Migranti

Dopo dieci anni dalla strage di Lampedusa, nella quale quasi settecento migranti persero la vita in mare, a Bologna si accendono le polemiche contro la possibilità di aprire un Cpr, previsto dal governo per ogni regione.

Secondo gli attivisti di Mediterranea - che hanno promosso venerdì scorso un presidio davanti alla regione, seguito da un’assemblea pubblica davanti al Cas di Via Mattei il giorno dopo - aprire un Cpr in Emilia Romagna rappresenta un’azione illegale, destinata a alimentare il vortice di morti e violenze nei confronti dei migranti. «Basta lager di Stato» è lo slogan più ricorrente delle manifestazioni, volto a denunciare come anticostituzionale la possibilità di detenzione fino a 18 mesi dei richiedenti asilo senza documenti nei Cpr. La parola lager richiama le strutture di reclusione libiche, nelle quali i rifugiati vengono sottoposti a trattamenti disumani. «ll Cpr costituisce il compimento dell’ideologia della destra suprematista al governo che, se non può utilizzare la manodopera dei migranti a basso costo, li tratta come clandestini da rispedire a casa», spiega Damiano, attivista del centro sociale Tpo, che ha aderito alle iniziative di Mediterranea. Con il decreto Cutro dello scorso marzo e il successivo potenziamento dei Cpr nel sistema dell’accoglienza italiana, i percorsi educativi di sostegno psicologico e sanitario sono stati notevolmente ridimensionati. «La conseguenza, come affermato da Damiano, è la creazione di centri enormi, che diventano strutture detentive sovraffollate piuttosto che luoghi di accoglienza diffusi su un territorio in modo razionale». A vivere in condizioni di sovraffollamento ci sono i migranti del Cas di via Mattei che, al momento, ospita al suo interno 800 persone, il doppio di quelle che potrebbe accogliere. «Le persone qui arrivano e sono disorientate, non parlano la lingua, c’è parecchio caos, non molto diverso rispetto a Lampedusa», afferma Moussa Molla, mediatore culturale che svolge delle prestazioni occasionali al Cas di via Mattei. Il rischio, racconta, è che non conoscendo le leggi e le consuetudini italiane, nonché le norme che regolano la convivenza nel Cas, si spaventino e scappino ancora prima di iniziare un percorso di mediazione linguistica. Per allargare l’orizzonte della protesta, è previsto un nuovo corteo il 14 ottobre: da piazza xx settembre al Cas in via Mattei, per opporsi a una gestione della migrazione basata sull’unico strumento della detenzione e del rimpatrio.

 

Foto di Gabriele Mento