esclusiva
«Il giornalismo è in grado di cambiare gli eventi del mondo, bisogna essere giusti nel fare questo mestiere». Così risponde l’attivista egiziano Patrick Zaki alle domande della redazione di InCronaca che lo ha invitato per una lunga intervista esclusiva e che al termine lo ha fatto sedere proprio sulla panchina dedicata alla libertà di stampa, all’interno del complesso di Santa Cristina che ospita il Master in Giornalismo, inaugurata nel 2021 anche in suo nome e nella speranza che ci si potesse accomodare da uomo libero. L’intervista sembra chiudere un cerchio aperto dunque due anni fa quando quella stessa panchina bianca era stata installata alla presenza dell’allora rettore Francesco Ubertini e del direttore del master, Fulvio Cammarano. «Quando Patrick sarà liberato verrò a sedermi qui con lui», disse Ubertini, che però oggi non ha potuto partecipare all'evento auspicato per altri impegni.
Qual è la sua opinione sul racconto della stampa sul conflitto tra Israele e Palestina?
«Credo si stiano usando due pesi e due misure nel raccontare questa storia. La stampa ha il potere di cambiare le cose e di accelerare le decisioni politiche. Parliamo di più di quello che sta accadendo sulla striscia, di tutti quei palestinesi che stanno sopravvivendo senza cibo né acqua e senza sapere se i loro cari siano vivi o meno. Magari non si otterrà la pace ma una tregua di qualche giorno per assicurare ai civili almeno i beni di prima necessità. In passato, il giornalismo ha avuto un ruolo fondamentale nel determinare la fine di alcune guerre. Perché non farlo anche ora?».
Cosa pensa si debba fare per fermare i bombardamenti su Gaza?
«È necessaria una pressione da parte dei governi che hanno realmente il potere di cambiare la situazione, a partire dai presidenti Biden, Meloni e Macron. Loro potrebbero fermare Israele e i bombardamenti. Ma anche i cittadini, tutti quelli che hanno a cuore i diritti umani, possono fare la loro parte. Il 24 novembre partirò insieme ad avvocati, giornalisti e attivisti di tutto il mondo che vorranno unirsi a me: dalla sede del sindacato egiziano per i giornalisti ci recheremo al confine con la Palestina, lì tenteremo di entrare dal valico di Rafah per portare tutti gli aiuti umanitari possibili ma anche per lanciare un messaggio: tutto il mondo sta chiedendo un cessate il fuoco».
Quando è stato liberato ha dichiarato di voler vivere una vita normale a Bologna. Ha in programma di trasferirsi qui?
«Ora ho in programma di fare un dottorato, ho mandato richieste a diversi atenei e sono in attesa di una risposta. Questa città ha contributo alla mia liberazione, qui mi sento sicuro come non mi sono mai sentito al Cairo, per me è casa. Farò del mio meglio per rimanerci il più a lungo possibile».
L'intervista integrale uscirà il 14 dicembre sul numero 13 del Quindici. Nell'immagine Patrick Zaki sulla panchina dedicata alla libertà di stampa insieme a Bianca Bettio, allieva praticante del Master in Giornalismo. Foto di Giorgio Papavero