Lgbtqi+

Sono 4 su 5 le persone Lgbtqi+ che in Emilia-Romagna hanno subito discriminazioni; a dirlo è l'Osservatorio nato a seguito della legge regionale 15 del 2019. Infatti, nel questionario diffuso dalla regione in collaborazione con l’Università di Padova, solo il 20% delle persone intervistate ha dichiarato di non aver mai subito nessuna forma di violenza. Insomma sembra che le discriminazioni nei confronti della comunità Lgbtqi+ non accennino a diminuire; per questo Gaynet ha pubblicato la mappa di tutti i centri anti discriminazione attivi in Italia.

 

Sono due a Bologna i centri attivi sul territorio, Spazio Cassero e Star, attivo all’interno del MIT (Movimento Identità Trans).

Per capire meglio di che si tratta abbiamo parlato con Aura Cadeddu, assistente sociale e coordinatrice del progetto Spazio Cassero e Anna D’Amaro, operatrice del MIT e coordinatrice del progetto Star.

Secondo Aura Cadeddu si tratta di una situazione molto grave e difficile da spiegare in poche parole. «Da quando sono stati aperti i CAD, partiti ufficialmente nel 2022, non ci aspettavamo tutto questo numero di richieste». E effettivamente stando ai numeri sono 130 le persone che hanno usufruito di questo servizio, 371 i colloqui con l’assistente sociale, 220 quelle con le psicologhe e 70 gli orientamenti giuridici. Si tratta dello stesso quadro dipinto da Anna D’Amaro. «Nel periodo di lavoro con il progetto Star abbiamo assistito e aiutato un totale di 154 persone, ognuna con delle esigenze specifiche. Abbiamo gestito circa 300 telefonate e fatto più di 700 colloqui. Quindi se addizioniamo i numeri del centro Star con quelli del Comune e del Cassero, la situazione è drammatica».

 

I dati, infatti, evidenziamo che, sia sul territorio bolognese ma più in generale in Italia, esiste un grande problema con la violenza omolesbobitransfobica. «Violenza che, tra l’altro, non è migliorata con il nuovo governo, dal momento che alcune azioni vengono legittimate da frasi d’odio che trapelano dai discorsi dei e delle leader in Italia», ha sottolineato D’Amaro.

«Le discriminazioni spaziano dalle micro aggressioni a quelle più gravi: abusi, violenze, discriminazioni sul lavoro, a scuola o all’università» ha aggiunto Cadeddu. Spazio Cassero è nato proprio per questo: intercettare le esigenze di tutte queste persone; «anche se in realtà il Cassero, da quando è nato, ormai circa 40 anni fa, si è sempre occupato di fornire aiuto e ascolto a chi ne avesse bisogno» ci ha tenuto a precisare Cadeddu. La differenza con i CAD è che tutte le iniziative precedenti sono state messe a sistema attraverso la coordinazione dell’assistente sociale, delle psicologhe e delle avvocate.

 

Nello specifico Spazio Cassero si occupa di fornire supporto e orientamento sia psicologico che legale, mentre il compito dell’assistente sociale è quello di fare da ponte con le realtà esterne al Cassero: servizi sociali, sanitari, questure ecc. Si tratta di un aiuto fondamentale dal momento che «è molto difficile per una persona Lgbtqi+ denunciare perché, da parte delle istituzioni, spesso dilaga una vera e propria ignoranza rispetto alle tematiche Lgbtqi+; non si tratta, dunque, di un personale formato per fornire sostegno a tal proposito. Per questo noi abbiamo avviato sin da subito percorsi di formazione nei confronti delle persone che hanno a che fare con il pubblico».

 

Sempre a tal proposito D’Amaro ha spiegato che «uno degli obiettivi di Star è quello di favorire l’emersione di episodi di discriminazione e violenza nei confronti della comunità Lgbtqi+ e promuovere la denuncia delle violenze subite, anche se è importante ricordare che la denuncia è una scelta personale che non deve essere forzata – ci ha tenuto a sottolineare D’Amaro. Detto ciò è giusto far capire alle persone vittime di violenze e abusi che esiste una rete solida che le sostiene nell’eventualità in cui volessero denunciare».

Oltre agli sportelli d’ascolto e legale, Star mette a disposizione uno sportello migranti Lgbtqi+ e uno in carcere. Infatti «ci siamo rese conto che, all’interno della nostra comunità, la parte di popolazione più sofferente è quella delle persone trans migranti che sono private della libertà». In carcere, infatti, lo scopo è quello di dare la possibilità di avere un’assistenza legale gratuita, ma al tempo stesso formata che possa offrire un reale sostegno; «devo dire che ci sono stati degli effetti positivi, per esempio abbiamo avuto un affidamento in prova di una donna trans che è uscita dalla detenzione. Si tratta di una persona il cui reato, tra l’altro, aveva a che fare con la migrazione, quindi annoverabile tra quelli di sopravvivenza».

 

A Star esiste, inoltre, uno “sportello lavoro”. «Una delle maggiori difficoltà che vive la comunità trans è quella legata alla ricerca e all’accesso nel mondo del lavoro, a causa, ovviamente delle forti discriminazioni diffuse nei loro confronti. Il servizio si occupa di dare un aiuto sia dal punto di vista formativo che per quanto riguarda la ricerca attiva; una delle donne detenute in carcere si è iscritta all’Università, per esempio. Per noi è molto importante perché credo si tratti del primo caso di una persona trans iscritta all’Università durante la detenzione e rappresenta anche un modo per proiettarla verso un futuro prossimo in cui speriamo avrà maggiori strumenti per accedere al mondo del lavoro» ha aggiunto D’Amaro.

Star inoltre mette anche a disposizione un alloggio di emergenza in cui le persone sono assistite e possono accedere a una dimora per un periodo di tempo circoscritto; non si tratta dunque di una vera e propria abitazione ma di una soluzione di emergenza per le persone che si trovano senza casa o sono costrette a lasciare la propria. Inoltre, per quanto riguarda lo sportello migranti, che si occupa principalmente di fornire sostegno e consulenza durante il percorso di richiesta di protezione internazionale, collaboriamo anche con i centri Sai per l’inserimento di persone migranti appartenenti alla comunità Lgbtqi+.  

 

Inoltre, una caratteristica specifica del MIT è quella di avere operatori e operatrici “pari”, cioè che hanno vissuto in prima persone le discriminazioni e le esperienze di vita delle persone che si trovano ad aiutare. Infatti, lo stesso presidente dell’associazione è una persona migrante; questo permette loro di comprendere fino in fondo cosa significa vivere una determinata esperienza e intraprendere di conseguenza un certo percorso.