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“Due amici, un libro e un calice di vino”: può sembrare il titolo di un idilliaco romanzo. E' invece quello che accade tutti i martedì sera al “Dandy Caffè letterario”, in via della Grada 4e. A raccontarlo è Lorenzo Zocca, giovane bolognese proprietario del locale.
Sono Federico e Pietro, che – mentre sorseggiano due calici di vino bianco e rosso – raccontano la propria esperienza. «Il caffè letterario come formula mi piace. Questo in particolare mi piace moltissimo. Ci vengo sempre, perché si sta davvero bene. Mi è capitato di assistere a presentazione di eventi e spesso sfoglio i libri esposti. L’ultimo che ho preso è stato “American Tabloid” di James Ellroy. Talvolta contribuisco all’arricchimento della libreria con alcuni numeri di “Limes”, la rivista per cui lavoro. La presenza di questo tipo di luoghi è assolutamente necessaria, è bello potervi incontrare persone con le tue stesse passioni», dice Federico. S’inserisce nella conversazione Pietro, studente fuorisede di origini siciliane: «Il Dandy è un posto molto carino. Al sud questo tipo di realtà non ha mai attecchito: non ci sono caffè letterari nel luogo in cui vivo. Ne sono venuto a conoscenza di recente, quando mi sono trasferito a Bologna ed ora li frequento abitualmente». Alcuni tavoli più in là, si incontrano Beatrice e Giovanni: clienti “abitualissimi” del locale, talmente affezionati da portarci anche i loro amici a quattro zampe. «Abbiamo conosciuto il luogo tempo fa: dopo esserci entrati la prima volta, non lo abbiamo più lasciato. Spesso ci è capitato di fare degustazioni di vini o assistere ad alcune presentazioni di libri». «Credo che quello del caffè letterario, nella sua accezione generale, sia un bellissimo punto d’incontro», continua Beatrice, la ragazza dalla ciocca color turchino. «In particolare, questo posto è splendido. Noi amiamo Lorenzo: il suo modo di gestire il locale è eccezionale e il fatto che ci siano libri valorizza ancor di più il tutto». Tuttavia, Giovanni lamenta la mancanza di caffè letterari in città: «A Bologna di posti così non ce ne sono molti; sicuramente più che in altri luoghi, ma ancora troppo pochi». «E’ apprezzabile la formula del “prendere e lasciare” libri. Noi ormai siamo di casa: veniamo qui tutti i giorni, almeno due volte al giorno. E poi, non per niente, ma Lorenzo fa degli spritz eccezionali!». Nonostante un po’ ovunque i clienti appaiano soddisfatti, non mancano i problemi, come segnalano i gestori. Primo ostacolo, i costi, quasi sempre troppo elevati in confronto al guadagno effettivo. Lo spiega il gestore del “Caffè letterario Notturno Sud”, in via del Borgo di San Pietro 123/G, ad oggi non più bar aperto al pubblico, ma circolo di teatro e cultura riservato ai soli soci tesserati. «In un caffè letterario le spese sono tante, maggiori di quelle richieste per un bar normale. La gente veniva per pura comodità. Investire e impegnarsi tanto per poi non avere un effettivo riscontro diventa frustante, non ne vale la pena». Ne parla anche Giovanni Favia, un passato in politica nei 5 Stelle e ora proprietario del “Va Mo Là”, in via delle Moline 3 - ex librosteria, ormai adibita alla sola ristorazione. «Collocare una libreria all’interno del locale significa avere una minore capienza della sala; il posto occupato dai libri potrebbe essere impiegato per disporvi ulteriori tavoli. La questione è chiara: se ho la libreria, ho meno tavoli e se ho meno tavoli, ho meno clienti. Si tratta di fare una scelta. Certo è coraggioso decidere di avere minor gente a fronte di più libri e non essere neppure riconosciuti per questo». Altro problema: i libri da disporre nel locale costano e non pochi sono gli episodi di furto. Lo racconta ancora Favia, che - oltre ad essere il proprietario del già citato “Va Mo Là” - gestisce il “Piano Piano”, un bar e ristorante in Piazza Maggiore. «Al “Piano Piano” abbiamo collocato una libreria solo nella sala del ristorante. La scelta di disporre i libri lì e non al bar è legata ad una necessità di controllo: il bar è una realtà più caotica e meno controllata, poiché ci passano parecchie persone. Dunque, è maggiore il rischio che i libri possano essere rubati o rovinati». Purtroppo, è successo anche questo. C’è un ulteriore aspetto: manca un rapporto tra i diversi caffè letterari della città, meno di dieci. Ciascun locale vive come un realtà a sé, il cui funzionamento, le attività e gli eventi organizzati non dipendono né interagiscono in alcun modo con ciò che viene proposto dagli altri. Probabilmente, se vi fosse una maggiore collaborazione e cooperazione reciproca tra questi luoghi, le cose potrebbero muoversi diversamente. Se il quadro generale disegnato dai gestori sembra essere malinconico, c’è però chi dà luce e colore. Come Antonio Ciavarella, gestore della vineria letteraria la “Confraternita dell’Uva” in Via Cartoleria 20b. «Ho voluto conferire al locale un’impostazione culturale, tale da renderlo un vero e proprio polo di aggregazione sociale, per favorire rapporti gioviali tra coloro che lo frequentano. Il cliente sviluppa un senso di familiarità e affezione per il posto», spiega. «Le persone che vengono non sono solo interessate al vino, ma soprattutto all’intrattenimento culturale che proponiamo nel locale. Sentiamo un forte riconoscimento da parte della collettività: la gente sa che esistiamo. Abbiamo un pubblico di “affezionati”, ossia persone che ci seguono da anni e continuano a portare loro amici o conoscenti». Alla "Confraternita dell’Uva" si incontrano in effetti storie interessanti. Come quella di Sara, Laura e Francesca: tre giovani amiche accomunate dalla passione per i libri e il buon vino. E’ Sara lo spirito trainante del gruppo: «Vengo qui da quando sono a Bologna; mi piace perché è accogliente e ti fa sentire come fossi a casa. La presenza dei libri rende l’atmosfera suggestiva e rilassante. Spesso mi capita di venire qui anche da sola, prendere un libro e sfogliarlo. Per questo l’ho fatto conoscere anche a loro» e le due amiche annuiscono. «Non conosco altri luoghi del genere a Bologna; tuttavia, ritengo che sia una bella realtà, ricca di opportunità. Tra un bar normale e uno così, preferisco questo» conclude Sara. «Sono a Bologna da poco e sto scoprendo adesso questo genere di luoghi, per cui non ne conosco molti ma mi piacerebbe trovarne altri» racconta un’altra Sara, fuorisede milanese. «Quella del book crossing è davvero un’idea carina: ad esempio, prima, mentre aspettavo il mio ragazzo, ho cercato tra gli scaffali e ho visto un libro interessante che ho iniziato a leggere. Adesso l’ho preso per continuarlo a casa e poi lo comprerò. Questi luoghi mi piacciono, offrono un mix di esperienze e danno modo di arricchirti», conclude. Il book crossing è la possibilità per gli avventori di locali come questo di lasciare libri a disposizione di altri clienti-lettori oppure di prenderli in prestito. Diversa è la posizione di Tommaso, il fidanzato di Sara. «E’ la prima volta che vengo qui, mi ci ha trascinato lei. Non amo particolarmente la lettura, ma apprezzo la tipologia del luogo e ciò che offre. Ah, cosa non si fa per amore…» Altra coppia, altra storia: «Qui ormai veniamo sempre: è diventato il nostro posto. Luca lo conosce da più tempo, infatti mi ci ha portata lui per la prima volta. E’ bello prendere da bere in mezzo ai libri. Spesso, finito il caffè, mi faccio un giro, osservo gli scaffali, sfoglio alcuni dei volumi esposti: è una formula magica» racconta Benedetta, giovane lavoratrice di Sondrio. Il suo fidanzato Luca condivide a pieno l’affezione per il locale. «Ad oggi, non riesco a frequentare gli eventi qui organizzati come in passato. Tuttavia, se posso, lo faccio molto volentieri. In generale, ho assistito spesso a presentazioni di prosa o di poesie. Il posto è piacevole, carino e tranquillo. Lo consiglio a tutti». A “Camera A Sud”, in via Valdonica 5, si incontra anche un giovane giornalista francese, intento nella lettura di un libro preso da uno scaffale del posto. «Sono arrivato a Bologna da poco ed è la prima volta che entro in un locale di questo tipo. In Francia non ne conosco molti e non li frequento. La formula mi piace davvero. Ci tornerò sicuramente e ne scoprirò altri». Nello stesso locale Nicol sta facendo aperitivo con i suoi due amici: «Qui sto bene. Se sono sola mi leggo qualcosa mentre bevo un caffè, un whisky o una birra. Quando vengo in compagnia, facciamo due chiacchiere tra amici». Poi continua: «Mi piacerebbe assistere a presentazioni di eventi. Non ci sono mai venuta appositamente, ma lo farò». Presentazioni, scambio di libri, ripasso matto e disperato prima di un esame universitario. Questa è la realtà dei caffè letterari bolognesi: universi dove si incrociano cultura e poesia, convivono passione e amore, amicizia e condivisione, ma anche luoghi a rischio estinzione. Dove chi li gestisce si trova quotidianamente ad affrontare il problema di far quadrare i conti, senza però perdere gli ideali che lo hanno spinto a buttarsi in quest'avventura. La speranza è che dolci sorrisi e amare preoccupazioni possano presto armonizzarsi in una realizzata formula di resistenza.