Quindici

Storico presidio rosso, Ferrara dopo 74 anni di amministrazioni di sinistra nel 2019 è stata protagonista di uno ribaltone politico che ha portato a palazzo comunale il primo sindaco leghista, Alan Fabbri. Il centrodestra e il primo cittadino uscente preparano il campo per la riconferma alle prossime elezioni di giugno 2024. Una sfida che vede l’opposizione in cerca di una rivincita politica per dimenticare lo smacco di quattro anni fa. All’epoca a pesare sul risultato finale furono due fattori. L’azzeramento - sancito dal governo Renzi nel novembre 2015 - della Cassa di risparmio di Ferrara (Carife) e dei conti di 32mila soci e il problema sicurezza che la Lega seppe cavalcare al meglio. E proprio sul tema sicurezza e immigrazione - gestito in questi anni dal vicesindaco leghista Nicola Lodi detto “Naomo” - si è accesa negli ultimi giorni anche la scintilla della nuova campagna elettorale. La notizia che sono in atto degli studi di fattibilità per aprire un Cpr (Centro di permanenza per i rimpatri) nell’area dell’ex-aeroporto militare ha provocato una levata di scudi delle opposizioni. «Sono prigioni per persone che non hanno commesso reati - dice Francesco Colaiacovo, capogruppo Pd in consiglio comunale - in cui migranti sono privati dei diritti essenziali. È una gestione contraria alla logica dell’accoglienza diffusa promossa dal Pd quando ha governato».

 

Tra le voci contrarie a un Cpr in città c’è anche quella dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Gian Carlo Perego, che ha sottolineato come questi luoghi siano «carceri, spesso a cielo aperto, senza le tutele delle carceri. Le persone non di rado si radicalizzano, si disperano, si autolesionano. Mediamente tre trattenuti su quattro vengono espulsi e uno è lasciato libero sul territorio nazionale, scaduti i termini di trattenimento (fino a 18 mesi, ndr)». Di tutt’altro avviso è il sindaco Fabbri: per lui un Cpr non è un problema ma un’opportunità che renderà Ferrara una città più sicura, con più forze dell’ordine e che consentirà di «neutralizzare, con la reclusione, i nostri soggetti più pericolosi, in attesa che vengano rimpatriati». E sui social non risparmia una stoccata all’arcivescovo Perego. «È bello parlare di accoglienza, di umanità, di diritti, come il nostro Vescovo, ma solo fino a quando queste persone restano lontane dal proprio percorso quotidiano. Gli consiglio di fare meno lettere ai giornali e di impiegare quel tempo a spalancare le porte, quelle di casa sua, non solo a Cristo ma anche a queste persone e poi ne potremo riparlare», conclude il primo cittadino. Con una campagna elettorale che comincia a scaldarsi il centrosinistra si sta ancora interrogando sulla possibilità di presentare un candidato unico contro Fabbri, che secondo la classifica “Governance Poll 2023” de Il Sole 24 ore, gode di un indice di gradimento intorno al 58%.

 

Al momento, dal Tavolo dell’Alternativa - una serie di incontri tra le forze politiche di opposizione per accordarsi su un programma e un candidato comune - sono usciti due possibili nomi: Laura Calafà, docente di Diritto del lavoro all’università di Verona, e Fabio Anselmo, l’avvocato “dei morti nelle mani dello Stato” famoso per aver difeso le famiglie Aldrovandi e Cucchi nelle aule giudiziarie, oltre che compagno della neo-senatrice Ilaria Cucchi. I Dem partono da divisioni interne con le varie correnti che ancora non hanno trovato l’intesa sul nome da candidare a Palazzo Ducale. «Il Pd è un partito che discute sempre - afferma Colaiacovo - è il partito delle Primarie, si parte da posizioni diverse ma si arriva sempre a una sintesi». Sintesi, quindi, la parola d’ordine in casa centrosinistra. Pensiero condiviso, almeno a parole, anche da Anselmo che, sciogliendo la riserva, ha avvertito che la sua «candidatura dovrà essere fuori dai partiti e soprattutto al di sopra di vecchie logiche che hanno portato alla situazione attuale. Se unisco ci sono, se divido non ci sarò». Un primo velato endorsement all’avvocato è arrivato dai banchi del Movimento 5 Stelle. Il capogruppo pentastellato in consiglio comunale, Tommaso Mantovani, ha fatto sapere che «con il Pd ci sono più probabilità di vittoria e la candidatura di Anselmo incontrerebbe il parere favorevole del nostro movimento». Ma mette in guardia dal pericolo di una coalizione che «non deve essere un tutti contro Fabbri per vincere a ogni costo. Non possiamo perdere la nostra identità politica appiattendoci sulle posizioni di altri».

 

Altro nodo da sciogliere è la posizione del centro moderato - che nel 2019 appoggiò il centrodestra con la lista Ferrara Cambia - e delle liste civiche. Italia Viva rimane perplessa e continua a chiedere una candidatura terza che venga dal mondo dell’economia. Azione Civica e Ferrara Bene Comune fanno sapere che il nome giusto per battere Fabbri sarà quello «capace di tenere unita una coalizione più ampia possibile e di riportare la discussione sui contenuti». Difficile, insomma, per il Pd tenere insieme tutte le sigle presenti al Tavolo. Non è da escludere quindi che il “dossier” sul candidato sindaco arrivi ai piani alti con i leader nazionali di Pd, M5S, Alleanza Verdi-Sinistra, e probabilmente anche Terzo Polo, chiamati a sbloccare la situazione. Nonostante le distanze da colmare sul nome - che sarà individuato nelle prossime settimane - dal Tavolo fanno sapere che si è trovata un’intesa solida su alcuni temi condivisi. Dalle politiche ambientali e la gestione dei rifiuti passando per l’istruzione e la cultura fino al rilancio del polo chimico - che tra assunti e indotto dà lavoro a circa 4.500 persone. Su quest’ultimo tema la Giunta comunale si è già mossa. L’assessore all’Ambiente in quota Fratelli d’Italia, Alessandro Balboni, ha dichiarato che il petrolchimico «è ora al centro di un lavoro con il Governo per la costruzione di un protocollo d’intesa per il suo sviluppo».

 

In casa centrodestra i pericoli per Fabbri sembrano provenire da un alleato (Fdi) in crescita esponenziale. Nel 2019 la Lega aveva raggiunto un risultato storico collocandosi sopra il 30% - diventando il primo partito in città - con Fdi ferma al 4%. A distanza di tre anni, alle politiche 2022 nel territorio ferrarese, i rapporti di forza nella maggioranza si sono completamente ribaltati e i meloniani si sono attestati al 26% staccando la Lega di 18 punti. Il sindaco uscente è sereno e punta su una «coalizione di centrodestra unita e compatta che troverà convergenza sui progetti - lavoro, ambiente, turismo e sicurezza - e sulla voglia di portare avanti, uniti, una visione nuova, aperta, internazionale e che guarda al futuro». L’assessore Balboni garantisce che «l’amministrazione gode tutt’ora di un forte appoggio dei cittadini e Fdi non ha nessuna intenzione di mettere il sindaco in difficoltà - ma avvisa - in base ai risultati tutte le liste avanzeranno le legittime pretese». La prima poltrona che gli ex-missini potrebbero chiedere è quella del vicesindaco con delega alla sicurezza Lodi, da anni al centro di vicende giudiziarie. Ma da Fdi non arrivano conferme in questo senso e Balboni assicura: «i conti si fanno a urne chiuse e a spoglio effettuato». La partita è ancora aperta: Fabbri sembra in vantaggio ma il nome del candidato di centrosinistra potrebbe cambiare gli equilibri in campo.

 

Il palazzo del municipio di Ferrara, sede del Comune estense. Foto: Giorgio Papavero