oggi, secondo le parole di Daniele Galletti, della Faisa Cisal Bologna, l’adesione dei dipendenti di Bomob allo sciopero è totale. Le motivazioni principali della contestazione, spiega Andrea Matteuzzi, segretario generale della Filt-Cgil di Bologna, consistono nella mancata erogazione ai dipendenti di quote retributive, che ammontano a varie centinaia di euro, e nel non rispetto della clausola di salvaguardia sociale che, sottoscritta tra l’amministrazione comunale e i sindacati, «avrebbe dovuto garantire la tutela degli accordi attivi durante la gestione di Tper: i lavoratori risultano quindi legittimati a mettere in discussione la gestione aziendale di Bomob e a richiedere di indire un nuovo bando e tornare a gara in tempi brevi», dice Matteuzzi .
«Ciò che avevamo come lavoratori l’abbiamo tragicamente perso per decisione unilaterale dell’azienda, che ha dimostrato la sua incapacità di gestire la sosta: la risposta del Comune deve essere celere e arrivare prima che l’esperienza Bomob termini, ad agosto 2024, non cadendo nel silenzio», sostiene Manuela De Carli, del Fit-Cisl Bologna, in linea con le parole di Matteuzzi. Anche le dichiarazioni di Galletti contribuiscono a mettere in luce l’inottemperanza di Bomob su vari livelli: «Bomob si è rifiutata di pagare le quote afferenti ai contratti di secondo livello e i dipendenti si sono trovati con una busta paga impoverita sia lo scorso ottobre che questo febbraio». Inoltre, fa notare Galletti, gli innumerevoli tentativi di dialogo con l’azienda, gestita dalla multinazionale francese Engie e pensata ad hoc per amministrare il traffico bolognese, sono stati inutili: molto più di quanto non facesse Tper, infatti, «Bomob non rispetta nel concreto le promesse e gli accordi che prende per iscritto», dice Galletti. A risentirne, poi, non sono solo gli stipendi dei dipendenti Bomob: Matteuzzi ricorda, infatti, che l’introito delle risorse derivanti dalla sosta sono un bene della collettività e che la cittadinanza bolognese risulta altrettanto danneggiata dalla trascuratezza amministrativa di Bomob. Lamenta le stesse problematiche il capogruppo consiliare di Fdi, Stefano Cavadegna, che, in mezzo ai manifestanti, esprime il sostegno del suo partito per la causa dei lavoratori danneggiati dall’operato di Bomob.
Anche Federica Mazzoni, consigliera comunale Pd, dichiara il supporto del governo nei confronti dei lavoratori e la volontà di trovare delle soluzioni che ripristino la funzionalità della gestione della sosta e sostengano il ruolo dei sindacati: «L’amministrazione comunale è impegnata a trovare il modo migliore per coordinare i corpi intermedi, la qualità dei servizi e le esigenze legittime dei lavoratori».