riconciliazione
Non è la prima volta che il cardinale Matteo Zuppi diventa pacificatore tra due fazioni. Era il 1992 e seduto al tavolo delle trattative tra il governo africano Fronte per la liberazione e la belligerante resistenza nazionale mozambicana c'era proprio l'attuale presidente della Cei. Dopo 17 lunghi anni di scontri, la storica riconciliazione mise fine a una sanguinolenta guerra civile.
Nel 1974 il Mozambico stava infatti facendo i conti con la rivolta dei Garofani, riuscendo a ottenere l'indipendenza dal Portogallo, ma avvicinandosi pericolosamente all'Unione Sovietica. Così si venne a creare il FreLiMo, movimento d'ispirazione marxista, che salì al potere l'anno successivo. Ad osteggiarlo il gruppo conservatore (ReNaMo), formato dai servizi segreti della Rhodesia e finanziato dal Sudafrica.
La prima volta di Zuppi nel continente africano fu nel 1984, quando il paese era stremato dalla siccità. Fu un lungo percorso quello per la riconciliazione. Incontrare i membri e rappresentanti della resistenza nazionale era il primo scoglio da superare. Zuppi, all'epoca giovane sacerdote, partecipò all'incontro segreto del 1990 alla comunità di Sant'Egidio. «Per noi le sofferenze del popolo del Mozambico non erano sofferenze verso cui restare indifferenti. Conoscendo la realtà e i problemi del Paese è cominciata una storia di relazioni, di incontri. Il problema non era solo aiutare per risolvere la crisi alimentare ma soprattutto cercare un cammino di pace», ricorda il cardinale al quotidiano Il Faro di Roma. Era «un periodo molto complicato e di emergenza. Il Mozambico si trovava, infatti, in una situazione terribile a causa della siccità e della guerra». Due anni dopo si tennero le prime elezioni libere, coronamento del percorso di negoziazione.
Poi nel 2015 la nomina ad arcivescovo di Bologna, dopo una ricca carriera ecclesiastica. Zuppi prete di strada e pacere tra diverse istanze: uno scenario che ora tenta di replicare con la guerra in Ucraina.
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