conflitto israelo-palestinese

Il Senato accademico boccia le due mozioni con cui si chiedeva all’università di schierarsi a favore della Palestina nel conflitto e di cessare i rapporti istituzionali con Israele. Le due mozioni – una presentata da Link e Adi, la seconda da altre associazioni presenti in Senato – hanno ottenuto solamente tre voti a favore. Nonostante gli emendamenti richiesti e poi ottenuti dai rappresentanti degli studenti, il risultato della seconda votazione è stato lo stesso.

«Assassini! Assassini!», grida a Palazzo Poggi il collettivo Giovani e Palestina, che da stamattina presidia piazza Scaravilli. «Neutralità è complicità», si scandisce al megafono. «Non ci si può riparare dietro una supposta neutralità accademica di fronte all’occupazione, ai bombardamenti degli ospedali e delle scuole, di fronte al genocidio del popolo palestinese». Dal 7 ottobre a oggi le vittime israeliane ammontano a circa 1.400, di cui 31 bambini, mentre quelle palestinesi sono state 13.300, di cui oltre 5.600 bambini: ed è pensando a questi numeri – che poi numeri non sono – che il collettivo oggi grida a gran voce e ammonisce senatrici e senatori.

«Fuori Israele dall’Università» echeggia nei cortili e nei corridoi di via Zamboni 33. Fuori, quindi, ma non oggi. I cori di «Free, free Palestine! Palestina libera!» continuano a essere intonati a più riprese. Tra queste quaranta persone ci sono soprattutto ragazze e ragazzi, ma non mancano alcune teste brizzolate: tra di loro spunta Lorenzo Pezzani, architetto e docente del Dipartimento delle Arti che si occupa di migrazioni. È tra le oltre 600 persone – tra docenti, personale tecnico e personale amministrativo – che a inizio mese hanno firmato la petizione per chiedere un cessate il fuoco immediato.

«Noi docenti – spiega – non potevamo stare zitti davanti al genocidio e ai soprusi che si stanno compiendo a Gaza e in Cisgiordania. In questi territori, e nello stesso Israele, vige da anni un regime di apartheid per i palestinesi. Vogliamo ribadire il ruolo dell’università, che è quello di aiutare a sviluppare un pensiero critico, comprendere e contestualizzare quello che accade nel mondo». Il professore sottolinea più volte che quanto accaduto il 7 ottobre non è una semplice risposta puntuale di Israele all’attacco di Hamas, ma la continuazione di una politica e un modo di agire che va avanti da decenni.

La petizione chiede anche – e soprattutto – di seguire le indicazioni del movimento palestinese Boycott, Disinvest and Sanctions (Bds), che propone appunto di boicottare, disinvestire e adottare sanzioni economiche contro Israele. È una delle tante forme di protesta non violenta, affiliata alla più ampia campagna Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel (Pacbi).

«Il boicottaggio accademico, su cui si sono concentrati molto anche i giornali, non significa cessazione del dialogo culturale né boicottaggio dei singoli individui. Quello che chiediamo – specifica Pezzani – è di porre fine agli accordi e alla complicità con Israele e le sue istituzioni». Non ci si può ritenere neutrali se nel contempo si finanziano aerei, droni, bombe, apparati militari. «Le università israeliane, e le istituzioni più in generale, svolgono un ruolo di giustificazione dell’occupazione – denuncia il professore – non solo attraverso le tecnologie militari, ma anche creando giustificazioni ideologiche. Boycott, disinvest and sanctions: le nostre richieste sono molto precise».

«Sono 75 anni – grida un ragazzo di Giovani e Palestina – che assistiamo muti un processo di pulizia etnica e occupazione. L’università nei fatti sta dando una risposta chiara a favore di Israele, perseverando negli accordi con le istituzioni e le aziende israeliane e filosioniste. La nostra università ha già le mani sporche di sangue».

Federica Fiorentino, una delle rappresentanti degli studenti, rende noto alle studentesse e agli studenti che stanno occupando un’aula di Palazzo Poggi che è stato chiesto di rendere pubblica la seduta. La proposta, però, è stata bocciata con soli due voti favorevoli.

L’università continua a ribadire solidarietà «a tutte le vittime», augurandosi che si arrivi presto a una pace tra Israele e Palestina: una (non) presa di posizione che i collettivi giudicano insufficiente, ribadendo la necessità di una condanna esplicita a Israele e di un immediato cessate il fuoco.

E ora, in un clima di rabbia e indignazione, studentesse e studenti chiedono le dimissioni del rettore Molari, mentre sfilano in nuovo corteo nelle vie della zona universitaria.

 

 

In foto: Il collettivo Giovani e Palestina e la bandiera palestinese. Immagine di Giuseppe Nuzzi