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«La casa, per chi subisce violenza, può essere una prigione», sottolinea la vicesindaca Emily Clancy, scandendo ogni parola con un gesto della mano. «Dare una concreta possibilità di autonomia abitativa alle donne vittime di violenza significa davvero aiutarle a uscire da una situazione di fragilità».

Al grande tavolo della Sala rossa di Palazzo Malvezzi de’ Medici attende di essere firmato il Protocollo di intesa per la promozione dell’autonomia abitativa di donne vittime di violenza, che Simona Lembi, Responsabile del Piano per l’uguaglianza, definisce «un unicum nel panorama nazionale. In questo periodo storico così delicato abbiamo bisogno di risposte concrete».

Dieci punti che mirano a offrire "nuovi progetti di vita", continua Lembi, e a rendere davvero autonome le donne che subiscono violenza: da punteggi preferenziali per i bandi di accesso all’Edilizia residenziale pubblica (Erp), al subentro nell’intestazione di un alloggio nel caso in cui l’assegnatario abbia commesso violenza, alla reimmissione nel mercato di immobili sfitti da locare con canone concordato, il territorio metropolitano vuole costruire una rete di lavoro per coordinare sinergicamente le azioni delle singole istituzioni e associazioni.

A firmare il documento, che campeggia sul legno lucido del tavolo, sono in tante e tanti: la vicepresidente di Regione Irene Priolo, il sindaco Matteo Lepore, le presidenti dei centri antiviolenza del territorio, i sindacati e le associazioni rappresentative dei proprietari e degli inquilini, assieme ad Acer Bologna e Solaris.

Il protocollo va in controtendenza con le politiche nazionali, che hanno delegato alle singole Regioni la decisione sui criteri di accesso ai sistemi di aiuti. Nel precedente triennio i finanziamenti nazionali per il cosiddetto reddito di libertà per le donne vittime di violenza ammontava a circa 9 milioni di euro, ora calati drasticamente a 1.8 milioni, da suddividere su tutto il territorio nazionale. «La Regione – specifica la vicepresidente Priolo – si è però impegnata con un contributo di 1.3 milioni aggiuntivi».

Il sindaco Lepore, raccogliendo gli input mediatici di questi giorni, sottolinea che è essenziale che gli uomini prendano una posizione e parlino apertamente di «patriarcato», perché «se vogliamo una società più giusta dobbiamo organizzarla in maniera più giusta». Lepore, che si definisce "socialista europeo", ribadisce anche che è responsabilità delle istituzioni saper scegliere le politiche giuste che possono cambiare lo stato delle cose. «Le idee in politica fanno differenza», dice.

Grande soddisfazione anche dai centri antiviolenza. «Oggi si è fatta la storia delle donne. Possiamo fare passi avanti solo lavorando assieme», commenta Katia Graziosi di Unione donne italiane Bologna.

 

 

Nella foto le firmatarie e i firmatari del Protocollo. Immagine di Giuseppe Nuzzi