ArtCity

Mostri. noi, gli altri, sè stesso

L’istallazione di arte contemporanea Mostri: noi, gli altri, sé stesso di Monica Cuoghi e Claudio Corsello e il restauro dell’Ercole a riposo ad opera di Camillo Tarozzi sono state le iniziative protagoniste della conferenza stampa di questa mattina in Aula Carducci. Giuliana Benvenuti, direttrice del Centro internazionale di studi umanistici "Umberto Eco” si è detta entusiasta per l’apertura della nuova stagione. «È un momento di grande apertura – ha sostenuto – il nostro desiderio è quello di rendere vivo l’immenso patrimonio culturale di cui gode Bologna e soprattutto l’Università». Dall’arte contemporanea, al restauro di un’opera antica; due iniziative all’apparenza molto distanti che però si incontrano nel tentativo di dar vita alle ricchezze culturali bolognesi, percorrendo la strada opposta a quella della museificazione del patrimonio culturale.

 

Sarà, infatti, quello di Tarozzi, un restauro anomalo; lo stesso restauratore ha spiegato di voler trasformare quest’esperienza in un «vero e proprio caso di studio». Infatti, da marzo il cantiere sarà aperto e chiunque potrà interagire incontrando i restauratori. «Mi piace l’idea che non ci sia una discussione post, ma durante la fase di realizzazione per entrare il più possibile all’interno dell’opera. Non ci interessa farla bellina – ha aggiunto – lo scopo, piuttosto, è quello di esaltare la vita che anima la statua. Una vita di disfacimento che si manifesta nella distruzione stessa della propria pelle e delle sue parti».

 

Un concetto molto contemporaneo, che si lega a quello che ha accompagnato tutto il percorso dei due street artists. L’installazione Mostri. Noi, gli altri, sé stesso è nata, infatti, dall’esigenza di sostituire le tende della torre astronomica della Specola, rovinate dal tempo. Si è scelto, però, di farle rivivere attraverso quest’istallazione, che si inserisce all’interno del festival ArtCity. «Parte del nostro lavoro si pone lo scopo di ridare vita alle cose che troviamo nell’immondizia. Il rapporto che abbiamo con gli oggetti che vengono buttati per noi è molto forte, per questo è stato un grande piacere accettare questa proposta», ha affermato Monica Cuoghi.

 

Un altro filo conduttore che ha guidato i due artisti è rappresentato dalle stelle; quelle che si osservavano proprio dalla torre della Specola, e che costituiscono uno dei soggetti principali dell’installazione. Le tende, infatti, attraverso un gioco di incastri, sono posizionate con lo scopo di creare un ambiente a forma di stella. Esso acquisisce, però, una sembianza un po’ mostruosa, per via delle diverse dimensioni dei brandelli di stoffa, che non hanno permesso di creare un’immagine speculare. Niente di più auspicabile per i due artisti che, in questo modo, sono riusciti a inserire perfettamente il tema della mostruosità nella loro opera; leitmotiv anche in ArtCity attraverso il recupero dei “mostrini” di Aldrovandi che guidano il percorso degli spettatori e delle spettatrici. «Tutto quello che viene dalla fantasia, che mette in discussione ciò che è scontato ci permette di prendere in considerazione un’altra intelligenza e ci accompagna, dunque, verso una nuova conoscenza», ha spiegato sempre l’artista.

 

Inoltre, le tende, su cui sono rappresentati questi mostri, sono state invertite rispetto al precedente utilizzo. Il lato che guardava fuori ora è rivolto all’interno dell’ambiente costruito attraverso l’utilizzo delle tende stesse. Questo crea una dimensione quasi paradossale: «È come se nello spazio delimitato dalle tende ci fosse il mondo esterno, raggiungibile attraverso la stella creata dall’intreccio dei brandelli di stoffa, che ti guida verso l’inconosciuto. Viceversa, all’esterno, c’è il mondo degli uomini, che crea i mostri rappresentati sui sulle tende».

 

 

Nella foto: l'istallazione "Mostri. Noi, gli altri, sé stesso" (Sofia Centioni)