Israele-Palestina
Da sempre tempio della cultura e della riflessione ponderata, l’università tenta di prendere posizione su una delle tematiche più divisive della politica internazionale, tornata ora sulle prime pagine della cronaca mondiale: il conflitto israelo-palestinese. Tra docenti e ricercatori dell’Alma Mater sta girando una petizione con la quale il corpo docente chiede all’università di schierarsi formalmente in favore di un "cessate il fuoco" volto a favorire l’ingresso di aiuti umanitari e soccorsi e la creazione di una zona protetta per le aree di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est sotto la giurisdizione dell’Onu. Lo stesso documento chiede al senato accademico di sostenere le università palestinesi con progetti di partnership e solidarietà e di bloccare gli investimenti verso società che foraggiano l’occupazione dei coloni israeliani di zone formalmente assegnate alla Palestina dal diritto internazionale. Mentre la petizione sta ancora girando tra professori e personale, una stima parla di almeno 370 adesioni.
Sono tuttavia pochi, tra firmatari e non, coloro che hanno deciso di rivelare il perché della propria scelta, in un senso o nell’altro. Tra questi vi è Fulvio Cammarano, docente di storia contemporanea e direttore del nostro Master in giornalismo. L’accademico ha deciso di non firmare la petizione. «Secondo me il documento va bene, ma manca di un paio di righe che riguardano la condanna non generica, ma precisa, di Hamas quale organizzazione criminale». Un passaggio che ha generato scetticismo riguarda la definizione dell’operato di Hamas come “rappresaglia” e non come “atto terroristico”. «Hamas non si profila, o non è più – prosegue Cammarano – un movimento di resistenza. Non lo è più se non condanna e isola i soggetti che agiscono con modalità terroristiche».
Il professore di Geografia Lorenzo Pezzani, uno degli aderenti, non sembra però notare doppiopesismi nel documento: «Il testo mi sembra chiarissimo nell’esprimere la costernazione, l’indignazione per le violenze commesse contro tutti i civili, palestinesi e israeliani. C’è la condanna di ogni vittima civile, però si ricorda anche il contesto da cui origina tutto quello che sta avvenendo». Pezzani ribadisce inoltre l’importanza che sia l’università a prendere posizione, «è importante visto anche il nostro lavoro di educatori», e rimarca come l’università di Bologna abbia una forte tradizione di sostegno al rispetto dei diritti umani.
Una sintesi prova a tracciarla invece Stefano Bonaga, storico docente di filosofia all’Alma Mater. «L’operazione di inizio ottobre di Hamas non ha alcuna giustificazione, su questo non c’è alcun dubbio. Però se c’è qualcuno che aumenta l’antisemitismo, quello è Netanyahu. Quando si attacca il governo non c’entra niente la religione, se però lui aizza la gente e accusa di antisemitismo anche quelli che criticano il governo, è chiaro che qualche ignorante traduca la rabbia e la frustrazione in atteggiamenti aggressivi e antisemiti». La conclusione che ne deriva, per Bonaga, è una sola: «Se un documento non cita il comportamento di Hamas, è un documento sbagliato. Se un documento non cita anche la lunga responsabilità dei vari governi di Israele, l’errore si ripete».
Nell'immagine: una veduta di Gaza. Foto: Ansa.