Gender gap
L’incidenza delle rappresentanti femminili in Emilia-Romagna è minoritaria. Sia nelle giunte comunali dei capoluoghi di regione sia nella squadra di governo regionale la maggioranza è sempre al maschile. A partire da questa constatazione numerica ne abbiamo parlato con Paola Rudan, Emily Clancy, Valentina Castaldini ed Erika Ferranti.
Che si tratti della composizione della giunta regionale o di quelle comunali, all’interno dell’organo di governo le donne sono sottorappresentate. Osservando i capoluoghi dell’Emilia-Romagna, si delinea una maggioranza costante di uomini rispetto alle donne per sei a quattro, mentre l’unica città a ribaltare la tendenza è Modena, con una maggioranza tutta al femminile. Pian piano che si sale di livello con un’esposizione di responsabilità sempre maggiore, il numero di donne all’interno delle cabine di regia diminuisce sensibilmente. Questo è evidente soprattutto per le posizioni di sindaco e vicesindaco, infatti, l’unica donna che governa uno dei capoluoghi è Katia Tarasconi a Piacenza, mentre le uniche vicesindache sono Emily Clancy a Bologna e Chiara Bellini a Rimini. Considerando gli organi regionali, la musica non cambia né nel legislativo né nell’esecutivo. L’Assemblea legislativa presenta soltanto venti donne al suo interno su cinquanta consiglieri che la compongono. Dentro alla Giunta regionale il divario si fa ancora più ampio: infatti, su 12 membri le donne sono solamente tre: la vicepresidente Irene Pirolo, le assessore Barbara Lori e Paola Salomoni. Questo non fa che confermare i dati emersi all’interno del “Global Gender Gap Index” sulla parità di genere, dove nella classifica del 2022 l’Italia si colloca al 63mo posto su 146 Paesi detenendo il punteggio peggiore proprio nella rappresentanza politica femminile. Tra i motivi che costituiscono i principali ostacoli all’avanzata delle donne verso ruoli apicali ci sono: un predominio maschile all’interno dei partiti politici; i sistemi elettorali che talvolta risultano essere sfavorevoli alla rappresentanza femminile e, infine, pesano ancora i pregiudizi culturali sul ruolo delle donne. Se da un lato sono emerse delle leader donna a livello nazionale come Giorgia Meloni ed Elly Schlein, i dati indicano una povertà di rappresentanti femminili in termini assoluti. Per la professoressa Paola Rudan, docente di storia del pensiero politico delle donne dell’Università di Bologna «la presenza di donne in ruoli apicali fino a poco tempo fa non sarebbe stata possibile. Ciò significa che il movimento delle donne ha determinato delle trasformazioni fondamentali. Storicamente ogni donna a suo modo si è resa protagonista nel creare una frattura nella storia, perché ha contribuito a scompaginare i modi di raccontare e di pensare una politica fino ad allora declinata soltanto al maschile. Il problema della presenza politica delle donne è inseparabile dalle condizioni sociali, di classe e dalla nazionalità».
Emily Clancy, vicesindaca di Bologna (Coalizione Civica): «Una scelta di società e non uno scacco matto»
«Festeggeremo sempre quando delle cariche verranno ricoperte da delle donne e quando viene rotto il cosiddetto “tetto di cristallo”. Ma la differenza sta proprio lì, Giorgia Meloni non ha una leadership femminista, perché non crea quelle condizioni affinché più donne o più gruppi marginalizzati possano fare politica. Ci sono donne che non disturbano il sistema, ma fanno sì che questo possa perpetuarsi, replicando pratiche e metodi patriarcali. La leadership femminista non è qualcosa che mira al potere volendolo sostituire, diventando regina al posto del re, bensì punta all’uguaglianza». Lo sottolinea la vicesindaca di Bologna Emily Clancy, parlando dell’elezione della presidente del Consiglio. E in merito allo stato di rappresentanza politica territoriale, risponde: «Sappiamo che la società è formata per il 51% da donne e il restante 49% da uomini. Ma queste cifre non si riflettono dal punto di vista della rappresentanza; quindi, non potremmo mai dirci soddisfatti sino a quando non verrà raggiunta una fotografia che si avvicini quanto meno a ciò che è presente in società. A Bologna siamo messi meglio rispetto ad altre parti d’Italia, però anche qui ci sono dei cambiamenti da realizzare. Noi ci stiamo sforzando di femminilizzare il modo in cui si fa politica e cercare di costruire delle condizioni affinché venga accolto un altro punto di vista che non sia modellato su un unico tipo di cittadino».
Valentina Castaldini, consigliera regionale dell’Emilia-Romagna (FI): «Non solo genere, ma anche abilità»
«Per me la politica rappresenta la possibilità di fare la differenza attraverso scelte coraggiose che non vadano a guardare a un tornaconto elettorale, ma che sappiano andare oltre», dice Valentina Castaldini, consigliera regionale di Forza Italia. Che la questione della sottorappresentanza politica femminile sia legata esclusivamente al genere non la convince: «Ho cominciato a fare politica nel momento in cui è iniziata la doppia preferenza, per questo dico che non ho mai avuto nessuna difficoltà ad esprimermi. Non ho ravvisato questioni legate all’essere donna, ma ritengo che tutto fosse legato alla mia abilità nel condurre la campagna elettorale e nel saper comunicare in maniera convincente le mie idee». Anche se le divergenze ideologiche, di metodo o di visione rimangono profonde, almeno sui temi prioritari appare esserci una convergenza, prosegue la consigliera regionale, che non si pone il problema di chi realizzerà queste trasformazioni, ma di quali saranno gli obiettivi: «Ritengo che quando un evento straordinario rientra nell’ordinario è sempre un fatto positivo. Il nostro ruolo è quello di ricominciare a guardare ai temi fondamentali in maniera comunitaria, avendo in mente il bene della società. Tra questi penso alla natalità, al lavoro, ai servizi e alla loro fruizione».
Erika Ferranti, sindaca di Bentivoglio (Pd): «Per i ruoli di responsabilità si preferisce un uomo»
Erika Ferranti, sindaca Pd di Bentivoglio, racconta il suo percorso politico, riconoscendo il valore delle quote rosa: «A 17 anni ho iniziato come volontaria alla festa dell’Unità, quindi frequentavo la sezione e da lì ho proseguito la mia trafila politica. La presenza delle quote mi ha sicuramente favorita, perché mi ha dato delle possibilità che altrimenti non so se avrei avuto». Anche se il potere decisionale viene tenuto distante dalle donne: «Per i ruoli di responsabilità c’è comunque una tendenza a dare più fiducia ad un uomo rispetto a una donna. Nei consigli comunali abbiamo una rappresentanza al 50%, perché in quei casi è previsto dalla legge e non può essere altrimenti». Sul futuro della politica declinata al femminile, Ferranti dice di restare «ottimista perché vedo che è in corso un ricambio della classe dirigente, molto più giovane e pronta a cambiare marcia. Sicuramente gli strumenti ce li abbiamo, non so dire se saranno sufficienti, ma ci sono delle possibilità per favorire una maggiore partecipazione femminile. Forse quello che manca ancora è un ulteriore avanzamento di tipo culturale, che può avvenire solo se le posizioni di responsabilità vengano progressivamente ricoperte da persone di generazioni diverse».
Nell'immagine: le donne nelle giunte comunali dei capoluoghi provinciali. Grafico: Giorgio Papavero
Questo articolo è già stato pubblicato sul numero 6 del Quindici il 28 aprile 2023