Lavoro

Continua l’odissea dei dipendenti dell’Agenzia Dire che ormai da due anni vivono uno stato di tensione. Oggi, infatti, è stato indetto uno sciopero a seguito dell’annuncio del licenziamento di 28 persone di cui 15 giornalisti e 13 grafici. Non è la prima volta che giornalisti e giornaliste del gruppo incrociano le braccia: già a gennaio, infatti, c’era stato un primo sciopero a seguito del piano di riorganizzazione che avrebbe determinato un taglio del 30% della forza lavoro. E in effetti lunedì è arrivato l’annuncio degli esuberi.

Tra l’altro a fine agosto l’azienda ha citato i sei membri del Cdr (reparto giornalisti) e i due dell’Rsa (reparto grafici) in un procedimento. «Ancora non si parla di una vera e propria querela per diffamazione perché prima bisogna passare per la mediazione obbligatoria che ci sarà il 6 ottobre, dove siamo stati citati in un'azione risarcitoria nei confronti dell'editore. Però di fatto è stato intrapreso un procedimento contro il Cdr, che rappresenta i lavoratori e le lavoratrici, e questa è un'azione grave e anomala nei rapporti sindacali », ci ha spiegato Marcella Piretti, membro del Cdr.

 

«Nel mondo dell’editoria le procedure di licenziamento collettivo non sono frequenti. Questa quindi è la vera novità di cui dobbiamo preoccuparci», ha affermato Matteo Naccari, segretario generale aggiunto dell'Fnsi. L’annuncio dei licenziamenti e il conseguente sciopero rappresenta, dunque, il finale di una trattativa durata due anni. «Noi come sindacato abbiamo già chiesto un tavolo con l’azienda, che presumibilmente ci sarà la prossima settimana. Per quanto riguarda la fase di trattativa, che potrebbe durare anche qualche mese, l’auspicio è quello che i licenziamenti vengano ritirati», ha spiegato Naccari.

Infatti, quella del licenziamento collettivo è stata una notizia inaspettata, nonostante la crisi che stava attraversando l’azienda. «Da gennaio l’Agenzia Dire potrà partecipare al bando per i finanziamenti rivolti ai servizi di giornalismo che riguardano l’attività parlamentare. Si tratta di un bando che darà risorse importanti e la Dire ha tutti i parametri per poter partecipare», ha ricordato Naccari.

 

Il bando è quello relativo al decreto approvato l’11 luglio 2023 da Alberto Barachini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria e all’informazione. Il decreto istituisce un Elenco delle Agenzie di Rilevanza Nazionale al quale ci si potrà iscrivere solo se in possesso di alcuni requisiti.

Il problema riguarderebbe proprio i requisiti necessari per accedere al bando: «La Dire da due anni aveva adottato un contratto di solidarietà, che prevede un’autoriduzione dello stipendio dei giornalisti. L’azienda ipotizzava di poterlo prorogare fino a dicembre, ma per partecipare al bando la domanda deve essere fatta da un’agenzia di stampa che non gode di ammortizzatori sociali». Insomma, non si può accedere a finanziamenti statali se si gode già di un ammortizzatore sociale. «Fare impresa ha i suoi rischi e credo che anche per l’editore stringere e tirare la cinghia per tre mesi non sia impossibile. Sicuramente è difficile, ma si può trovare un modo per uscirne dal momento che non si tratta di un periodo di uno o due anni», ha sottolineato Naccari.

 

«L’arrivo dei licenziamenti, dopo un contratto di quasi due anni di solidarietà, che ha rappresentato un grande sacrificio per noi dipendenti, è ovviamente una situazione inaccettabile. Noi abbiamo fatto questi sacrifici per salvaguardare tutti e ora siamo a un passo dal contribuito di Palazzo Chigi che rappresenta una grande opportunità. Sembra incredibile pensare che, in questo frangente, l’unica cosa che si possa fare è licenziare», ha concluso Piretti.

Per quanto riguarda la mobilitazione è stato affidato al Cdr un pacchetto di cinque giorni di sciopero da utilizzare nel corso della trattativa con l’azienda. A seconda di come andrà l’incontro della prossima settimana, quindi, i giornalisti potranno scegliere di fare un’altra giornata di sciopero.

Sono stati moltissimi i segnali di solidarietà sia da parte dell’Fnsi sia da gran parte del mondo politico, delle istituzioni e di altri giornali. Lo sciopero, non c'è dubbio, andrà avanti: è solo un tassello di una protesta che si articolerà in diversi aspetti.

 

Nell'immagine il logo dell'agenzia Dire