vela

Luca Rosetti, velista bolognese classe 1995, racconta la sua vittoria nella Mini Transat 2023. A bordo della “Race=Care” è stato il primo a tagliare il traguardo di Saint-François in Guadalupa e ora, con il vento in poppa, si prepara a nuovi progetti futuri. 

Come sta?
«Da dio, veramente bene. Sono tre anni che preparavo questa regata e, a oggi, posso dire di avercela fatta. Mi ero preparato bene e la fatica è stata ripagata., anche se attualmente sono ancora in Guadalupa, perché stiamo attendendo l’arrivo di tutti: cinque barche devono ancora tagliare il traguardo».

 

Come si è preparato per questa gara?
«Vivo a Lorraine, in Francia. Là ho allenamenti divisi tra studio teorico, ogni giorno, e parte pratica, due o tre volte alla settimana. Nei periodi di stop mi sono esercitato in cantiere, anche con sezioni di allenamento fisico».

Uno sport poco comune. Com’è nata questa passione?
«Uno sport particolare e anomalo... Non esattamente il primo che verrebbe in mente a un bambino! Ho amato il mare sin da piccolo. In estate, andavo sempre a casa dei miei nonni, a Lido di Classe, vicino a Milano Marittima. Passavo tutta la stagione lì, tra formine colorate e castelli di sabbia. All’età di sei anni, mia mamma ha deciso di iscrivermi a un corso di vela... E allora, via baracca e burattini, sì a barca e pesciolini».

Una delle figure per lei più importanti
«Matteo Rusticali, il mio allenatore storico. Sempre presente, è tornato più volte durante la mia vita, seguendomi anche nel corso per diventare istruttore di vela. A lui devo molto: mi ha messo in barca la prima volta e, da quel momento lì, non sono mai più sceso».

 

Per la gioia di sua mamma...
«Mmh, non esattamente. A Bologna il mondo della vela è molto complicato e i miei genitori, almeno all’inizio, non ne avevano idea. Però sono stati fantastici: hanno fatto tanti sacrifici e, se sono arrivato sin qui, è anche grazie a loro. Questo successo lo abbiamo costruito insieme, gli dedico tutto».

Quali sono i suoi sponsor?
«L’azienda ‘Cel Components’ che lavora nel mondo dei materiali compositi e ne produce pannelli di varie tipologie. La multinazionale italiana ‘Maccaferri’, attiva nel campo dell’ingegneria civile e, infine, l’industria farmaceutica ‘M-Pharma Italia’. Ci tengo molto a ricordarli, perché mi seguono ormai da molti anni, credono in me e mi supportano in quello che faccio».


 

Bere, mangiare, lavarsi. Com’è stata la sua vita all’interno della barca?
«Innanzitutto non la definirei ‘barca’, ma ‘macchina da guerra’. Grande solo sei metri e mezzo, è in realtà un bolide pazzesco, capace di tenere medie anche superiori a undici nodi, circa ventidue chilometri orari che, sull’acqua e, soprattutto per una barca a vela così piccola, sono tantissimi. Tuttavia, nonostante la forte velocità, si riesce sempre a rimanere molto stabili. A bordo c’è un pilota automatico che, di tanto in tanto, permette di staccarsi dalla barra per bere, mangiare o sciacquarsi dal sale».

Quanto al dormire?
«In mare la barca non la fermi, sei sempre in movimento, quindi non puoi permetterti di dormire chissà quante ore. Faccio dei “micro-sonni”, trenta o quaranta minuti al massimo: dipende dalle condizioni del mare e da come tira il vento».

Ci saranno stati momenti di sconforto. Il più grande?
«Lo scoglio più duro è arrivato alla fine, a poche miglia dall’arrivo. Quando siamo a bordo, non ci arriva quasi nessuna informazione dall’esterno: solo un bollettino meteo giornaliero e un aggiornamento sulle distanze dall’arrivo dei vari partecipanti. In quel momento stavo andando forte, ogni giorno guadagnavo qualcosa. ‘Se oggi guadagno anche solo un miglio dagli avversari è fatta’, ho pensato. Ma quel giorno lì, invece di guadagnare, ho perso metà del vantaggio che avevo. Il vento non tirava nella direzione prevista e, in quel momento, ho realmente creduto di aver perso il podio. Per ventiquattrore non sono più riuscito né a mangiare, né a dormire... A stento ho bevuto qualcosa. Poi ho ripreso in mano la situazione: sono tornato cosciente, ho guadagnato altre miglia e tirato dritto fino al traguardo».

Programmi per il futuro? Ancora calma piatta o burrascosi cambiamenti all’orizzonte?
«
Ho già iniziato a lavorare a un prossimo progetto, insieme alla ‘Cel Components’ e a un’altra start-up italiana. Si tratta di un programma di ricerca e raccolta dati e durerà quattro anni. Verrà costruita una barca di dodici metri, la ‘Class40’, in cui saranno installati dei sensori. Faremo delle regate e raccoglieremo dati metereologici da poter poi pubblicare su una piattaforma geo-europea e trasmettere a scienziati di tutto il mondo, così da reperire informazioni e fare studi a livello di eco-sistema degli oceani».



Un’attenzione al fenomeno dei cambiamenti climatici.
«Esattamente. Il clima nell’Oceano sta cambiando notevolmente e, a oggi, navigo in condizioni che, fino a poco tempo fa, non avrei minimamente immaginato. ‘Devo fare qualcosa’, mi sono detto. Da lì è nata l’idea del progetto».   

Lei, la barca e il mare: un uomo solo nell’immensità della natura. Come ci si sente?
«Piccoli e insignificanti. Il mondo naturale, sconfinato e meraviglioso, potrebbe fare di me ciò che vuole. Non sono mai arrivato in condizioni eccessivamente pericolose, non ho mai rischiato la vita, però se mi fermo a riflettere fa paura».

E come affronta questa paura?
«Con una buona dose di adrenalina: è quella che mi fa reagire. A volte, sono talmente concentrato sull’azione, da non rendermene nemmeno conto di aver paura. È strano lo so, ma è il modo più efficace che ho trovato per andare avanti».

Tornerà a casa in barca?
«Ovviamente. Il rientro è previsto per gennaio, ma ho scelto di non viaggiare in aeroplano: al cielo preferisco il mare e ormai la barca è la mia casa».

Con i suoi amici cosa sceglie? Giro in barca o aperitivo sotto le due Torri?
«Con la vita che faccio non posso dire di averne moltissimi, ma, come si dice, ‘pochi ma buoni’. Non appena poserò la barca in Francia tornerò subito nella mia bella Italia, a Bologna, che mi manca tanto. Quindi direi di sì, aperitivo sotto le Due Torri!».

 

 

In copertina: il velista bolognese Luca Rosetti
Nel testo: la barca a vela del navigatore
I
mmagini concesse dall'intervistato