Manifestazione

Pochi gli avventori del Crescentone che osservano al mattino Katia Graziosi, 76enne presidente dall’Udi (Unione donne in Italia) di Bologna, mentre sistema le mimose sul banchetto, proprio sotto i cartelli di Palazzo d’Accursio con le scritte “Verità per Giulio Regeni”, “Libertà per le donne iraniane”, “Libertà per Patrick Zaki”. «Questo mondo ha bisogno di donne. Le parole-chiave di questo 8 marzo sono ‘La guerra non ci dà pace’. Con la guerra si perde tutto, tutto quello che di positivo hanno costruito anche le donne», ci dice Graziosi. Per lei, fondamentali alla libertà della donna sono il contrasto deciso alla violenza, il lavoro - latore di autonomia - e l’educazione. 

Attorno alle 09,30 vengono montati i gazebo. Il primo striscione recita in nero “Amore e Rabbia”, firmato “Non una di meno”. Dopo le 10 la piazza si tinge del rosa dei fazzoletti dei militanti e diventa centro delle rivendicazioni dello sciopero trans-femminista. Paola di “Non una di meno” spiega: «Vogliamo ribellarci contro la violenza patriarcale, che attraversa tutti gli ambiti delle nostre vite». Nel mirino ci sono la violenza domestica, le molestie sul lavoro, lo sfruttamento e la violenza economica ma condanna, con fermezza, anche qualsiasi tipo di discriminazione, della guerra, e “delle politiche che stanno rinforzando le gerarchie patriarcali, di classe e di razza”. «Quest’anno lo sciopero è ancora più urgente perché le nostre condizioni di vita di donne e di persone Lgbtqia+ sono drasticamente peggiorate; pesano inflazione e caro vita che «stanno colpendo pesantemente le nostre possibilità di uscire dalla violenza, di essere autonome e autodeterminarci», aggiunge Paola. «Lottiamo in tutto il mondo perché la lotta femminista è una lotta globale. Non solo Iran, Ucraina e Palestina ma vicinanza e solidarietà anche alle donne russe, che resistono all’autoritarismo di Putin e alla sua guerra, alle donne polacche, che vedono il diritto all’aborto negato, e degli Stati Uniti, dove invece è stato fortemente attaccato nell’ultimo anno, alle donne turche, che si stanno confrontando con le politiche omicide del governo, e a quelle del Kurdistan».

Il lato più internazionalista della manifestazione è rappresentato anche dagli interventi pronunciati nel corso della mattinata. Un'attivista prende la parola nel nome di “Donna, vita e libertà”. «Chiediamo fortemente all’Italia e all’Unione Europea di stare dalla parte del popolo e aggiungere il nome del corpo delle guardie della rivoluzione islamica, Irgc, nella lista nera dei terroristi. Altrimenti metterete in discussione i valori e i concetti basati su uguaglianza, sorellanza, fratellanza, solidarietà, umanità e parità - e continua - Chiediamo fortemente a voi, che siete in piazza, di non lasciare solo il popolo iraniano. Fin dall’inizio il grido di “Donna, vita, libertà” che arriva dall’Iran è stato il grido di libertà di un popolo agli altri popoli». Seguono il discorso delle femministe cinesi e le testimonianze, lette da alcune militanti, di donne e ragazze ucraine rimaste a resistere contro l’invasione russa.

Il corteo, partito nel pomeriggio, raggiungerà Piazza Maggiore attorno alle 21. 

 

Foto: Marco Ciccimarra