Terrorismo

Il 19 marzo del 2002 il professore Marco Biagi muore sotto i colpi delle ricostituite Br-Pcc (Brigate Rosse – Partico Comunista Combattente). Il secondo governo Berlusconi e i sindacati si stanno confrontando duramente. Sul tavolo c’è una riforma del mercato del lavoro contestatissima da Sinistra e dalle organizzazioni dei lavoratori. Sono passati quasi tre anni da quando le Br-Pcc, sotto la guida di Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, hanno ucciso il giuslavorista Massimo D’Antona a Roma il 20 magio 1999. Meno di due da quando il 6 luglio 2000 due ordigni vengono rinvenuti inesplosi alla sede provinciale Cisl a Milano. Dietro l’azione c’è la stessa regia ma una sigla diversa, Npr (Nucleo Proletario Rivoluzionario). Nella rivendicazione vengono attaccati duramente il segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati, e il Patto di Milano. Il giuslavorista Marco Biagi, che aveva lavorato alla stesura dell’accordo, viene messo sotto scorta.

Nell’estate del 2001 i brigatisti individuano come obiettivo Biagi. In quel periodo viene pubblicata una bozza del Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, “manifesto” della relativa riforma nell’agenda dell’esecutivo Berlusconi. Il sottosegretario al Lavoro, Maurizio Sacconi, aveva selezionato come consulente Biagi, con cui coordina la stesura del documento. In particolare, la volontà del governo di abolire l’articolo 18 anima un accesissimo braccio di ferro con i sindacati.

Dall’estate 2001 fino al giorno della sua morte Biagi è stato più volte minacciato telefonicamente. L’indagine aperta dalle autorità viene archiviata con scarsi risultati. Tuttavia, il giuslavorista non gode più dei servizi di tutela a Bologna e Modena ma solo per gli spostamenti a Roma e Milano. Una circolare del ministero dell’Interno, guidato da Claudio Scajola, del 15 settembre 2001 impone un taglio del personale delle scorte per non meno del 30%. Il 19 marzo 2002 il professore sta rincasando dall’Università di Modena, dove insegna. Per via di un ritardo sale sul treno delle 19.12 e non delle 19.00. La macchina brigatista è già attiva. Cinzia Banelli alle 19.41 attiva la scheda telefonica poi utilizzata per creare la casella di posta elettronica per l’invio della rivendicazione. Diana Blefari Melazzi attende l’arrivo del professore alla stazione di Bologna poco lontano da dove è parcheggiata la sua bicicletta. Dal momento in cui Biagi sale in sella e inizia a pedalare verso casa, Melazzi lo segue in bici, scandendo i minuti ai brigatisti in ascolto tramite ricetrasmittente. In questo modo il commando composto da Roberto Morandi e Mario Galesi, in attesa in via Irnerio, ha il tempo di cambiarsi la giacca e di dirigersi in sella a un ciclomotore Geo verde sulla scena dell’omicidio. Banelli si posiziona in piazza San Martino mentre Nadia Desdemona Lioce verso via del Carro. Entrambe, insieme a Melazzi, si occupano di vigilare sui movimenti della vittima e di verificare la presenza di forze dell’ordine. Quando il giuslavorista arriva in via Valdonica alle 20,15, Galesi e Morandi sono pronti a colpire. Il primo fredda Biagi con sei colpi sparati da una pistola Makarov marcata Carl Walther per poi salire sul motorino guidato dal secondo e darsi alla fuga.

La sparatoria del 2 marzo 2003 sul treno nei pressi di Castiglion Fiorentino, in cui perdono la vita sia Galesi che il sovrintendente della Polfer Emanuele Petri, conduce all’arresto di Nadia Desdemona Lioce e apre una svolta decisiva nelle indagini. In pochi mesi verranno assicurati alla giustizia i brigatisti coinvolti nell'omicidio Biagi.

 

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