Polonia al voto

La Polonia sanzionata dall’Unione europea e alle prese con l’immigrazione ucraina, domenica va al voto.

Nell’ottobre 2021 la Polonia viene condannata dalla Corte di Lussemburgo al pagamento di un milione di euro al giorno da versare alla Ue. Il motivo attiene alle recenti riforme della giustizia varate dalla nuova maggioranza: sezioni disciplinari politicizzate, compromesse dalle interferenze del governo e rimozione dei giudici ritenuti incompatibili con gli indirizzi del partito.

Ma si tratta solo di una delle tante sentenze di condanna ricevute da Varsavia negli ultimi otto anni. Da quando cioè, per la seconda volta, il partito nazional conservatore e ultracattolico Diritto e Giustizia (PiS) è salito al potere nel 2015 e ha minato le radici democratiche, ha sminuito le garanzie offerte dallo Stato di diritto e ha assoggettato la magistratura polacca e i media.

Fra tre giorni 29 milioni di cittadini decideranno se confermare, per un terzo mandato, la maggioranza di governo del premier Mateusz Morawiecki e legittimare il protrarsi del braccio di ferro con le istituzioni europee. Che dallo scoppio della guerra in Ucraina sono state costrette gioco forza a rimodulare i toni con Varsavia, nell’interesse di milioni di rifugiati in fuga da Kiev. Secondo i sondaggi di Politico il partito Diritto e Giustizia, dell’ex premier e leader de facto Jarosław Kaczyński, tiene con il 36% dei consensi. A seguire Piattaforma Civica con il 30%, guidata dall’ex premier ed ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Una coalizione europeista di centrodestra, negli ultimi mesi aperta a promesse attraenti anche per l’area progressista, tra cui l’accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana e il matrimonio alle coppie omosessuali. Seguono, attestandosi al 10%, Lewica – l’unica forza di centrosinistra – e Third Party, una coalizione nata come soluzione alternativa a Diritto e Giustizia e a Piattaforma civica. Da ultima, secondo i sondaggi, a superare la soglia di sbarramento dell’8% per l’ingresso al Sejm, la Camera bassa polacca, è la Confederazione per la libertà e l’indipendenza con il 9%. Partito di estrema destra determinante nella reticenza agli aiuti all’Ucraina mostrata negli ultimi mesi da Varsavia.

Ad accompagnare la tornata elettorale saranno anche quattro referendum, battaglie identitarie del PiS, centrate sul ricollocamento degli immigrati e sul muro tra Polonia e Bielorussia. A rimanere sul banco però rimangono l’antieuropeismo e la sicurezza nazionale, rivendicati da Morawiecki anche negli ultimi giorni. Ma segnate profondamente dalle batoste subite nell’ultimo periodo: prima lo scandalo dei funzionari pubblici accusati di incassare mazzette per i visti agli immigrati, e poi le dimissioni di due generali del ministero della Difesa in aperta polemica col ministro Mariusz Baszczak. L’apice di una tensione sociale accumulata sulle spalle del governo, che, tuttavia, consapevole del proprio ruolo chiave sull’asse Nato, qualora venisse confermato, rafforzerebbe con l’Ungheria e la Slovacchia la messa in discussione dell’appoggio politico e militare a Kiev.

A contribuire a una possibile vittoria dell’opposizione, composta da Piattaforma civica, Lewica e Third Way (secondi i sondaggi al 50% complessivo), sono battaglie come quella dell’aborto, che potrebbero convincere gli indecisi – il 45% – e ricevere il sostegno degli oltre 600mila elettori della diaspora polacca, registrati negli ultimi mesi, spinti dalla mobilitazione popolare del paese andata virale anche sui social. E dalla campagna “Donne alle urne!” promossa tra le altre dall’attivista Katarzyna Rozenfeld, un tentativo di superare la sfiducia generalizzata del voto politico nel paese, soprattutto per le donne, demotivate a partecipare alla vita politica dai continui attacchi degli ultranazionalisti.

 

 

Nella foto il premier polacco Mateusz Morawiecki e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen 

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