giustizia

È stata condannata a otto anni e sei mesi la donna nigeriana accusata di aver ridotto in schiavitù una connazionale e di averne favorito la tratta. La sentenza di primo grado in Corte di assise è arrivata dopo la richiesta del pm Flavio Lazzarini di una pena di dodici anni per la donna, di circa quarant’anni e identificata come “madame” – figura che, nella tratta e nella prostituzione di migranti, è coinvolta nella gestione del giro e ne guadagna. L’imputata, residente a San Pietro in Casale, secondo l’accusa avrebbe introdotto la vittima nel giro di prostituzione, portandola con sé di notte in zona Corticella e costringendola successivamente a prostituirsi anche di giorno.

La parte offesa, arrivata in Italia nel 2015 a diciannove anni, sarebbe stata convinta dalla “madame” attraverso un rito voodoo a continuare a lavorare per lei per estinguere il debito contratto dalla traversata verso Lampedusa. È questo il motivo per cui la denuncia è stata presentata nel 2018, con l’aiuto della Casa delle Donne di Modena: la vittima avrebbe deciso di denunciare, infatti, solo in seguito all’estinzione di questo rito voodoo. Oggi la donna sfruttata è fuori dal giro di prostituzione e si è rifatta una vita con un nuovo lavoro.

All’imputata, rimasta a piede libero, sono state concesse le attenuanti generiche ed è stata assolta da alcune ipotesi di reato. Nella requisitoria dell’accusa, nella scorsa udienza, il pm aveva sottolineato che la donna aveva imposto direttamente o indirettamente alla vittima interruzioni di gravidanza, in modo che potesse continuare a prostituirsi. In attesa del deposito della motivazione da parte del giudice, l’intenzione dell’avvocato difensore Vincenzo De Franco è preparare la richiesta di appello

 

 

Foto in Licenza Creative Commons