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Il centro di ricerca Enea sul lago Brasimone (tutte le foto sono di Alberto Biondi)

 

Il lago del Brasimone si adagia tra le curve dell’Appennino bolognese, a una quindicina di chilometri a est del lago di Suviana e a tre dal confine che separa l’Emilia-Romagna dalla Toscana. Dalla diga delle Scalere, dal lato di Camugnano, guardando oltre il bacino artificiale si scorge un’enorme struttura grigia sulla quale spiccano una cupola e un camino a strisce orizzontali bianche e rosse, unico elemento di colore in un panorama altrimenti desolato. È il centro di ricerca Enea, uno dei luoghi in cui nei prossimi anni si giocherà il futuro del nucleare in Italia. Un futuro certo nebuloso se si guarda alla possibilità di installare e attivare centrali in grado di produrre energia elettrica sul territorio nazionale, ma che offre spiragli interessanti sul piano della ricerca e della sperimentazione sui reattori a fissione di quarta generazione, studiando anche nuove tecnologie per i reattori a fusione. La cupola che appare da lontano è la parte sommitale della struttura di contenimento del vecchio reattore di ricerca Pec (Prova elementi di combustibile) che avrebbe dovuto essere refrigerato a sodio liquido, ma che non è mai arrivato al completamento. Dopo Chernobyl e il referendum sul nucleare del 1987, infatti, il centro Enea dovette abbandonare il programma nucleare e riconvertire le proprie risorse umane e strutturali orientandosi verso la ricerca sulla tecnologia della fusione. All’interno della struttura di contenimento, oltre le massicce porte di cemento armato che avrebbero dovuto proteggere l’ambiente esterno dalle eventuali radiazioni del Pec, è stato costruito un simulatore elettrico di reattore nucleare a fissione di quarta generazione. Si chiama Circe (CirColazione Eutettico) e replica in scala il sistema di raffreddamento più avanzato e all’avanguardia per questa generazione di reattori, quello al piombo fuso. Una tecnologia chiamata Lfr (Lead-cooled fast reactors) e progettata in collaborazione con Newcleo, startup fondata nel 2021 dall’italiano Stefano Buono. A differenza dei reattori tradizionali, raffreddati ad acqua, in quelli di Newcleo le barre di combustibile sono immerse nel piombo fuso, che ha una temperatura di ebollizione molto elevata (oltre 1700°). In questo modo si elimina il rischio di evaporazione e quindi di incidenti dovuti alla cosiddetta “fusione del nocciolo”, che si verifica quando il calore all’interno del reattore supera quello rimosso dai sistemi di refrigerazione e le barre di combustibile si fondono, con il rischio di rilascio di radioattività nell’ambiente.

 

Il simultore elettrico Circe 

 

Circe è il fratello minore del reattore elettrico a cui stanno lavorando insieme Newcleo ed Enea. Entro la fine del 2026 prenderà vita al centro di ricerca Precursor, un prototipo elettrico molto più grande e potente. Circe è un impianto compatto e versatile, con una capacità di simulazione di potenza del nocciolo di 1 MW, il che significa che 37 barrette alimentate elettricamente e immerse in un serbatoio (la “piscina”) di piombo fuso imitano il comportamento termoidraulico delle barre di combustibile nucleare di un reattore a fissione di quarta generazione. Precursor è invece progettato per raggiungere una potenza di 10 MW, con una turbina capace di recuperare dal vapore energia elettrica per circa 2 MW. Nonostante i vantaggi rispetto ai reattori raffreddati ad acqua, anche il piombo fuso presenta delle criticità. Questo materiale è infatti altamente corrosivo, ed è per questo motivo che al centro Enea del Brasimone esiste un’intera hall sperimentale , chiamata “Capsule”, dedicata allo studio dei materiali di rivestimento dei serbatoi che lo contengono. Qui si testano i materiali di costruzione, soprattutto gli acciai, immergendoli per decine, centinaia o migliaia di ore nel piombo fuso a diverse temperature, per capire come preservarli dalla corrosività. Al termine del periodo di immersione, i materiali vengono estratti, tagliati e analizzati per verificarne lo stato. Il rivestimento dei materiali (coating) gioca un ruolo fondamentale per mitigare la corrosività del piombo. La tecnologia commerciale più matura, a oggi, è quella dei reattori di terza generazione, ancora raffreddati ad acqua e di grandi dimensioni, tra i 600 e i 1200 MW di potenza. Alcune aziende ne stanno sviluppando versioni compatte e modulari – gli Smr (Small modular reactors) – che costano meno, si costruiscono più in fretta e possono essere spostate facilmente. Tuttavia, la commercializzazione di questi moduli di piccole dimensioni, della potenza di 10- 500 MW, fatica a prendere piede a causa della bassa competitività del costo dell’energia da essi prodotta. Oggi la sfida di Newcleo è quella di progettare, costruire e commercializzare dei reattori sicuri e sostenibili raffreddati a piombo liquido, di quarta generazione. Sono gli Amr (Advanced modular reactors). Dopo Precursor, Newcleo installerà il suo primo reattore “vero” di questo tipo in Francia, a Chinon, entro il 2031. Per puntare alla sostenibilità, con gli Amr l’obiettivo è quello di raggiungere la cosiddetta “chiusura del ciclo del combustibile”: eliminare le scorie delle centrali tradizionali utilizzandole come combustibile nei nuovi reattori. L’uso di un combustibile a ossidi misti (Mox) riduce significativamente la quantità di scorie prodotte e quindi la necessità di costruire depositi geologici per stoccarle. In questo contesto, le fonti rinnovabili rimangono un tassello fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Secondo Mariano Tarantino, responsabile della divisione “sistemi nucleari per l’energia” di Enea, «nucleare e rinnovabili si integrano molto bene. Soprattutto in uno scenario in cui il nucleare sostituisce il gas e il carbone».

 

Mariano Tarantino, responsabile Sistemi nucleari di Enea

 

Altro tema fondamentale è la sicurezza. I reattori di ultima generazione promettono di essere particolarmente affidabili grazie all’uso di strumenti di sicurezza passivi, che non richiedono intervento umano o alimentazione elettrica esterna per essere attivati. Il piombo fuso funziona, per esempio, anche come sistema di sicurezza ultimo: se la temperatura di ebollizione elevatissima lo rende un refrigerante particolarmente adatto e sicuro, il limite (dal punto di vista puramente tecnico) è quello di essere più soggetto al congelamento. Ipotizzando scenari catastrofici (come un attacco militare o un cataclisma), in caso di scollegamento della centrale il piombo raffreddato sigillerebbe il combustibile schermando le radiazioni. A lavorare sulla fissione di quarta generazione dei reattori a piombo c’è anche Ansaldo Nucleare, attiva nel consorzio internazionale Falcon (insieme a Enea e all’istituto di ricerca rumeno Raten-Icn) per la realizzazione del dimostratore europeo Alfred (Advanced lead-cooled fast reactor european demonstrator), che dovrebbe essere realizzato in Romania entro il 2035. Ansaldo è coinvolta anche sulla fusione, soprattutto nel progetto Iter, che vedrà la realizzazione di un impianto a Cadarache, in Francia. Gli Amr a fissione nucleare non sono infatti l’unica tecnologia su cui si fa ricerca al centro del Brasimone. Vi è la volontà di arrivare il prima possibile alla fusione, che non produce emissioni di gas serra e ha l’ulteriore vantaggio di generare rifiuti radioattivi di breve durata (centinaia di anni contro le migliaia delle scorie della fissione). Anche sul piano della sicurezza la fusione ha caratteristiche interessanti: a differenza della fissione, se si interrompe l’iniezione di combustibile nel reattore la reazione si spegne immediatamente. La fissione nucleare avviene tramite la disintegrazione del nucleo di un atomo pesante (come il plutonio o l’uranio) colpito da un neutrone. Il nucleo si rompe in frammenti più piccoli e rilascia altri neutroni, innescando una reazione a catena. L’energia prodotta nella fissione è l’energia cinetica dei frammenti, che si trasforma in calore. Questo calore viene utilizzato per generare vapore, che a sua volta aziona una turbina per produrre energia elettrica. La fusione nucleare ribalta il concetto. L’energia viene prodotta dall’unione di due nuclei di elementi molto leggeri, come gli isotopi dell’idrogeno (deuterio e trizio). Da questa unione, per raggiungere la quale i nuclei devono trasformarsi in plasma raggiungendo temperature superiori ai cento milioni di gradi Celsius, scaturisce l’energia. È lo stesso principio che alimenta il sole e le altre stelle, ed è per questo che la fusione viene a volte chiamata “energia delle stelle”. Il problema della fusione sta nella disponibilità di trizio. Il deuterio è abbondante e si trova nell’acqua di mare, mentre il trizio è raro in natura. Al centro Enea del Brasimone, nella hall sperimentale “Espresso”, si sta studiando un modo per produrlo all’interno del reattore stesso utilizzando il litio. L’approccio principale si concentra sul mantello triziogeno refrigerato ad acqua, ovvero Water cooled lithium lead breeding blanket (Wcll-bb), sviluppato per sperimentare e sviluppare la possibilità di far interagire una miscela di piombo e litio con i neutroni prodotti dalla reazione di fusione. I neutroni, in contatto con l’isotopo Litio-6 presente nel litio, producono in questo modo elio e trizio. Questo processo viene studiato al Brasimone negli impianti sperimentali Iello e Triex-II. La tecnologia nucleare ha fatto passi da gigante dagli anni ’80 a oggi. Restano però vincoli legati ai legittimi timori dell’opinione pubblica e ai referendum che nel 1987 e nel 2011 si sono espressi decisamente contro la costruzione di centrali in Italia. Nei prossimi anni la politica e la società civile dovranno discutere seriamente le possibilità che il nucleare offre, soprattutto tenendo conto dei prezzi delle bollette e della crisi climatica. Per Mariano Tarantino (Enea) «ci sono da fare grossi investimenti per rilanciare la filiera nucleare in Italia, ma una volta che i reattori saranno disponibili ci sarà un effetto positivo sulla bolletta. Produrre energia nucleare in Italia significa avere un sistema stabile, che non dipende dalle oscillazioni del mercato estero». Secondo l’ultimo “Piano nazionale integrato per l’energia e il clima” il nucleare da fissione, e nel lungo termine da fusione, potrebbe fornire al 2050 circa l’11% dell’energia elettrica totale, con una proiezione verso il 22%, riducendo i costi di quanto spendiamo per l’importazione. Spetta alle aziende dimostrare la piena sicurezza degli impianti di ultima generazione e i vantaggi concreti per l’economia e per i cittadini, mentre la politica dovrà affrontare il tema dei siti di costruzione per i nuovi impianti. Lo scorso 28 febbraio il governo ha presentato un disegno di legge delega sul nucleare, che contiene gli elementi fondamentali per ripartire in Italia e sottolinea l’importanza di dare rilievo a organismi come l’Agenzia per la sicurezza nucleare. Adesso si dovrà attendere l’iter parlamentare, a cominciare dal passaggio in Commissione Ambiente della Camera. In ballo c’è un potenziale finanziamento a Newcleo, prospettato dal ministro delle Imprese Adolfo Urso (Fratelli d’Italia) e dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin (Forza Italia), che hanno visitato il centro – con il presidente di Confindustria Emanuele Orsini – lo scorso 4 marzo. Un investimento pubblico in un’azienda privata, quindi. Ma Salvini (Lega) non è d’accordo. Secondo il ministro delle Infrastrutture, convinto sostenitore del ritorno al nucleare, i soldi andrebbero dati alla neonata Nuclitalia, newco composta da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo, tutte aziende di cui lo Stato è principale azionista. Nei prossimi mesi si giocherà quindi un braccio di ferro (anche politico a destra, visto che la mossa di Salvini potrebbe essere mirata a non appiattire le sue posizioni su quelle degli altri partiti di maggioranza) per decidere le sorti e il futuro del nucleare in Italia. Un futuro che passa anche dalle rive del Brasimone e dalle ricerche condotte dagli scienziati di Enea.

 

L'articolo è tratto dal Quindici n.4 del 29 maggio 2025