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Storica roccaforte rossa e terza città dell’Emilia-Romagna per popolazione, Modena, insieme ad altri 227 comuni della regione, si avvicina alle elezioni amministrative, previste per la prossima primavera. E questa volta, dopo 78 anni di predominio assoluto del centrosinistra, le sorti della partita per il governo comunale potrebbero non essere scontate. Nella città del presidente della Regione e del Pd Stefano Bonaccini si prepara a giocarsi una partita aperta, con risvolti nazionali. Fratelli d’Italia, in apparente crescita anche qui, scalpita per guidare il centrodestra alla conquista di un comune simbolo. Con questa consapevolezza, nella città emiliana hanno già preso avvio le consultazioni del Pd indirizzate alla selezione dei candidati – da sottoporre a eventuali primarie entro fine anno – per scegliere chi correrà per sostituire il sindaco in carica, giunto alla fine del suo secondo mandato. Dopo l’esperienza quasi decennale dell’amministrazione firmata Gian Carlo Muzzarelli, l’obiettivo principale del Partito democratico, oltre al rafforzamento della sicurezza e alle proposte per far fronte all’emergenza casa – cavalli di battaglia della campagna elettorale –, sembra quello di trovare un nome capace di «fare sintesi». Sintesi che, come dichiarato dalla consigliera e segretaria cittadina del Pd Federica Venturelli «è da perseguire, nonostante la preoccupazione delle correnti interne al partito sia legittima, perché in gioco c’è il futuro della nostra comunità, il futuro di Modena». Il tema della sintesi si fa stringente – e potenzialmente critico – sia in relazione alla questione delle correnti interne al partito, sia rispetto a quella che Venturelli concepisce come un «allargamento dello sguardo, in senso riformista ed ecologista, verso il resto dell’opposizione al governo, per costruire un’alleanza diffusa». È la sfida della pacificazione interna al Pd e delle intese con gli altri partiti di opposizione.
Da una parte, infatti, a Modena, in quanto città di Bonaccini – in cui l’attuale presidente della Regione, che vive a Campogalliano, ha cominciato la sua carriera politica facendo prima l’assessore e poi il consigliere comunale – è di notevole influenza la “corrente bonacciniana”. Dall’altra però, anche la rappresentanza di Articolo 1, vicina alla segretaria Elly Schlein e ufficialmente confluita all’interno del Pd solo lo scorso giugno, gode di grande autorevolezza. Per ora, due dei nomi che stanno riscuotendo più successo – e che rappresentano il consenso polarizzato nel partito – sono quelli degli assessori uscenti Andrea Bortolomasi, che ha sostenuto Bonaccini, e di Andrea Bosi, che ha votato Schlein nella sfida tutta emiliana del congresso che ha visto prevalere la seconda. Il centrodestra vorrebbe approfittarne: come auspicato da Michele Barcaiuolo, senatore e coordinatore generale dell’Emilia-Romagna per Fdi, anche lui modenese, «la divisione interna al Pd costituisce un evidente problema e la mancata conciliazione tra Bonaccini e Schlein può aprire all’ipotesi della frammentazione, rendendo il partito più fragile». D’altronde, anche il versante della coalizione con il M5s, a cui il Pd sembrerebbe puntare per sbaragliare al primo turno l’attuale opposizione – come accaduto per il sostegno di Matteo Lepore nelle comunali a Bologna del 2022 – non sembra totalmente privo di ostacoli. Come fa notare il coordinatore provinciale del M5s ed ex consigliere comunale di Soliera Massimo Bonora, sebbene un’alleanza tra pentastellati e Pd di Modena in vista delle amministrative sia «augurabile oltre che possibile», non bisogna però dimenticare che «questi territori hanno vissuto una storia di opposizione cruda e, soprattutto, che un’alleanza deve costruirsi sulla condivisione di un progetto». Sì all’apertura verso le aree progressiste dell’opposizione, quindi, «ma solo con la garanzia di una linea di pensiero comune ed elementi di rottura rispetto al passato, che non siano fondati solo sulla volontà di battere la destra». In effetti, non si può dimenticare come, a Modena, lo stesso governo Muzzarelli sia cominciato nel segno della strenua opposizione al M5s quando, nel 2014, l’attuale sindaco sconfisse in ballottaggio il candidato M5s Marco Bortolotti. La resistenza dei pentastellati al governo Pd, da quel momento, continuò nel sostegno ai comitati ambientalisti contrari ai progetti di costruzione urbanistica portati avanti da Muzzarelli, ampiamente contestati dagli stessi partiti e movimenti di sinistra in coalizione con lui. Le critiche più aspre si condensarono nel 2017, quando la presentazione di una mozione firmata M5s chiese l’annullamento della costruzione di 550 palazzine in zona Morane. Poi, la scorsa primavera, i pentastellati diedero il proprio sostegno al movimento “Modena volta pagina” per frenare la costruzione del polo logistico Conad in zona Sacca. Cosciente di questi conflitti, Bonora spera che «il prossimo sindaco possa essere diverso da quello uscente» e, come dichiarato al Resto del Carlino, esprime la propria preferenza per un eventuale civico, «una personalità al di sopra dei partiti che possa mettere d’accordo tutti», scongiurando però la possibilità di avvicinamento ad Azione, nei confronti della quale «sono emerse differenze radicali sul salario minimo e il reddito di cittadinanza».
Come dimostrato dalle ultime elezioni amministrative in regione – che coinvolsero, nel 2021, i comuni di Bologna, Ravenna e Rimini e nel 2022 quelli di Piacenza e Parma – la coalizione tra M5s e Pd si è consolidata in relazione alla situazione specifica del contesto locale, in base ai candidati in gioco e alla compatibilità delle campagne elettorali. Il sostegno che i pentastellati diedero nel 2021 a Bologna e Ravenna, ma non a Rimini, e che non si riprodusse né a Piacenza né a Parma, esprime uno schema di alleanze a “macchia di leopardo” che potrebbe ripresentarsi anche la prossima primavera, momento nel quale andranno al voto anche le province di Ferrara, Forlì, Reggio Emilia e Cesena. Quel che è certo, per ora, è che la campagna elettorale e il confronto per la decisione del futuro sindaco di Modena coinvolgono in misura maggiore i partiti interni alla sinistra progressista, non iscrivendosi in uno scontro diretto tra il Pd e il centrodestra. Perché, come sostenuto da Venturelli, «il Pd di Modena da solo batte tutto il centrodestra unito ed è ancora in grado di esprimere una classe dirigente forte e numerosa, fattore non scontato in un momento di sfiducia generalizzata per la politica, caratterizzata dal fenomeno dell’astensionismo». Le elezioni politiche dell’anno scorso, in effetti, hanno dimostrato il profondo radicamento del Pd nel comune di Modena, dove il candidato Aboubakar Soumahoro batté di 12,5 punti percentuali la candidata di centrodestra Daniela Dondi, toccando il 42,9% dei voti contro il 30,4% della sua avversaria. Nella circoscrizione di Modena ha prevalso Dondi, ma Soumahoro è stato comunque eletto nel plurinominale. Finito nuovamente al centro dello scandalo sulla gestione delle cooperative per l’accoglienza dei migranti, che aveva coinvolto già l’anno scorso sua moglie e sua suocera –costrette agli arresti domiciliari dalla Procura di Latina, dopo l’apertura di una seconda indagine sui mancati pagamenti e le condizioni invivibili dei centri – Soumahoro e la sua travagliata storia politica costituiscono un ulteriore elemento di problematicità e insicurezza per la sinistra emiliana.
A dimostrare l’ampio consenso di cui la sinistra gode a Modena, oltre ai risultati delle politiche 2022, è anche la crescita progressiva di apprezzamento del sindaco Muzzarelli, segnalata dalle governance poll del Sole 24Ore degli ultimi due anni. Ma la sfida per le comunali è una partita diversa. Sullo sfondo c’è, dalla parte opposta, il rafforzamento di Fdi, anche in Emilia. «Siamo cresciuti in tutti i comuni a livello di iscritti, oggi siamo il primo partito italiano e ora, oltre ad avere una forte classe dirigente, abbiamo anche più eletti», conferma Barcaiuolo. Sebbene il senatore Fdi sia consapevole della storica penetrazione del Pd nella città di Modena, è però vero che, in occasione delle elezioni politiche, vari comuni del Modenese hanno mostrato la propria preferenza per la candidata di destra Daniela Dondi. Per la maggior parte collocati in aree montane, tra questi comuni spicca Sassuolo, il cui voto per la Dondi tocca il 46% contro il 27% per Soumahoro. L’elemento della crescita consistente della destra nel territorio extraurbano dell’Emilia-Romagna costituisce un fattore di riflessione per la sinistra, soprattutto in vista delle elezioni per la presidenza della Regione, previste per l’inizio del 2025. Consapevole del consenso maturato in regione, Barcaiuolo può affermare che la partita per lo stesso governo di Modena «rimane aperta per gli errori commessi dalla sinistra», riferendosi con ciò tanto alle problematiche della divisione interna al Pd quanto, soprattutto, alla «cattiva gestione della raccolta urbana e della sicurezza». «Da tempo – continua poi Barcaiuolo – si avverte il mancato protagonismo che andrebbe riconosciuto a Modena: Ferrara ci batte nella cultura, la costa romagnola nel turismo e Reggio Emilia nell’alta velocità. C’è necessità che il prossimo sindaco sappia valorizzare il nostro territorio e fornire delle soluzioni all’insoddisfazione dei sistemi di raccolta differenziata». E a tal scopo, Barcaiuolo afferma che Fdi «si allargherà verso il centrodestra, interloquendo non solo col mondo dei partiti e non ponendosi limitazioni di bandiera, per trovare qualcuno che sappia mettere d’accordo tutti».
Articolo pubblicato sul numero 10 del Quindici il 2 novembre. Nell'immagine Piazza Grande a Modena. Foto: Ansa