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«Ho fatto pace con me stesso, con il fatto di essere figlio di Biagio Antonacci e nipote di Gianni Morandi, ma ci ho fatto pace “nella mezz’ora prima di andare a letto”. Questo non toglie che io abbia dei demoni dentro: immaginate di crescere in una famiglia in cui anche le cose più incredibili che fai vengono normalizzate». Paolo Antonacci, nato a Bologna 27 anni fa, è laureato in Relazioni pubbliche. È sua la firma di brani come “Mille” e “La dolce vita". E a Sanremo ha conquistato pubblico e critica con “Tango” di Tananai e “Made in Italy” di Rosa Chemical.
Antonacci, qualche anno fa gravitava nel rap underground bolognese, le sue canzoni erano piene di riferimenti e citazioni…
«Quel citazionismo era la necessità di dimostrare agli altri che stavo diventando grande. Non ero più il ragazzino che scriveva usando quei tre, quattro topos classici del rap. Volevo aprire la mia finestra sul mondo: scrivere di ciò che avevo letto o visto nei film. Serviva a me, per costruirmi una sorta di scudo. Per dire: può piacervi o no quello che faccio, ma dietro c’è sicuramente ricerca».
È ancora così?
«No, adesso scrivo nella maniera opposta, sono istintivo: meno il testo è ragionato, meglio è. Alla fine scrivere canzoni è questo: guardare il mondo e reinterpretarlo nella propria chiave».
Quali sono i suoi riferimenti nella scrittura ora?
«La vita che vivo, i film che guardo, le persone che frequento. Ora le mie canzoni vengono cantate da altre persone. La bravura sta nel far coincidere i due immaginari: il mio e quello del cantante».
La collaborazione che le ha dato maggiore soddisfazione?
«Sicuramente Tananai. L’ho conosciuto quando faceva musica underground auto-prodotta. Io sono entrato nel progetto durante Sanremo Giovani dell’anno scorso. Diciamo che sono arrivato quando è diventato “nazional popolare”. Se penso ai prodotti singoli, invece, “Mille” è stato il mio primo grande successo estivo. E poi Orietta Berti è tornata prima in classifica dopo più di cinquant’anni».
E quale invece non ha dato i risultati sperati?
«Ce n’è soltanto una: “Crisi di stato” di Fedez, uno degli ultimi singoli, un pezzo che mi piaceva tantissimo».
Ha detto di aver fatto pace con il suo cognome…
«Diciamo che ci ho fatto pace "nella mezz’ora prima di andare a letto". Lì io sono a posto. Non ho ancora fatto pace con quelli che vedono solo alcuni lati di me. Mi rendo conto di essere un unicum: sono pochi i figli d’arte che hanno avuto il successo che sto avendo io negli ultimi anni. Questo non toglie che io abbia dei demoni dentro, complessi da combattere. Immagina di crescere in una famiglia in cui anche le cose più incredibili che fai vengono normalizzate. Ecco, ho fatto pace con me stesso, non con gli altri».
A conti fatti, quanto l’ha aiutata essere un “figlio di”?
«Mi ha aiutato infinitamente. Ascolto la genesi delle canzoni fin da quando sono bambino. E nonostante io sia giovane mi rendo conto che lo studio di registrazione sia la mia zona di confort. Ovviamente conta il talento, ma nascere in una casa piuttosto che in un’altra fa una grande differenza».
Per esempio in cosa?
«A otto anni sapevo già registrarmi da solo. Mio padre ha fatto a lungo l’operaio e aveva paura per me, per un futuro incerto. Quando gli facevo ascoltare i miei brani avevo sempre dei feedback giusti. Dei sani “non va bene” detti per paura. Mi sono presentato al mondo delle canzoni quando ero veramente pronto. E questo, sicuramente, è stato un grande vantaggio».
"Made in Italy" è il brano portato da Rosa Chemical a Sanremo 2023. Scritta la Paolo Antonacci e Manuel Franco Rocati (in arte Rosa Chemical), è un inno libero al Belpaese: sfrontato, provocante e irriverente. Ecco il testo della canzone:
La stiamo salvando
Vai Bdope, fammi sentire quanto sei italiano
A restare fedeli
Sex boy ma non parlo americano
Per i tuoi il sono il tipico italiano
Tu sai che non è la cosa giusta
Finchè la vicina non ci bussa
Finchè non sente le urla
Uh ah
Le canzoni d'amore
Sono meglio stonate
Te le canto così
Ai ai ai ai ai
Ti messaggia l'amante
Ma va bene così
Che sono perverso e non mi giudichi
Se metterò il rossetto in ufficio lunedì
Più siamo e meglio è
Ci dicono di no
E adesso ci lasciate fare
L'amore (made in Italy)
Il sogno (made in Italy)
La storia (made in Italy)
Foto concesse da Paolo Antonacci