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Le Sardine, il Pd, i giovani e la politica: questi i temi affrontati da Andrea Garreffa, ex leader delle Sardine, intervistato da InCronaca.

 

Che fine hanno fatto le Sardine?

«Le 6000 Sardine esistono ancora sotto forma di associazione che conta circa 200 iscritti sparsi in tutta Italia. Noi quattro fondatori facciamo parte del direttivo dell'associazione, poi c'è un comitato esecutivo di una decina di persone che si occupa di mantenere aggiornati i canali social. Abbiamo una pagina Facebook con 300mila “mi piace” e una pagina Instagram da 100mila followers, ma fatico a dirti se le persone che popolano questi canali sono definibili Sardine».

 

Quindi potremmo dire che è finito il tempo delle Sardine nel mondo reale e non nei social. Quali sono le ragioni?

«Direi un po' per l'entusiasmo che si è smorzato via via nel tempo, un po' per il Covid. Infatti, da un lato era comunque impensabile immaginare che l'ondata di partecipazione iniziale durasse, è stata una grande fiammata. Dall’altro, quando stavamo provando a darci una struttura e un’organizzazione interna è arrivato il Covid nel 2020, che ci ha fatto perdere molti contatti».

 

Ora tu fai parte del direttivo dell'associazione, ti occupi anche di altro nella vita?

«Sì, certo, io lavoro nell'ambito del turismo in bicicletta, collaboro con vari tour operator stranieri. È un'occupazione svincolata dalla politica, anche se ho sempre inteso andare in bicicletta come un messaggio politico».

 

Passiamo al Pd, le Sardine sono nate a supporto di Bonaccini contro la Lega, solo per questo?

«Le Sardine nascono per mettere in guardia da una possibile vittoria della Lega in Emilia Romagna, però non avevamo alcun motivo per sostenere esplicitamente Bonaccini. Il nostro messaggio fondamentale per le persone era “partecipate, andate a votare”».

 

E avete ottenuto dei risultati?

«Alla tornata elettorale precedente solo il 37% degli aventi diritto in Emilia Romagna aveva votato. Con il nostro intervento, anche se è difficile dimostrare in termini quantitativi quanto sia stato merito nostro, ci fu una percentuale nettamente superiore di votanti alle elezioni successive».

 

Che cosa ne pensi del Partito Democratico?

«Il Partito Democratico nasce dopo la svolta della Bolognina con il chiaro intento di conciliare l’anima più conservatrice, centrista della Democrazia Cristiana con le ceneri del Partito Comunista. A me sembra che questo tentativo di conciliare due anime della sinistra abbia reso il Pd “zoppicante” sin dalla nascita. Il Partito Democratico rimane comunque l'unica forza politica che può realmente contendere il potere alla destra».

 

Secondo te c'è un modo per rilanciare il Partito Democratico?

«Ci vorrebbe una scintilla simile a quella innescata da noi delle Sardine, ma non è né prevedibile né pianificabile e, come la nostra storia dimostra, non basta, perché le fiammate si esauriscono nell'arco di dieci, quindici anni».

 

A proposito di Pd: voterai alle Primarie?

«Non mi sono iscritto al Pd e per quanto concerne le Primarie, sto valutando se votare o meno. Ho una candidata che preferisco tra gli altri, cioè Elly Schlein. Però non mi piace questo totonomi e la propaganda di sé portata avanti da ciascuno dei candidati».

 

Che cosa ne pensi dei quattro candidati alla segreteria del Pd?

«Ho già detto che la mia preferenza va a Elly Schlein, che tratta di temi a me cari, come giustizia sociale e climatica. Bonaccini ha un approccio in cui parla un po' di più al ceto imprenditoriale, in particolare a quello emiliano, e non so quanto questo possa far presa altrove. Cuperlo è un candidato con una sua storia politica, è rispettabilissimo. La De Micheli, secondo me, è un'outsider che sta tentando la sua corsa con scarse possibilità».

 

Parlando con Matteo Meogrossi, vice segretario Pd, è emerso che i giovani sono coinvolti in attività del partito ma sono restii a tesserarsi. Lui stesso dice che «è cambiato il modo di vivere la militanza per i giovani», secondo te è vero?

«Sicuramente la militanza è cambiata ma perché è cambiato il mondo. Secondo me è nostalgico rievocare il partito degli anni Settanta sperando che i giovani di oggi agiscano alla stessa maniera con le stesse modalità. Credo che ci sia anche un grande tema relativo al concetto di appartenenza: è difficilissimo al giorno d’oggi coltivare un sentimento di appartenenza, perché serpeggia una sorta di disillusione generale».

 

Esiste una soluzione alla scarsa partecipazione politica?

«Credo molto nel potere delle iniziative locali. Può essere qualunque cosa, come piantare alberi, ripulire un quartiere, andare a tenere compagnia degli anziani... Allora ti dico sì, la politica così si può fare, e cioè rivolgendo inviti nei quali le persone possono riconoscere l'utilità del tempo che investono. È importante che le iniziative abbiano un risvolto pratico, che riguardino la loro vita quotidiana».

 

Foto: Agenzia Dire