PD

Giuseppe Paruolo

Giuseppe Paruolo, lei è consigliere regionale e esponente della corrente riformista del vecchio Pd, che è uscito cambiato dalla vittoria di un esponente della sinistra radicale come Elly Schlein e ha parlato di uno snaturamento del vecchio patto fondativo. 

Eppure, stando al crollo degli elettori e delle elettrici, forse sono proprio loro a non vedere più il Pd rappresentativo dei loro ideali.  Non crede che in questo senso un cambiamento sia necessario?

«Secondo me abbiamo perso voti perché non siamo stati abbastanza credibili e coerenti col progetto del PD, ossia col suo patto fondativo, e la pluralità interna è una ricchezza. Per altri invece il patto fondativo era sbagliato e poco radicale, e la pluralità costituisce un limite. Per questo il cambiamento che secondo me era necessario è molto diverso dal cambiamento promosso da chi vive la pluralità come un problema. La vittoria di Schlein rappresenta dunque certamente un cambiamento, ma sarà quello di cui avevamo bisogno? Temo di no».

 

Quali scelte crede che possano effettivamente determinare uno scollamento con il passato?

«Non temo uno scollamento dal passato, bensì un PD che insegue e sostanzialmente tende a emulare il M5S e il Partito radicale, in questo modo allontanandosi dai bisogni primari dei cittadini e al tempo stesso mortificando chi nel PD ha sensibilità diverse sui temi sensibili ed etici. Sono argomenti su cui non c’è bisogno di un pensiero unico, ma anzi sarebbe utilissimo un confronto e un dialogo fra esponenti di culture diverse alla ricerca di una sintesi condivisa».

 

Ritiene che si possano creare 2 PD e che quindi si rischi una vera e propria scissione? Nel suo caso, quali sarebbero i motivi che la spingerebbero a uscire?

«Delle due l’una: o ci si fa carico – nel merito, nella sostanza – della pluralità interna, e in questo caso il PD potrà restare unito. Oppure si privilegia solo un filone culturale, alla ricerca di una radicalità e una univocità di messaggio nei confronti degli elettori, e in questo caso sarà inevitabile che chi non si sente più rappresentato faccia altre scelte».

 

Schlein è una donna, transfemminista e anche la più giovane segretaria nella storia dei partiti italiani; è riuscita a rispondere anche a un’esigenza generazionale. Non crede che questa possa essere considerata una vittoria del PD?

«È sicuramente positivo che la segretaria sia donna, giovane e partecipe del mondo giovanile. Ma proprio perché la rispetto e non stiamo parlando di una figurina, bisogna andare oltre le etichette e guardare alla sostanza del suo pensiero politico, perché poi è quello che fa la differenza. Per questo esprimo con chiarezza le mie perplessità su alcune delle istanze che Schlein propone. Ad esempio sul filone culturale sotteso all’uso del termine transfemminismo ci sarebbe da discutere. E spero che la sua conduzione di dialogo del partito sia improntata al dialogo e alla ricerca di una sintesi e non a un dirigismo colto ad allontanare chi non si allinea alle sue parole».

 

Nello specifico in che modo pensa che questo possa danneggiare il PD?

«Il rischio è quello di dare l’impressione di occuparci solo di battaglie settoriali e poi la gente che vive nei quartieri popolari vota la Meloni perché noi ci occupiamo solo di certe categorie. Noi dovremmo farci davvero la domanda del perché gli operai non ci votano più e chiederci perché siamo più forti nelle Ztl che nelle periferie e in provincia». 

 

Foto fornita dal consigliere regionale Giuseppe Paruolo