Elezioni Americane

Giampaolo Pioli

Una partita che sarà ricca di colpi di scena. La posta è molto alta: l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti.

È una competizione che influirà sulle sorti della nazione più potente del mondo e che, sin da adesso, fa emergere l’immagine di una classe politica instabile e di un Paese profondamente diviso.

Da un lato i repubblicani. Lo scontro politico per le primarie che determineranno la nomination dello sfidante di Biden è già in corso. Stando alle parole di Francesco Costa, vicedirettore de Il Post, «Donald Trump è l’unico candidato che gode di una notevole posizione di vantaggio anche senza fare campagna elettorale». A differenza dei suoi avversari nel partito, a cominciare da Ron DeSantis e Nikki Haley, «Trump è in testa proprio perché non ha nessun problema a parlare a un elettorato che si è spostato a destra già da diverso tempo». Ciò che Costa sottolinea è il fatto che non è stato Trump a spostare a destra il partito repubblicano. La platea dei suoi sostenitori si è già da tempo ancorata sugli estremismi, ben oltre il tradizionale conservatorismo, e si trova perfettamente a proprio agio di fronte alla violenza e all’aggressività della sua propaganda.

Quella di Trump è una corsa che non si ferma neanche a fronte di tutti i suoi problemi con la giustizia americana. «Essendo finora solo indagato, Trump ha comunque il diritto di candidarsi, a meno che – afferma Costa – non venga condannato per il reato di sovversione». Se anche il quel caso Trump decidesse di restare sulla scena politica, potrebbe rivolgersi alla Corte Suprema, «la quale però, essendo “superconservatrice”, potrebbe anche salvarlo».

Di diverso avviso Giampaolo Pioli, dal 1986 corrispondente dall’America per il Qn, secondo il quale la posizione giuridica dell’ex presidente non è affatto facile: «Trump è già stato arrestato quattro volte, in tutti gli stati americani è in libertà provvisoria e deve affrontare ben quattro processi, tra cui quello di Atlanta per frode elettorale e quello sugli eventi del 6 gennaio 2021». Inoltre, a proposito del processo per frode elettorale, «tre dei suoi avvocati si sono dichiarati colpevoli». Secondo Pioli, una vittoria di Trump alle prossime elezioni non è affatto scontata: «Se ci fosse una condanna federale, Trump – specifica Pioli contrariamente a Costa – volente o nolente sarebbe costretto a dimettersi, anche se fosse di nuovo presidente. Un’altra possibilità è che nei prossimi mesi i repubblicani decidano di fare quadrato per sostenere gli altri candidati e ribaltare così quello che attualmente è un esito già annunciato del voto alle primarie». In poche parole, può succedere di tutto.

L’altro grande giocatore della partita, il partito Democratico, ha deciso di concentrare tutte le sue energie sul presidente uscente, Joe Biden. Come sostiene Costa, «è una candidatura che mette Biden in una posizione di notevole svantaggio soprattutto per tutte le debolezze e gli acciacchi dovuti all’età avanzata. Biden deve fare di tutto per nascondere questi problemi». Oltre a lui, non vi sono altri candidati di rilievo, a parte Robert Kennedy, il quale però, precisa Pioli, «ha deciso di correre da indipendente, il che rappresenterà un problema sia per i democratici sia per i repubblicani, visto che, come è avvenuto nel 2000 con Ralph Nader nella sfida tra George Bush e Al Gore, toglierà voti a entrambi i partiti».

Con i democratici compatti sulla candidatura di Biden e con Trump che al momento è dato nei sondaggi per le primarie al 60% mentre i suoi sfidanti sono fermi al 10%, «nel periodo compreso tra novembre e gennaio 2024 potrebbero esserci delle sorprese», conclude Pioli. 

 

Nell'immagine, Giampaolo Pioli. Foto fornita dal medesimo