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Marelli

«Le indiscrezioni trapelate sul Sole 24 Ore non sono piaciute alla Marelli e hanno messo a rischio la trattativa, di per sé difficoltosa, visto che le aziende coinvolte per il momento non si vogliono esporre», ha affermato Giuseppe Di stefano, Segretario UILM Bologna, all’uscita dal terzo incontro relativo alla situazione dello stabilimento di Crevalcore. 

 

Riuniti oggi al Mimit, il ministero delle Imprese e del Made in Italy, i rappresentanti della Marelli, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la Regione Emilia-Romagna e le Organizzazioni Sindacali. In totale sono cinque i soggetti che hanno manifestato interesse, di cui due sono in fase avanzata di definizione di piano industriale, uno in fase di definizione iniziale e infine due ulteriori che hanno espresso solo un potenziale interesse. 

Il tavolo si è concentrato principalmente sulle prime due manifestazioni di interesse che garantirebbero la continuità produttiva dello stabilimento. Queste aziende hanno preso impegno di presentare un piano industriale definitivo e una proposta vincolante nei tempi più rapidi possibili, compatibilmente con la profondità delle analisi in corso.

È stato fissato un nuovo incontro per il prossimo 11 gennaio, sempre alle 15, in cui Marelli presenterà i nomi dei potenziali investitori.

 

Il 19 settembre scorso, dopo un incontro tra proprietà, gruppo giapponese Calsonic Kansei, controllato a sua volta dalla multinazionale Kkr, e le organizzazioni sindacali, Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, Aqcfr, Dario Lauri, responsabile delle relazioni industriali, e con Giorgio Rossi, presidente di Propulsion solutions pronunciavano la fatidica sentenza di chiusura dello stabilimento di Crevalcore della Magneti Marelli. 

«Quel giorno, a chi sta facendo il turno del pomeriggio, viene chiesto di uscire dallo stabilimento di Crevalcore. Qualcuno pensa addirittura a un terremoto, nessuno immagina una chiusura. Qualche ora prima, la dirigenza dell’azienda, in riunione con le rappresentanze sindacali, ha messo nero su bianco la decisione di chiudere lo stabilimento della bassa bolognese e di disporre il trasferimento in quello di Bari», come abbiamo raccontato nel numero 9 del nostro bimensile Quindici

 

Per la direzione erano due ragioni per chiudere. In primo luogo, un pessimo risultato economico prospettato per il 2023, con 6 milioni di perdita anche a causa dell’aumento del costo dell’energia. In secondo luogo, il calo della domanda della componentistica dedicata ai motori endotermici, alimentati quindi a diesel o benzina e il naturale esaurimento del comparto a causa del graduale passaggio all’elettrico. La sede di Crevalcore produceva, infatti, collettori di aspirazione aria e di pressofusi di alluminio, entrambi componenti per motori endotermici e non aveva previsto alcun investimento per la transizione all’elettrico.

 

Così, il colosso di private equity americano Kkr aveva deciso di liberarsi dello stabilimento di Crevalcore. Aveva acquistato la Magneti Marelli nel 2018 da Fca, ora Stellantis, della famiglia Agnelli e Elkann per 5,8 miliardi di euro e aveva scaricato sulla società i debiti contratti durante l’operazione di acquisizione arrivando a un passivo di 8 miliardi. 

 

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