Liberazione

Luca Alessandrini

«In realtà il 25 aprile non è affatto una festa divisiva perché non c’è nulla da dividere». Così Luca Alessandrini, 66 anni, storico, dal 1992 al 2020 direttore dell’Istituto Storico Parri Emilia-Romagna e dal 2016 presidente dell’associazione Salviamo la Costituzione espone le sue opinioni in merito alla nostalgia del fascismo nell’Italia di oggi.  

 

Ieri era il 25 aprile, la Festa della Liberazione dal nazifascismo, una giornata che dovrebbe rappresentare tutti gli Italiani, ma che spesso viene percepita come divisiva, soprattutto da parte di chi è ancora nostalgico del fascismo. Lei che ne pensa?

 

«In realtà non c’è nulla da dividere. Il problema è che c’è tuttora una piccola parte della politica che ha un consenso piuttosto alto e che polemizza con la Resistenza. Anche in questo caso però occorre fare una precisazione: dobbiamo distinguere il partito dal suo elettorato, visto che per esempio non tutti condividono l’avversione nei confronti dell’antifascismo. Ciò che avvantaggia alcuni partiti politici di destra è il fatto che alcuni ritengano che il fascismo italiano tutto sommato fosse meno grave degli altri fascismi europei, il che è assolutamente falso. Il fascismo italiano è storicamente il genitore di tutti gli altri fascismi (spagnolo, portoghese, ecc) e fu il primo a elaborare un progetto di totalitarismo, che venne poi definito “imperfetto” e che era solo parziale, visto che il fascismo italiano aveva conservato alcune realtà preesistenti come la Chiesa di Roma e la monarchia. Ciò che dobbiamo ricordare in particolare, quando parliamo del fascismo italiano, è la definizione di “Stato totalitario” contenuta nell’Enciclopedia Treccani degli anni Trenta».

 

Lei parla di polemiche con la Resistenza o con il 25 aprile. Non sono mancate neanche quest’anno. Ci sono stati ieri dei comportamenti che hanno fatto discutere, come per esempio l’omaggio del presidente del Senato La Russa alla tomba di Jan Palach il Giorno della Liberazione. 

 

«Guardi, la visita del Presidente La Russa alla tomba di Jan Palach dimostra scarsa cultura da un punto di vista storico. Jan Palach, che viene ricordato come il simbolo dell’opposizione cecoslovacca alla dittatura sovietica, diversamente da quanto si racconta, non era affatto di destra. Anzi, le dirò di più: se analizziamo i contrasti tra i Paesi dell’est europeo e l’Urss, noteremmo che, soprattutto fino agli anni Settanta, erano tutti tentativi di affermare un’idea alternativa di comunismo o di socialismo, quindi erano tutte opposizioni di sinistra. Pensiamo per esempio a Alexander Dubcek che proponeva un altro modello di socialismo, o a Vàclav Havel, il quale rappresentava un dissenso liberaldemocratico, non di destra».

 

Questo comportamento fa parte di una strategia politica che la destra italiana sta attuando da molto tempo. Da dove nasce questa avversione nei confronti dell’antifascismo? E come si è formata storicamente questa nostalgia? 

 

«Io non userei oggi il termine “nostalgia”. La nostalgia è un sentimento che provavano una volta coloro che erano stati fascisti o repubblichini prima della fine della seconda guerra mondiale. Oggi, per la maggior parte, quelle persone sono morte e chi non lo è, è molto avanti negli anni, quindi stiamo parlando di una minima parte di popolazione. Quello che invece è tangibile oggi è una specie di anti-antifascismo. Questo è il termine che userei. Non a caso, quella di Fratelli d’Italia non è una propaganda fascista, bensì contraria all’antifascismo.

Per quanto riguarda la nascita di una distanza politica nei confronti di chi aveva fatto la Resistenza, bisogna fare un salto indietro nel tempo. Nell’immediato dopoguerra, l’Italia era libera dal nazifascismo, ma l’ideologia ebbe modo di sopravvivere o, quantomeno, di non sparire del tutto grazie a due fattori: da un lato una parte di fascisti del regime precedente come Almirante era rimasta fascista (anche se nell’Italia repubblicana un politico come Almirante non si era mai dichiarato apertamente “fascista”); dall’altro una parte consistente del Paese, in particolare il Sud Italia, non si era schierata politicamente ed era rimasta fuori dalla guerra. E quella fu un’ottima base per costruire un "anti-antifascismo"».   

 

Lei ritiene inappropriato parlare di nostalgia. Come definirebbe allora la linea politica dell'attuale governo?

 

«Quella di Fratelli d’Italia è una destra molto conservatrice e reazionaria, troppo a destra rispetto a quanto stabilito dalla Costituzione. Oggi gli esponenti di Fratelli d’Italia sono più almirantiani che “fascisti”. Fratelli d’Italia sa che esiste nel Paese "una sub-cultura anti-antifascista" e, per scopi elettorali, vuole fare leva su questa sub-cultura. Un passo avanti sarebbe sia per le forze di maggioranza sia per le opposizioni mettere in atto politiche in linea con la nostra Costituzione, che, ricordiamolo, è una Costituzione antifascista». 

 

Nell'immagine, Luca Alessandrini - Foto di Lavinia Sdoga